Le donne laureate in Italia guadagnano circa la metà dei colleghi uomini. Per l’ex premier italiano Mario Draghi, questo dato “va contro la Costituzione”. A rilevarlo è rapporto Ocse “Education at a Glance 2024” che ha evidenziato una delle problematiche più rilevanti del mercato del lavoro nazionale.
La disparità salariale tra uomini e donne persiste nonostante si raggiunga un livello di istruzione elevato.
Disparità salariale: una situazione critica
Il rapporto Ocse ha rivelato che le giovani donne italiane con un titolo di studio terziario (laurea o titolo equivalente), nel 2023, hanno guadagnato, in media, il 58% dello stipendio dei loro coetanei uomini.
Questo divario è il più ampio tra tutti i Paesi Ocse, dove la media è dell’83%. Anche tra le donne con un diploma di scuola secondaria, la disparità salariale rimane significativa, con le donne che guadagnano l’85% del salario degli uomini.
Confronto con altri Paesi
La disparità salariale in Italia è significativamente superiore a quella di molti altri Paesi dell’area Ocse. Ad esempio, in Francia e Spagna, le donne laureate guadagnano rispettivamente il 75% e il 70% del salario degli uomini.
Nei Paesi nordici, come la Norvegia e la Svezia, il divario si riduce ulteriormente, con le donne che guadagnano circa l’87% del salario degli uomini, riflettendo politiche di equità di genere più avanzate e un maggiore impegno nel colmare queste differenze.
Il (non) peso dell’educazione
Nonostante il grave divario salariale, il sistema educativo italiano mostra alcuni segnali positivi. Il rapporto Ocse ha evidenziato che tra il 2016 e il 2023, la percentuale di giovani senza un diploma di scuola secondaria superiore è diminuita dal 26% al 20%.
Anche la partecipazione all’istruzione terziaria è aumentata, con il 95% dei bambini iscritti all’istruzione prescolare un anno prima dell’inizio della scuola primaria, un dato quasi in linea con la media, pari al 96%.
Tuttavia, permangono squilibri significativi nell’accesso all’istruzione, specialmente per i bambini provenienti da famiglie a basso reddito. Solo il 20% dei bambini di età compresa tra 0 e 2 anni, appartenenti a famiglie con un reddito basso, partecipa ad un percorso di formazione, rispetto al 49% dei bambini provenienti da famiglie più abbienti. Questo crea un divario di 29 punti percentuali tra i bambini di famiglie a basso reddito e quelli di famiglie più abbienti. Questo divario è maggiore rispetto alla media Ocse, che è di 19 punti percentuali.
Donne e lavoro: l’accesso al mercato
Oltre alla disparità salariale, il rapporto ha sottolineato un’altra problematica rilevante: il basso tasso di occupazione femminile, soprattutto tra le donne con livelli di istruzione più bassi. Solo il 36% delle giovani donne senza un diploma di scuola secondaria superiore è occupato, contro il 72% dei giovani uomini. Anche se il tasso di occupazione migliora tra le donne laureate, con il 73% impiegato rispetto al 75% degli uomini.
Questi dati mettono in luce la difficoltà delle donne italiane ad accedere a opportunità lavorative paritarie, nonostante il vantaggio educativo. Inoltre, la partecipazione femminile al mercato del lavoro è inferiore rispetto alla media in molti settori, specialmente nelle aree scientifiche e tecnologiche, dove solo il 21% delle donne italiane si iscrive a corsi di laurea in Stem, rispetto al 1% degli uomini che scelgono il settore educativo, ad esempio.
Il ruolo del settore pubblico
L’Italia investe il 4% del proprio Pil nelle istituzioni educative, una percentuale inferiore alla media Ocse (4,9%). Il rapporto evidenzia anche che la spesa media per studente è di circa 12.760 euro, contro una media di 14.209. Questo dato potrebbe spiegare in parte le difficoltà del sistema educativo italiano nell’affrontare questioni cruciali come l’equità di genere e l’accesso all’istruzione per le fasce più deboli.
Una delle criticità riguarda il sottofinanziamento dell’istruzione prescolare: l’investimento pubblico per l’istruzione infantile in Italia è diminuito dell’11% tra il 2015 e il 2021, mentre la media Ocse ha visto un incremento del 9%. Questo disinvestimento potrebbe aggravare ulteriormente le disuguaglianze di partenza tra bambini provenienti da contesti diversi.
Il corpo docente invecchia
Il rapporto Ocse ha messo inoltre in luce l’invecchiamento del corpo docente in Italia, dove il 53% degli insegnanti ha 50 anni o più, una percentuale superiore alla media del 37%. Questo invecchiamento rischia di influire negativamente sulla qualità dell’insegnamento e sull’innovazione didattica, due fattori essenziali per migliorare le opportunità di apprendimento, specialmente per le giovani donne che cercano di competere in un mercato del lavoro caratterizzato da forti disparità di genere.
Il rapporto “Education at a Glance 2024” mostra quindi il quadro complesso del sistema educativo e lavorativo italiano, in cui le disparità di genere, sia a livello occupazionale che salariale, restano marcate nonostante i progressi nell’istruzione. Le donne italiane, pur essendo più istruite dei loro colleghi uomini, continuano a subire svantaggi economici e lavorativi significativi. È chiaro che, oltre a un maggiore investimento nell’istruzione, sono necessarie politiche strutturali mirate per colmare il divario di genere e garantire una maggiore equità sia nel sistema educativo che nel mercato del lavoro.
L’ex premier italiano Mario Draghi ha commentato la situazione affermando, in occasione dell’evento “Il Tempo delle Donne” organizzato dal Corriere della Sera, che chi assume pagando le donne meno degli uomini “Va contro la Costituzione. La disparità salariale tra uomini e donne è una violazione dei principi fondamentali di uguaglianza e giustizia sociale. È imperativo che il governo e le istituzioni lavorino insieme per eliminare queste disuguaglianze e garantire che ogni cittadino, indipendentemente dal genere, abbia le stesse opportunità di successo e riconoscimento economico.”