L’oceano non conosce tregua. Nel giro di pochi giorni, due gravi incidenti hanno scosso le acque europee, portando alla ribalta il pericolo sempre più concreto dell’inquinamento marino. Da un lato, il naufragio del peschereccio Montes y Sabino a Gran Canaria, che ha fatto scattare l’allerta per il rischio di contaminazione. Dall’altro, la collisione tra la petroliera Stena Immaculate e la portacontainer Solong nel Mare del Nord, un evento definito dagli esperti come un disastro ambientale immediato. Due episodi distinti, ma uniti da un elemento comune: la fragilità dell’ecosistema marino di fronte agli incidenti causati dall’uomo.
Il naufragio di Gran Canaria
La notizia dell’affondamento del peschereccio ‘Montes y Sabino’ a circa 3,5 miglia dalla costa nord-est di Gando ha fatto scattare l’allarme ambientale nelle Canarie. Sebbene i tre membri dell’equipaggio siano stati tratti in salvo, il pericolo non si è affatto dissolto con loro. Il relitto custodisce ancora a bordo carburante, oli e altre sostanze potenzialmente dannose per l’ambiente marino, trasformando l’imbarcazione in una bomba ecologica pronta a esplodere sotto la superficie.
Le autorità locali, consapevoli della delicatezza della situazione, hanno immediatamente attivato i protocolli di emergenza, cercando di limitare il rischio di una fuoriuscita di carburante che potrebbe compromettere il già fragile ecosistema della regione. Il governo delle Canarie ha dichiarato lo stato di allerta per l’alto rischio di contaminazione marina, un provvedimento che riflette la crescente preoccupazione per l’impatto delle attività umane su un mare che, sempre più spesso, diventa il teatro di incidenti evitabili. La zona è un’area di transito per molte specie di pesci e uccelli marini, che potrebbero risentire pesantemente dell’eventuale dispersione di inquinanti.
Un altro aspetto da considerare è la lentezza delle operazioni di recupero. Spesso, le difficoltà logistiche e le condizioni meteorologiche rendono complesso il recupero dei relitti, e ciò aumenta il rischio di perdite di carburante nel tempo. In passato, episodi simili hanno dimostrato che anche piccole quantità di idrocarburi possono avere effetti devastanti sulla fauna e sulla flora marina, compromettendo interi ecosistemi per anni.
Collisione nel Mare del Nord
Se il naufragio di Gran Canaria ha scatenato preoccupazioni ambientali, la collisione tra la petroliera Stena Immaculate e la portacontainer Solong nel Mare del Nord ha fatto temere il peggio. L’incidente, avvenuto in un’area di elevato valore ecologico, ha causato incendi a bordo di entrambe le imbarcazioni e, cosa ancor più grave, la fuoriuscita di petrolio nelle acque circostanti.
Hugo Tagholm, direttore esecutivo di Oceana, ha definito l’evento “un disastro ambientale immediato”, sottolineando come l’impatto potrebbe essere devastante per due aree protette di straordinaria importanza: l’Area speciale di conservazione del Mare del Nord meridionale e l’Area marina protetta di Holderness. Queste zone ospitano una varietà di specie marine protette, tra cui foche, cetacei e numerosi pesci migratori. La fuoriuscita di petrolio minaccia di compromettere irrimediabilmente il loro habitat, con conseguenze difficili da prevedere ma sicuramente drammatiche.
Le chiazze di greggio si insinuano nei sedimenti e possono persistere per anni, alterando la catena alimentare marina e causando una lenta ma inesorabile erosione della biodiversità. Le operazioni di bonifica sono sempre complesse e, spesso, non riescono a ripristinare completamente l’equilibrio naturale. La dichiarazione del ministro dell’Edilizia Matthew Pennycook, secondo cui “la qualità dell’aria è entro i limiti di sicurezza”, appare quasi come un tentativo di minimizzare il problema, distogliendo l’attenzione dalle gravi conseguenze che questo tipo di incidenti hanno sul lungo periodo.
Un oceano sempre più vulnerabile
L’accumularsi di incidenti di questa portata in un lasso di tempo così breve mette in luce una realtà allarmante: il mare sta pagando un prezzo sempre più alto per la nostra dipendenza dai combustibili fossili e per la mancanza di regolamentazioni efficaci nel trasporto marittimo. Le petroliere e le imbarcazioni mercantili solcano ogni giorno le acque di tutto il mondo, spesso senza adeguate misure di sicurezza e senza piani d’azione sufficientemente strutturati per prevenire o mitigare i danni in caso di emergenza.
I due episodi recenti ci pongono di fronte a una scelta obbligata: rafforzare le norme ambientali e investire in tecnologie di prevenzione e risposta rapida agli sversamenti. L’Unione Europea ha già adottato protocolli più stringenti sulla sicurezza delle imbarcazioni, ma il problema resta globale e richiede uno sforzo coordinato a livello internazionale. Senza un intervento deciso, continueremo a leggere di disastri marini come questi, mentre il nostro oceano, il nostro più grande alleato nella lotta al cambiamento climatico, si trasforma in una discarica a cielo aperto.