Il Regno Unito ha chiuso con il carbone, e in Italia a che punto siamo?

Era stato il primo Paese ad aprire una centrale a carbone nel 1882, ora è il primo ad averle rimosse
11 Ottobre 2024
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Centrale Elettrica A Carbone
Una centrale elettrica a carbone_canva

Lunedì 30 settembre 2024 sarà ricordata come una data storica: è il giorno in cui il Regno Unito ha spento l’ultima centrale termoelettrica a carbone del Paese, quella di Ratcliffe-on-Soar.

Mentre i fenomeni climatici estremi spingono ad accelerare la transizione ecologica, quest’evento assume un valore anche simbolico, perché il Regno Unito è stato il primo Paese al mondo ad aprire una centrale a carbone nel 1882.

Il carbone, combustibile fossile che ha alimentato la Rivoluzione Industriale, è tra i maggiori responsabili delle emissioni di CO2, e il Regno Unito ha deciso di mettere fine alla sua produzione per contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. Ma come si è arrivati fino a questo punto e quanta strada resta da fare all’Italia per eliminare il carbone?

Come il Regno Unito ha eliminato il carbone

La transizione del Regno Unito dal carbone a fonti di energia più sostenibili non è avvenuta dall’oggi al domani. L’impegno a chiudere tutte le centrali a carbone entro il 2025 è stato anticipato nel 2021, quando, durante la conferenza Onu sul clima di Glasgow, il governo ha deciso di accelerare il piano per la chiusura definitiva.

Oggi, il Regno Unito è uno dei leader mondiali nell’adozione di energie rinnovabili, in particolare l’energia eolica. Secondo il Dipartimento per l’Energia, l’eolico offshore è una delle principali fonti di energia del Paese, rappresentando circa un terzo dell’elettricità prodotta nel 2023. Il Paese ha anche investito in energia solare, nucleare e a gas naturale, per diventare indipendente dal carbone.
Già nel 2020, per la prima volta, il Regno Unito ha trascorso un’intera settimana senza produrre energia dal carbone, dimostrando i risultati che si possono ottenere con la diversificazione energetica. Un principio su cui i Paesi Ue, segnati dalle conseguenze della guerra ucraina, hanno investito soprattutto utilizzando diversi Paesi come fonti di approvvigionamento, ma a utilizzando le fonti energetiche tradizionali. La prossima sfida potrebbe essere imposta non da un conflitto, ma dai fenomeni climatici estremi che devastano l’economia e in troppi casi spazzano via le vite delle persone.

Un passo cruciale per il Regno Unito è stato l’investimento nelle infrastrutture per l’energia rinnovabile, con progetti come l’espansione della rete eoliche offshore, che oggi rappresenta una delle più grandi al mondo. Anche l’energia nucleare, su cui in Italia c’è un grande dibattito, contribuisce garantire sicurezza energetica in assenza di combustibili fossili.

Quali centrali a carbone sono ancora attive in Italia?

In Italia, il processo di dismissione delle centrali a carbone procede più lentamente. Attualmente, sono operative quattro centrali: Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia, “Federico II” di Brindisi, “Grazia Deledda” a Portoscuso e la centrale di Fiume Santo in Sardegna. Tuttavia, anche queste strutture sono state utilizzate sempre meno negli ultimi anni in linea con gli obiettivi del Green Deal e del Pneic.

In Italia, il carbone ha rappresentato solo il 5% dell’energia elettrica prodotta nel 2023, un dato molto inferiore rispetto a Paesi come la Germania, dove la percentuale era del 27%. Il governo italiano sta puntando sempre di più sulle energie rinnovabili, come l’eolico e il solare, oltre che sul gas naturale, per ridurre ulteriormente la dipendenza dal carbone nei prossimi anni.

Il Green Deal, la decarbonizzazione e il settore automobilistico

Il Green Deal europeo, parte della strategia della Commissione per il clima e l’energia, punta a realizzare la neutralità climatica entro il 2050. Questo piano si basa principalmente sulla decarbonizzazione del sistema energetico, partendo dalla constatazione che la produzione e l’uso di energia sono responsabili di oltre il 75% delle emissioni di gas serra nell’Unione Europea​

Uno degli obiettivi fondamentali del Green Deal è la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Per raggiungere questo obiettivo, l’Ue sta promuovendo l’aumento delle energie rinnovabili per migliorare l’efficienza energetica ed eliminare gradualmente il carbone come fonte di energia, sostituendolo con fonti rinnovabili come l’energia eolica, solare e l’idrogeno verde​. Nel 2022, per la prima volta nella storia dell’Unione Europea, l’energia solare ha superato quella derivata dal carbone duro come fonte principale di elettricità: 210.249 GWh di elettricità tramite il solare contro i 205.693 GWh ottenuti dal carbone duro. Insomma, i progressi ci sono ma rischiano di essere troppo lenti, come sottolineato anche da Mario Draghi nel suo rapporto.

Per sostenere questa transizione, l’Ue ha introdotto una serie di normative, tra cui il sistema di scambio delle quote di emissioni (Ets), che attribuisce un prezzo al carbonio e incentiva l’uso di tecnologie più pulite.

Il nodo, però, si stringe attorno al carburante per i veicoli. Dopo aver speso diversi miliardi di euro per l’elettrificazione del comparto, il settore automobilistico europeo sta vivendo una profonda crisi perché le auto elettriche non si vendono come Bruxelles, invece, si augurava. Per il presidente di Acea (Associazione europea dei costruttori di automobili) Luca De Meo, se l’Ue non ritoccherà i limiti di emissioni, che in base al regolamento Auto si ridurranno drasticamente dal prossimo anno, nel 2025 il settore automobilistico europeo rischia multe per 15 miliardi di euro, anche se la crisi pare già conclamata.

Cosa prevede il Pniec

A livello nazionale, l’Italia ha il proprio Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec), la strategia che allinea il Paese al Green Deal europeo per raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici. Il Pniec prevede di eliminare gradualmente l’uso del carbone entro il 2025 per le centrali elettriche situate sul continente, come le centrali di Brindisi e Civitavecchia, e per il 2027 per quelle situate in Sardegna. Questo obiettivo è accompagnato da una spinta per accelerare l’adozione delle energie rinnovabili, come l’eolico e il solare, e aumentare l’efficienza energetica.

Il piano italiano punta anche a ridurre le emissioni di CO2 nel settore dei trasporti e dell’edilizia, promuovendo veicoli elettrici e l’efficientamento energetico degli edifici, con l’obiettivo di raggiungere il 30% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2030.

La transizione globale e il ruolo del carbone

Nonostante la riduzione significativa dell’uso del carbone in Europa, questo combustibile rimane una fonte di energia primaria a livello mondiale. Secondo l’International Energy Agency, il 35,5% dell’elettricità globale nel 2023 è stata prodotta con il carbone, e i principali Paesi produttori sono Cina, India, Stati Uniti e Giappone. Questi quattro Paesi hanno generato più di tre quarti dell’elettricità derivante dal carbone, e la domanda di energia in crescita (anche a causa dell’incremento demografico) rende difficile una transizione rapida. Che resta una necessità.

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