La Generazione Z ha le idee chiare su dove vuole lavorare. E la sua preferenza va dritta verso il mondo della tecnologia: il 40% delle 20 migliori aziende italiane per i nati dopo il 1998 opera nel settore IT. Un dato che fotografa perfettamente l’affinità naturale tra i giovani e il digitale, ma che rivela anche qualcosa di più profondo sui valori che guidano le scelte professionali degli “zoomer”.
Le tre migliori aziende per la Gen Z italiana
Nell’edizione 2024 dei Best Workplaces for Gen Z, il podio era composto da Apuliasoft, Quantyca e Accuracy. Nessuna di queste tre si conferma ai primi tre posti quest’anno, a dimostrazione di quanto il mercato del lavoro sia sempre più cangiante e di quanto la Generazione Z sia attenta a questi cambiamenti:
- L’azienda preferita è Edera NordEst, realtà padovana specializzata in servizi finanziari;
- Secondo posto per Marketing Espresso, media company romana che realizza progetti digitali su misura;
- Chiude il podio Bending Spoons, organizzazione che sviluppa software nel settore IT.
I settori preferiti dalla Gen Z
Great Place to Work Italia ha stilato la seconda edizione del ranking “Best Workplaces for Gen Z”, ascoltando 7.741 giovani collaboratori attivi nelle organizzazioni italiane. Il risultato è una fotografia nitida di ciò che conta davvero per chi si affaccia oggi al mondo del lavoro:
- Settore IT: domina con il 40% delle preferenze;
- Servizi professionali: seguono con il 25%;
- Settore manifatturiero e della produzione: 10%;
- Settore retail: 10%
Parlare di numeri è utile, ma non basta: la Gen Z non cerca solo un lavoro, cerca un senso.
Cosa cercano i giovani dal lavoro
“La ricetta per trattenere nelle organizzazioni l’effervescente Gen Z? Assenza di discriminazione in base all’età e coinvolgimento nei processi aziendali. I giovani, come nella vita, cercano un senso in ciò che fanno all’interno di un’azienda”, spiega Alessandro Zollo, Ceo di Great Place To Work Institute Italia.
I pilastri su cui si basa la soddisfazione lavorativa della Generazione Z sono quattro:
- Accoglienza: essere accolti e fatti sentire i benvenuti dal primo giorno (98% di soddisfazione nelle aziende best);
- Coinvolgimento: partecipare alle decisioni che influiscono sull’organizzazione del lavoro;
- Supporto: ricevere aiuto concreto dai responsabili nell’attività quotidiana;
- Imparzialità: assenza di favoritismi nelle promozioni e nelle opportunità di crescita.
I numeri che fanno la differenza
Le 20 aziende più virtuose raggiungono un Media Trust Index del 91% tra i collaboratori Gen Z, un risultato che stacca nettamente la concorrenza. Questo dato è superiore del 15% rispetto alle organizzazioni certificate Great Place to Work (76%), del 37% rispetto alle aziende analizzate ma non certificate e addirittura del 45% rispetto alla media italiana (46%).
Le dimensioni contano, ma al contrario
Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, non sono i colossi aziendali a conquistare i cuori della Gen Z. Il 35% delle aziende premiate ha meno di 50 dipendenti, mentre solo il 10% supera i 1.000 collaboratori. Un segnale del fatto che i giovani privilegiano l’ambiente di lavoro rispetto alle dimensioni dell’organizzazione. Le nuove generazioni sono sempre meno propense a sacrificare la propria gioventù per fare carriera, anche perché le loro aspettative vengono costantemente deluse. Sul punto, giova ricordare che sotto la voce ‘meritocrazia’ l’Italia è ultima su dodici Paesi europei per il decimo anno consecutivo. E i giovani ne hanno preso coscienza.
“Dall’analisi dei dati emerge inoltre come, indipendentemente dal fatto che un’azienda rientri o meno tra i best workplaces, quando le persone vengono incoraggiate a trovare un equilibrio fra lavoro e vita privata aumenta il loro senso di appartenenza e la voglia di rimanere a lungo all’interno di un’organizzazione”, aggiunge Zollo.
Il mito del salario
Il merito è il grande assente anche quando si parla di salari: le critiche emerse più frequentemente dall’indagine riguardano l’equità nelle retribuzioni e la redistribuzione della ricchezza prodotta dalle organizzazioni, percepite come insufficienti rispettivamente dal 76% e dal 73% degli intervistati.
Quando la leadership fa la differenza
Il Leadership Index nelle 20 aziende preferite dalla Gen Z raggiunge il 93%, contro il 78% delle organizzazioni certificate e il 45% della media italiana. Un gap che sottolinea l’importanza di manager capaci di comunicare in modo trasparente, riconoscere il lavoro svolto e offrire supporto concreto.
I divari più significativi tra le aziende best e le altre riguardano:
- Opportunità di ottenere riconoscimenti speciali (+57%);
- Meritocrazia nelle promozioni (+54%);
- Contentezza nel venire al lavoro (+53%).
“I collaboratori della Generazione Z hanno una buona visione dell’azienda ma a livello emotivo valutano in modo meno positivo l’organizzazione rispetto alle altre generazioni”, osserva Zollo tradendo una certa disillusione delle nuove generazioni.
La Gen Z rappresenta in media il 20,3% della popolazione aziendale nelle organizzazioni che occupano la parte alta della classifica, una percentuale destinata a crescere nei prossimi anni. Capire cosa vogliono questi giovani non è solo una questione di talent retention, ma una chiave per leggere il futuro del mondo del lavoro.