Una sentenza destinata a fare scuola: il Tribunale di Venezia ha ordinato il reintegro di un dipendente licenziato da Coop Alleanza 3.0 dopo un controllo effettuato tramite Gps. L’uomo, che usufruiva dei permessi della Legge 104 del 1992, per assistere la madre, era stato accusato di abuso perché in alcune giornate non risultava si fosse recato dalla donna.
Ma i giudici hanno ribaltato tutto: il licenziamento è stato ritenuto illegittimo e lesivo della dignità del lavoratore. Ma andiamo con ordine.
“Spiato” col Gps
Il protagonista della vicenda è D., un 46enne dipendente della Coop Alleanza 3.0, in servizio dal 2009 quando è stato assunto in qualità di addetto alle operazioni di vendita poi trasformatosi in impiegato nella sede di Carpenedo a Mestre. Nel 2024 aveva ottenuto i permessi previsti dalla Legge 104 per assistere la madre anziana e malata.
L’azienda ha fatto installare un dispositivo Gps sull’auto aziendale in suo uso. La verifica, cita la sentenza, è stata effettuata con un incarico ad un’agenzia investigativa a poco più di un mese dall’accesso del lavoratore ai benefici della legge 104, e ha rilevato che, durante alcune giornate di permesso, si recava a casa propria invece che dalla mamma. Ritenendo che stesse abusando dei benefici concessi dalla legge, la Coop ha avviato un procedimento disciplinare che si è concluso con il licenziamento per giusta causa il 3 luglio.
Ma la verifica è avvenuta “in assenza di una sua condotta atta a far sorgere il fondato sospetto di qualche abuso”: condizione indispensabile per procedere ai controlli.
Il ricorso al Tribunale
Il 18 luglio, D. ha impugnato il provvedimento in via stragiudiziale e il 4 dicembre 2024 deposita un altro ricorso nella cancelleria del tribunale del lavoro di Venezia con l’avvocata Dominga Graziani Tota. In aula ha spiegato che in quelle giornate stava svolgendo lavori per migliorare la sicurezza dell’abitazione della madre, tra cui l’installazione di una grata e la costruzione di una struttura per proteggere la sedia a rotelle della sorella disabile.
La giudice Margherita Bortolaso ha accolto il ricorso: secondo la sentenza, i controlli tramite Gps sono stati effettuati senza un fondato sospetto di abuso e in violazione della privacy. Le prove raccolte sono state dichiarate inutilizzabili. Il tribunale ha inoltre riconosciuto che il dipendente aveva agito in buona fede e utilizzato correttamente i permessi, sostenendo che “in nessun caso può essere giustificato un annullamento delle garanzie di dignità e riservatezza del lavoratore”.
La Coop è stata condannata al reintegro del lavoratore, al pagamento degli stipendi arretrati e a 7.000 euro di spese legali. Una decisione che riaccende il dibattito sui limiti del controllo tecnologico nei rapporti di lavoro e sulla tutela della dignità dei dipendenti.