Alberi monumentali in Italia: i cinque esemplari più straordinari

La Giornata nazionale degli alberi diventa un’occasione per leggere, tra età millenarie e morfologie anomale, cinque casi emblematici italiani
21 Novembre 2025
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Albero tronco canva

La maggior parte delle persone ha un’idea piuttosto semplice di cosa sia un albero: radici, tronco, rami, un ciclo stagionale che si ripete. È un’immagine rassicurante, ma non basta a descrivere organismi che, in alcuni casi, sfidano qualsiasi aspettativa. In Italia si trovano piante con tronchi di enorme ampiezza, organismi che hanno resistito per secoli e situazioni in cui una specie è cresciuta all’interno o a fianco di un’altra in modo inusuale. Sono parte del patrimonio nazionale e si trovano a poche ore di strada da chi oggi parla di “verde” soprattutto in termini di nuovi impianti e incentivi.

Oggi, Giornata nazionale degli alberi, l’attenzione è spesso rivolta all’espansione del verde urbano o alle campagne di nuove piantumazioni. Tuttavia, una serie di casi italiani merita uno sguardo più approfondito. Ci sono alberi datati scientificamente oltre il millennio, olivastri stimati tra le epoche più antiche del Mediterraneo, castagni documentati da secoli di protezione, platani di dimensioni eccezionali e un gelso che ospita un ciliegio cresciuto grazie a una cavità interna. Non sono soltanto curiosità locali: dietro ciascun caso ci sono rilievi, misurazioni, atti ufficiali. E nei profili di queste piante si leggono questioni concrete: gestione, tutela, turismo e il modo in cui interpretiamo il rapporto tra natura e comunità.

Patriarchi del tempo

Tra gli esempi italiani più documentati c’è il pino loricato noto come Italus, nel Parco nazionale del Pollino. Grazie a misurazioni combinate — dendrocronologia e datazione radiocarbonio — è stato stimato intorno ai 1.230 anni di età. La presenza di un vasto sistema radicale su roccia e l’esposizione a condizioni ambientali difficili sono elementi che gli esperti indicano come fattori di longevità. Anche se l’attività umana è oggi ridotta nell’area, la struttura dell’habitat ha permesso all’albero di attraversare secoli con minore competizione e minori disturbi.

In Sardegna, l’olivastro di Luras viene stimato tra i 2.500 e i 4.000 anni. Sebbene non vi sia una conferma radiocarbonica pubblicata che stabilisca un’età precisa, le valutazioni morfologiche e comparate lo collocano tra gli olivastri più antichi del Mediterraneo. Per gli scienziati del germoplasma olivicolo rappresenta una risorsa genetica di grande valore, per la sua capacità di sopravvivere in condizioni ambientali difficili: su substrato granitico, in altitudine modesta, con scarsa fertilità del suolo.

Sul versante orientale dell’Etna, il Castagno dei Cento Cavalli è tutelato da atti ufficiali sin dal XVIII secolo. Sebbene l’età precisa resti oggetto di dibattito (le stime oscillano tra 2.000 e 3.000 anni), la struttura attuale — più tronchi che si dipartono da una base comune — indica un organismo che ha subito modificazioni e che ha attraversato eventi come eruzioni, cambiamenti agrari e pratiche forestali diverse. Anche la presenza di monitoraggi periodici della stabilità e delle condizioni del suolo conferma che non è semplicemente un albero storico, ma un soggetto vitale che richiede tutela attiva.

Castagno dei Cento Cavalli WikimediaCommons
Castagno dei Cento Cavalli – Sant’Alfio, Etna (Foto: LuckyLisp / Wikimedia Commons – Licenza CC BY-SA 3.0)

Anatomie sorprendenti

Ci sono alberi la cui struttura mette in discussione la categoria ordinaria di “pianta singola in crescita”. Un esempio tipico è il Bialbero di Casorzo, nel Monferrato: un gelso che ospita sul proprio tronco un ciliegio di dimensioni regolari. Il fenomeno è documentato: il seme del ciliegio è germinato in una cavità del gelso, ha rivolto le radici verso il suolo attraverso il tronco cavo e si è sviluppato. In questo modo si è formato un insieme di due specie in interazione, visibile e riconosciuto come fenomeno botanico. La notorietà del sito ne ha fatto un riferimento per gli studi sul paesaggio agrario e una meta turistica locale.

