La nuova era dei pastori: giovani, donne e custodi della biodiversità

A Stia, nel cuore dell’Appennino, nasce una scuola gratuita che rivoluziona il mestiere del pastore
17 Aprile 2025
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Pastorizia Pecore Canva

Altro che mestiere antico e polveroso: oggi il pastore è una figura contemporanea, formata, appassionata e – udite udite – in gran parte femminile. Dimenticate i cliché: la nuova pastorizia è sostenibile, scientifica, tecnologica e determinata a salvare non solo greggi e pecore, ma interi paesaggi. Succede a Stia, un piccolo centro in provincia di Arezzo dove è appena partita la nuova edizione della ShepherdSchool, una scuola gratuita che sta riscrivendo da cima a fondo il ruolo del pastore in Italia. A metà tra un’accademia rurale e un laboratorio di ecologia applicata, la scuola offre formazione teorica e stage sul campo nel cuore del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Ma la vera rivoluzione? Sono le persone: giovani, motivate, e per la maggior parte donne. È così che la pastorizia si scopre avanguardia, risposta concreta al cambiamento climatico, all’abbandono delle aree interne e alla perdita di biodiversità.

Come la pastorizia è diventata innovazione

La pastorizia, per secoli relegata ai margini dell’economia rurale, oggi si riprende la scena. Ma non si tratta di nostalgia bucolica: il rilancio è tutto orientato al futuro. La scuola per pastori e allevatori è parte del progetto europeo LIFE ShepForBio, che mira a tutelare tre habitat di prateria considerati prioritari dall’Unione Europea (codici 5130, 6210* e 6230* della Direttiva Habitat). Si tratta di ambienti preziosi ma in crisi, sempre più invasi da boschi spontanei a causa dell’abbandono delle pratiche pastorali. Proprio qui entra in gioco la pastorizia: mantenere attivo il pascolo significa evitare l’afforestazione e custodire gli equilibri ecologici.

La scuola non si limita a insegnare come gestire un gregge. Si parla di tecniche di mitigazione delle predazioni, di pascoli resilienti ai cambiamenti climatici, di valorizzazione dei servizi ecosistemici legati al pascolamento. Non a caso, la formazione si svolge anche nei centri visita del Parco Nazionale e coinvolge una rete impressionante di enti: Università di Firenze e Roma Sapienza, Regione Toscana, D.R.E.Am. Italia, Rete Appia e DifesAttiva. Il risultato? Una formazione a 360 gradi, capace di unire saperi antichi e competenze contemporanee. Il pastore non è più soltanto un allevatore: è un custode attivo del territorio, un alleato della biodiversità.

Donne e giovani in prima linea

Settantacinque candidature da tutta Italia, otto selezionati, sei donne. Il dato parla da sé: la pastorizia sta cambiando volto, e il volto è femminile. In un settore storicamente dominato da figure maschili, la ShepherdSchool segna un’inversione di tendenza potente e promettente. Le donne oggi si affacciano con determinazione su un mestiere che richiede sì fatica e dedizione, ma offre in cambio autonomia, legame con la natura, e una missione profonda: custodire paesaggi, animali, tradizioni e futuri sostenibili.

Ma non è solo questione di genere. È tutta una nuova generazione a prendere il bastone del comando, letteralmente. Giovani, molti provenienti da contesti urbani, spinti dal desiderio di ricostruire un rapporto autentico con la terra. Alcuni hanno già alle spalle studi in agraria, altri in biologia o scienze ambientali, e tutti portano con sé una visione nuova: quella di un’agricoltura che non distrugge ma rigenera, che non consuma ma nutre, anche sul piano sociale.

I numeri raccontano che la scuola funziona: dei 15 pastori formati nei primi due anni, cinque hanno già avviato un’attività propria, altri tre hanno potenziato quella esistente. Uno è stato assunto da un’azienda zootecnica, e due hanno aperto un proprio codice stalla. A conferma che, quando si dà fiducia e strumenti a chi vuole investire in questo settore, la risposta arriva forte e chiara.

Non solo pecore

Il programma è rigoroso e multidisciplinare. Dodici moduli da otto ore ciascuno, più uno stage di 30 giorni sul campo. Si parte dalle basi: biologia e alimentazione degli animali, gestione delle risorse pascolive, ma si affrontano anche temi come la filiera del latte, la caseificazione, la valorizzazione della lana, i problemi sanitari degli animali e le normative per avviare un’impresa agricola.

Un’attenzione particolare è riservata alla gestione del conflitto con i predatori, un tema chiave nelle aree appenniniche dove la presenza del lupo è tornata significativa. E poi c’è il modulo dedicato al ruolo del pastore nella conservazione della biodiversità, un vero e proprio manifesto culturale che ribalta l’idea del pastore come figura marginale. In realtà, il pascolamento controllato è uno degli strumenti più efficaci per prevenire incendi, mantenere aperti i corridoi ecologici, e garantire la sopravvivenza di specie vegetali rare.

Durante lo stage – il cuore pulsante del percorso – gli studenti vivono a stretto contatto con le aziende del Parco, affiancando i pastori in tutte le attività quotidiane. Una vera e propria full immersion nella vita reale, dove si impara non solo a mungere o costruire un recinto, ma anche a risolvere problemi pratici, economici e ambientali con creatività e competenza. Il tutto a costo zero: vitto, alloggio e formazione sono offerti gratuitamente grazie ai fondi del progetto europeo.

Una rete che cresce tra Italia, Francia e Spagna

La ShepherdSchool non nasce dal nulla. In Francia, Spagna e Svizzera, le scuole per pastori sono attive da anni e hanno dimostrato tutta la loro efficacia. L’Italia, con il progetto LIFE ShepForBio, si inserisce ora in una rete europea di realtà che condividono un obiettivo comune: rilanciare il pastoralismo come motore di sviluppo sostenibile nelle aree marginali. Una strategia che non è solo ambientale, ma anche economica e sociale.

Il modello è quello del “pastore imprenditore del paesaggio”, un professionista capace di gestire un’azienda agricola, ma anche di comunicare con enti pubblici, partecipare a bandi, creare filiere corte, valorizzare prodotti tipici, fare turismo esperienziale e collaborare con i parchi naturali. Un ruolo complesso, che richiede competenze trasversali ma offre grandi soddisfazioni. La scuola, in questo senso, è uno snodo cruciale: trasmette saperi, ma anche reti di relazioni, strumenti di orientamento, occasioni di confronto con chi ha già fatto questo passo.

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