Nell’era degli “influencer politici”, fortunatamente c’è spazio per gli “influencer green”: personalità, spesso giovani, che sentono la responsabilità del proprio ruolo nel promuovere la sostenibilità ambientale.
Ne è un esempio il centrocampista del Genoa Morten Thorsby, che insieme ad altri calciatori vuole far crescere We Play Green, una fondazione no-profit nata da un’idea semplice ma potente: utilizzare l’enorme influenza che giocatori e club calcistici hanno a livello globale per sensibilizzare il pubblico su temi come l’inquinamento, i cambiamenti climatici e la perdita della biodiversità.
L’origine dell’idea e il progetto We Play Green
La nascita di We Play Green affonda le sue radici nell’attenzione di Thorsby per l’ambiente, un impegno che risale ai tempi in cui giocava nell’Heerenveen, in Olanda. Già allora, il norvegese classe 1996 aveva dimostrato la sua capacità di mobilitare i compagni di squadra su questioni ambientali, come l’uso della bicicletta per gli spostamenti verso il campo di allenamento e la riduzione delle bottigliette di plastica.
L’idea di creare una fondazione specifica è nata in Italia, nell’agosto del 2020, quando il centrocampista vestiva la maglia dell’altra sponda della Lanterna, la Sampdoria. In occasione di un incontro a Roma con l’allora ministro dell’Ambiente Sergio Costa, e insieme ai suoi collaboratori Carlo e Pietro Ienca e Luigi Chiurchi, Thorsby ha elaborato un progetto con l’obiettivo di coinvolgere club e colleghi calciatori di tutto il mondo nella causa ambientale. We Play Green punta a raccogliere fondi, promuovere campagne di sensibilizzazione e spingere il mondo del calcio a prendere seriamente in considerazione l’importanza della sostenibilità.
La Sustainability League, il campionato della sostenibilità
Uno dei primi grandi progetti di We Play Green è la creazione di una Sustainability League in Norvegia, un torneo in cui le squadre non saranno giudicate solo per le loro prestazioni sportive, ma anche per il loro impatto ambientale. Questo progetto, che potrebbe vedere la luce già nel 2022, ha l’obiettivo di educare atleti e tifosi sull’importanza di un calcio più green e dimostrare che anche lo sport può contribuire a un futuro più sostenibile.
Thorsby è convinto che il calcio debba muoversi rapidamente in questa direzione, poiché crede che lo sport sia ancora in ritardo rispetto ad altri settori per quanto riguarda la consapevolezza e l’azione contro i cambiamenti climatici. Nonostante questo, ha notato un cambiamento positivo nella mentalità dei suoi colleghi rispetto al 2014, quando iniziò la sua esperienza in Olanda. Oggi, è più frequente che nello spogliatoio si parli di questioni ambientali e che gli atleti si pongano domande su come contribuire.
Adesioni e riconoscimenti
L’iniziativa di We Play Green ha già ricevuto l’adesione di altri 14 calciatori. Tra questi, i connazionali di Thorsby, come Sondre Rossbach, Mats Møller Dæhli ed Emil Bohinen, ma anche gli olandesi Siem de Jong e Maarten de Fockert. Anche la tre volte campionessa d’Italia con la Juventus, Sofie Junge Pedersen, ha sposato la causa, dimostrando come il progetto stia raccogliendo consensi anche nel calcio femminile.
L’impegno di We Play Green ha attirato l’attenzione delle istituzioni, tra cui il primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre, che ha incontrato Thorsby in videochiamata alla vigilia della conferenza sul clima di Glasgow. Durante quei giorni, Thorsby, de Jong e de Fockert hanno discusso delle loro iniziative anche con Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Europea e commissario per il Green Deal, che ha espresso il suo totale supporto al loro lavoro. L’importanza dell’iniziativa è stata riconosciuta anche dal sindacato internazionale dei calciatori, Fifpro, che ha premiato Thorsby con il “Player Activism Award” 2021.
L’espansione in Italia e il futuro del progetto
We Play Green non si limita alla sola Norvegia. Secondo quanto dichiarato da Espen Thorsby, padre e agente del calciatore a Numero Diez, il progetto sta rapidamente espandendosi anche in Italia. “Si vuole usare l’influenza di giocatori e club per andare verso un futuro sostenibile,” ha spiegato aggiungendo che “Il Genoa sostiene l’impegno ambientale di Morten“. “Attualmente, lavoriamo su vari progetti, principalmente in Norvegia, ma ci stiamo espandendo in Italia. Connettere le voci dei calciatori, tra le persone più influenti al mondo, a uno scopo preciso potrebbe avere un impatto enorme a livello globale.
L’associazione fondata da Thorsby coinvolge attualmente 15 calciatori, con l’ambizione di crescere fino a centinaia. Dobbiamo costruire una piattaforma di supporto e formazione, e una volta pronta, inizieremo a reclutare più atleti.”
Il numero 2 sulla maglia
L’impegno di Thorsby per l’ambiente si riflette anche nella scelta del suo numero di maglia, il 2, un numero insolito per un centrocampista. Il norvegese ha scelto questo numero per simboleggiare i due gradi centigradi di aumento della temperatura globale che, se superati, potrebbero portare a conseguenze catastrofiche per il pianeta.
Il centrocampista norvegese avrebbe voluto indossare l’1,5, il target più ambizioso dell’Accordo di Parigi, ma le regole calcistiche non consentono di avere numeri decimali sulla maglia da gioco. Inoltre, lo scorso anno per la prima volta nella storia dell’umanità si è superata la soglia +2°C rispetto al periodo preindustriale, considerata critica dagli esperti.
Verso un calcio più green?
Il calcio, con la sua enorme piattaforma globale, ha il potenziale per diventare un veicolo potente di cambiamento sociale. Morten Thorsby, con We Play Green, sta dimostrando che gli atleti possono e devono essere in prima linea in questa battaglia.
Un esempio virtuoso e recente è arrivato anche dal club dell’Udinese che installerà sul proprio Bluenergy Stadium un impianto fotovoltaico. Non si tratta di un’iniziativa di facciata, ma di un impianto di energia rinnovabile che promette di produrre una media di circa 3.000 kWh al giorno. Per rendere l’idea, è l’equivalente del consumo giornaliero di circa 1.000 famiglie italiane. Un passo da gigante verso l’autosufficienza energetica della struttura, che si traduce in un significativo abbattimento delle emissioni di CO2.
Ma c’è ancora molta strada da fare. Secondo un rapporto di Legambiente, solo il 10% degli stadi di Serie A e B ha adottato misure significative per la sostenibilità ambientale. L’esempio dell’Udinese potrebbe essere la scintilla che accende la rivoluzione verde nel calcio italiano.
Con il sostegno di colleghi, istituzioni e tifosi, lo sport più seguito d’Italia può davvero fare la differenza nella lotta contro il cambiamento climatico e per un futuro più sostenibile.