Bialbero di Casorzo WikimediaCommons
Bialbero di Casorzo – Piemonte (Foto: B.G. Zappettini / Wikimedia Commons – Licenza CC BY-SA 2.0)

Nel Sud Italia, il Platano di Curinga spicca per dimensioni e gestione: una circonferenza di circa 14-15 metri, cavità interna ampia, età stimata attorno agli 800 anni. Le condizioni non sono senza rischi: la cavità comporta un indebolimento strutturale e l’accesso crescente dei visitatori richiede piani di protezione del suolo e limitazioni di calpestio. Le linee guida adottate dagli agronomi includono misurazioni periodiche, controllo della stabilità e percorsi delimitati. È un caso che dimostra come “albero monumentale” significhi anche “organismo che richiede attenzione costante”.

Platano monumentale millenario di Curinga il gigante buono Wikimedia Commons
Platano di Curinga – Calabria (Foto: Luna04 / Wikimedia Commons – Licenza CC BY-SA 4.0)

Tornando al Castagno dei Cento Cavalli, la sua forma attuale — tronchi multipli da una base comune — mostra come la crescita degli alberi non segua necessariamente una traiettoria lineare. Interventi passati, adattamenti climatici, modifiche del substrato e pratiche umane hanno contribuito a modellare la sua struttura. Il fatto che oggi sia tutelato non significa che sia automatico il suo mantenimento: ogni fusto, ogni radice, ogni contatto con il suolo richiede analisi continue. In questo senso, la morfologia dell’albero è un’indicazione tangibile della complessità che ogni organismo del verde incorpora.

21 novembre, Giornata nazionale degli alberi

Oggi, Giornata nazionale degli alberi, gran parte dell’attenzione è dedicata alle nuove piantumazioni. È un tema necessario, perché le città italiane hanno bisogno di ombra, continuità vegetale e spazi più resilienti alle ondate di calore.

Ma accanto alla necessità di moltiplicare il verde urbano, c’è un’altra dimensione meno visibile: quella della gestione degli alberi già presenti, soprattutto quando si tratta di esemplari con caratteristiche eccezionali. Non basta inserirli negli elenchi degli alberi monumentali; occorrono interventi mirati e continui, adattati ai cambiamenti ambientali e alle pressioni del territorio.

Il pino loricato del Pollino rientra tra gli esempi più chiari. La sua posizione precisa non è indicata al pubblico per evitare danneggiamenti involontari: una scelta che riflette la fragilità dell’habitat alpino e la sensibilità del suolo roccioso in cui cresce. Questa misura di tutela non è simbolica; serve a ridurre rischi reali legati al calpestio, alla compattazione e alle microvariazioni del suolo che potrebbero compromettere la stabilità dell’albero. Analogamente, l’olivastro di Luras è oggetto di attenzioni specifiche non solo per l’età stimata, ma perché la sua linea genetica rappresenta un patrimonio utile per studi sulla resistenza ambientale. Le analisi condotte negli ultimi anni indicano che alcune popolazioni di olivo selvatico possiedono adattamenti significativi a stress idrici e termici: elementi che possono diventare rilevanti per le coltivazioni moderne.

Il Platano di Curinga si trova in una situazione diversa ma altrettanto delicata. Le sue dimensioni attirano migliaia di visitatori, con un impatto diretto sul terreno circostante. Per questo gli agronomi locali hanno definito aree di accesso controllato e protocolli che limitano la pressione del pubblico, riducendo rischi di instabilità del tronco cavo e di erosione del suolo. Anche il Castagno dei Cento Cavalli richiede monitoraggi strutturali e valutazioni periodiche sulla vitalità dei diversi fusti che compongono l’insieme. Qui il tema non è l’afflusso dei visitatori, ma la necessità di comprendere come variazioni nel microclima, precipitazioni irregolari e stress idrici possano incidere su un organismo di grandi dimensioni che ha già subito trasformazioni nel corso dei secoli.

Il caso del Bialbero di Casorzo è diverso ancora: non presenta criticità strutturali comparabili ai grandi patriarchi, ma è un esempio concreto dei rischi della sovraesposizione. La sua forma insolita lo ha reso molto popolare negli ultimi anni, e la gestione si concentra sul mantenere l’accesso compatibile con la fragilità dell’insieme, senza interventi invasivi che altererebbero la relazione tra gelso e ciliegio. È una tutela più discreta, ma necessaria: fenomeni botanici di questo tipo sono rari e spesso transitori.

Guardando insieme questi casi emerge un quadro coerente: la gestione degli alberi monumentali è una componente strutturale delle politiche ambientali, non un dettaglio marginale. Ogni organismo richiede valutazioni specifiche, verifiche tecniche e scelte calibrate. La Giornata nazionale degli alberi offre l’occasione per ricordare che il patrimonio arboreo italiano non si misura soltanto in nuove piantumazioni, ma anche nella capacità di prendersi cura di individui che portano con sé secoli di storia naturale, culturale e paesaggistica.

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