Ciliegie a prezzo d’oro? È quanto sta accadendo in tutta Italia a causa della crisi della stagione cerasicola che rischia di essere ricordata come una delle più difficili degli ultimi decenni. Le gelate di marzo e aprile hanno devastato le piantagioni, causando una perdita di produzione compresa tra il 70 e il 100% a seconda delle zone del sud-est barese, in Puglia, principale produttrice del totale della coltivazione. Il risultato? Una disponibilità di prodotto ai minimi storici e prezzi alle stelle, con punte di 23,3 euro al chilogrammo nei mercati di Milano.
La denuncia di Coldiretti Puglia
Secondo Coldiretti Puglia, è indispensabile dichiarare lo stato di calamità per garantire ai produttori gli aiuti necessari. Ma la crisi non si limita alla mancanza di prodotto: nelle difficoltà di mercato si inseriscono speculazioni e importazioni sleali, con ciliegie di dubbia provenienza sui banchi di vendita. I consumatori rischiano di acquistare frutti stranieri senza trasparenza sull’origine, mentre gli agricoltori locali combattono l’aumento dei costi di produzione e gli effetti della siccità.
La filiera cerasicola italiana, infatti, è in affanno. Il mercato potrebbe essere invaso da ciliegie provenienti da paesi nordafricani come Egitto, Tunisia e Marocco, senza le garanzie qualitative che caratterizzano la produzione nazionale. Per questo, Coldiretti Puglia chiede controlli serrati da parte dei Vigili dell’Annona, affinché venga tutelata l’origine dei prodotti ortofrutticoli e scongiurata la concorrenza sleale.
Ma la soluzione non è solo repressiva: serve una riorganizzazione del sistema distributivo, incentivando sempre più la vendita diretta nelle aziende agricole. Questa modalità permetterebbe un rapporto trasparente tra produttori e consumatori, assicurando prodotti di qualità e garantendo una maggiore sicurezza alimentare.
Verso un marchio di tutela per le ciliegie pugliesi
La Puglia è il cuore della produzione cerasicola italiana, con 18.000 ettari coltivati e il 30% del totale nazionale. Le sue ciliegie, soprattutto la pregiata ‘Ferrovia‘, sono un’eccellenza che merita di essere valorizzata. Per questo, si torna a parlare della creazione di un marchio di tutela, come l’Igp, per garantire qualità, tracciabilità e competitività nel mercato globale.
Le ciliegie non sono solo una delizia per il palato, ma anche un toccasana per la salute: povere di calorie, ricche di vitamine e minerali, e fonte di antiossidanti. Proteggerle significa preservare una tradizione agricola fondamentale e un patrimonio gastronomico che non può essere lasciato in balia delle speculazioni.
“È necessario ricostruire una vera e propria filiera che sia in grado di valorizzare il prodotto anche attraverso una caratterizzazione territoriale della produzione – spiega Coldiretti Puglia – con la creazione di un Marchio che valorizzi le caratteristiche organolettiche della ciliegia e le capacità di produzione da parte degli operatori del settore, un marchio come la I.G.P. che possa essere riconosciuta dal consumatore, per rendere competitiva una coltura tradizionale e tipica della Puglia”.
“Le ciliegie sono uno dei frutti più amati e con meno calorie – aggiunge Coldiretti Puglia – e contengono vitamina A, vitamina C e vitamine del gruppo B. Sono inoltre una fonte da non sottovalutare di sali minerali, come ferro, calcio, magnesio, potassio e zolfo. Presentano, inoltre, oligoelementi importanti, con particolare riferimento a rame, zinco, manganese e cobalto. Le ciliegie contengono melatonina naturale, una sostanza che favorisce il sonno – conclude Coldiretti Puglia – e sono una fonte di antiossidanti, che aiutano il nostro organismo a contrastare l’invecchiamento provocato dai radicali liberi”
Ora, la sfida è trasformare questa emergenza in un’opportunità di rinnovamento per il comparto. La filiera deve essere sostenuta con interventi concreti, affinché gli agricoltori non siano lasciati soli a fronteggiare una crisi che riguarda tutti: produttori, consumatori e l’intero sistema agroalimentare italiano.
Il caso delle fragole giapponesi da 19 dollari l’una
La notizia ha riacceso il dibattito sulla sostenibilità agroalimentare e c’è chi invoca a ciliegie vendute a prezzi elevati come le fragole giapponesi vendute a 19 dollari l’una a Los Angeles. La differenza è che in quel caso di parlava di un prodotto di lusso commercializzato dalla catena di supermercati Erewhon. Queste fragole, provenienti dalla Prefettura di Tochigi o da Kyoto, sono celebri per la loro qualità eccezionale e vengono confezionate con grande cura – in piccole campane di plastica – per preservarne la freschezza.
Il prezzo elevato è giustificato da diversi fattori: la raccolta avviene solo due giorni prima della vendita, il trasporto aereo e la shelf-life estremamente breve di tre giorni, il che rende la logistica complessa e costosa. Tuttavia, questo trend ha sollevato dubbi sulla sostenibilità del prodotto. L’importazione di fragole da così lontano comporta un impatto ambientale significativo, legato alle emissioni di Co2 per il trasporto e alla necessità di confezionamenti speciali. Inoltre, il prezzo esorbitante solleva interrogativi sull’accessibilità e sull’etica del consumo di prodotti alimentari di lusso in un periodo di difficoltà economica.
La fragola da 19 dollari è diventata un fenomeno virale, con reazioni contrastanti tra chi la considera un’esperienza gourmet e chi la vede come un eccesso. Ma se in quel caso, si tratta di un prodotto posizionato come bene di lusso, venduto in piccole quantità e con una logistica sofisticata che ne “giustifica” il prezzo, le ciliegie pugliesi, pur essendo un’eccellenza, sono parte di una filiera agricola tradizionale e diffusa, e non possono essere trasformate in un prodotto esclusivo senza danneggiare il loro mercato.
La questione è più complessa di un semplice aumento di prezzi: servono misure strutturali per proteggere i produttori e garantire ai consumatori qualità e accessibilità.