Vite spazzate dalla tempesta Boris, l’ennesima conseguenza del cambiamento climatico

Almeno sedici vittime tra l’Europa centrale e quella orientale. Gli scienziati: “Questi fenomeni sono esattamente ciò che ci aspettiamo dal cambiamento climatico”
17 Settembre 2024
4 minuti di lettura
Tempesta Boris Austria
Vigili del fuoco al lavoro per la tempesta Boris in Austria

In questi giorni, l’Europa centrale e quella orientale sono devastate dalla tempesta Boris, l’ennesima, devastante conseguenza del cambiamento climatico. Da giovedì 12 settembre, ad oggi, martedì 17 settembre, il bilancio è drammatico; le autorità confermano almeno sedici vittime: sei in Romania, quattro in Polonia, una in Austria, una in Repubblica Ceca e un pompiere morto durante un’operazione di soccorso. Sette persone risultano ancora disperse nella Repubblica Ceca, mentre migliaia di sfollati sono stati costretti ad abbandonare le proprie case, travolte dalla furia dell’acqua.

Tempesta Boris e il ruolo del surriscaldamento climatico

Il fenomeno meteorologico è partito da una situazione di bassa pressione originatasi nell’Italia settentrionale. Piogge torrenziali hanno colpito gran parte dell’Est Europa e del Centro Europa da giovedì 12 settembre, provocando inondazioni catastrofiche in diversi Paesi. Dai dati delle stazioni meteorologiche in Repubblica Ceca, epicentro della catastrofe climatica, si evince che le precipitazioni di settembre sono le più intense nella zona dal 1950.

Quando si parla di una “situazione di bassa pressione”, ci si riferisce a una regione dell’atmosfera dove la pressione è inferiore rispetto alle aree circostanti. In queste zone, l’aria calda e umida tende a salire, raffreddandosi man mano che raggiunge altitudini maggiori, causando condensazione e, di conseguenza, la formazione di nubi e precipitazioni. I sistemi di bassa pressione sono spesso associati a tempeste violente, come la tempesta Boris.

L’aumento della frequenza e intensità dei fenomeni climatici estremi è una conseguenza diretta del surriscaldamento globale, aggravato dall’inquinamento atmosferico. I gas serra, principalmente anidride carbonica (CO₂) e metano (CH₄), intrappolano il calore nell’atmosfera, causando un riscaldamento continuo. Dati del World Meteorological Organization (Wmo) mostrano che la temperatura media globale è aumentata di circa 1,1°C rispetto all’era preindustriale e nel 2023, per la prima volta nella storia dell’umanità, si è superata per la prima volta la soglia di +2°C rispetto al periodo preindustriale.

Il surriscaldamento ha effetti devastanti sui fenomeni atmosferici, perché l’aria più calda può trattenere una maggiore quantità di umidità e quindi accumulare più energia potenziale, alimentando piogge torrenziali e tempeste più potenti.

Le previsioni per il futuro

In un report dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) del 2023 si prevede un aumento del 50% della frequenza degli eventi estremi entro il 2050, con danni economici e sociali significativi.

Un altro fattore chiave è l’inquinamento atmosferico, causato dalle emissioni industriali, dal traffico e dalla deforestazione. Oltre ad essere gravemente nocivo per la salute umana, il particolato fine (Pm2.5 e Pm10) altera i cicli climatici, riduce la capacità dell’atmosfera di riflettere il calore, il che intensifica l’effetto serra. La European Environment Agency (Eea) stima che l’inquinamento atmosferico abbia provocato circa 400.000 morti premature all’anno nell’Ue, aggravando la vulnerabilità della popolazione a condizioni climatiche estreme come ondate di calore e inondazioni.

Inoltre, l’innalzamento delle temperature oceaniche ha un ruolo cruciale nel potenziamento dei cicloni tropicali. Un’analisi della Nasa ha evidenziato che la temperatura superficiale degli oceani è cresciuta di 0,13°C per decennio dal 1971, un fattore che contribuisce a tempeste più violente e prolungate.

Nel 2020, il numero di eventi climatici estremi a livello globale ha raggiunto un picco storico di 416 eventi, secondo il database internazionale Em-Dat. Tra questi, 60% sono stati legati a inondazioni e tempeste, in gran parte collegabili al riscaldamento climatico.

La Banca Mondiale stima che entro il 2030, senza politiche di mitigazione adeguate, oltre 132 milioni di persone potrebbero essere spinte in condizioni di estrema povertà a causa dei disastri climatici.

Il rapporto “Quantifying the Impact of Climate Change on Human Health”, realizzato dal World Economic Forum insieme a Oliver Wyman, analizza gli effetti diretti e indiretti di eventi climatici come inondazioni, siccità, ondate di caldo, tempeste tropicali, incendi e innalzamento del livello del mare sulla salute umana.

Una delle proiezioni più preoccupanti del rapporto è che entro il 2050 il cambiamento climatico potrebbe causare un aumento significativo delle morti premature, con stime che indicano 14,5 milioni di morti in più rispetto a quelle attuali. Anche l’impatto economico sarà devastante, con perdite intorno ai 12,5 trilioni di dollari e costi aggiuntivi per i sistemi sanitari globali pari a 1,1 trilioni di dollari.

Il fatto che spesso, per ragioni geografiche, le popolazioni più impreparate siano anche quelle più esposte ai fenomeni estremi aggrava le conseguenze. Il rapporto sottolinea che l’aumento delle temperature e degli eventi estremi aggraverà malattie infettive, cardiovascolari e respiratorie. Si prevede inoltre un aumento e una diffusione di malattie sensibili al clima come la malaria e la dengue.

Inondazioni e siccità sono identificate come le principali cause di mortalità legata al clima, mentre le ondate di caldo rappresentano la principale causa di perdite economiche.

Come spiegato dallo scienziato Joyce Kimutai, del Grantham Institute dell’imperial college di Londra, al Guardian: “le precipitazioni catastrofiche che hanno colpito l’Europa centrale sono esattamente ciò che gli scienziati si aspettano dal cambiamento climatico”. Secondo gli esperti, l’intensità degli eventi di forti precipitazioni aumenta del 7% per ogni grado di riscaldamento globale.
L’attuale incremento di 1,2°C corrispondono ad eventi estremi mediamente più intensi dell’8%.

Il sostegno della comunità internazionale

Intanto la comunità internazionale si è mobilitata per offrire sostegno ai Paesi colpiti. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha definito le immagini delle aree allagate “drammatiche” e ha assicurato il sostegno della Germania. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che oggi ha presentato la nuova Commissione, ha espresso solidarietà alle vittime e ha promesso il supporto dell’Unione Europea.

Il settore più colpito, per forza di cose, è quello agricolo. Il commissario europeo all’agricoltura, Janusz Wojciechowski, ha dichiarato in un post su X che la Commissione europea “collaborerà con gli agricoltori e gli Stati membri interessati e valuterà tutte le possibilità di sostegno da parte dei fondi dell’Ue”.

La tempesta Boris è solo l’ultima catastrofe di una serie, che, senza una decisa inversione di rotta, sarà sempre più lunga. Già oggi, un europeo su otto è a rischio alluvioni o siccità. Il tempo a nostra disposizione è sempre meno.

Territorio | Altri articoli