Supporto alla menopausa e parità di genere: cosa cambia per le aziende UK con l’Employment Rights Bill

Il governo del Regno Unito ha presentato un disegno di legge per combattere le disuguaglianze sul lavoro, comprese quelle legate a questa fase della vita delle donne, che spesso si trovano costrette a licenziarsi
23 Ottobre 2024
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Donna Dolore Lavoro Canva

Includere il supporto alla menopausa nei piani d’azione aziendali per l’uguaglianza. Una richiesta che punta a ridurre gli svantaggi sui luoghi di lavoro e contemporaneamente a ridurre lo stigma che ancora oggi circonda questa tappa della vita delle donne. L’obbligo è previsto dal nuovo Employment Rights Bill, presentato dal governo del Regno Unito per combattere le disuguaglianze ponendo fine alle pratiche ingiuste. Il governo ha descritto il disegno di legge come un approccio “pro-business, pro-worker” e prevede riforme in 28 aree, tra cui i congedi – parentali e non – le tutele contro il licenziamento ingiusto fin dal primo giorno, e l’uguaglianza.

A tal proposito, le aziende con 250 o più dipendenti dovranno pubblicare ogni 12 mesi un piano d’azione contenente le misure che stanno adottando per promuovere l’uguaglianza e le opportunità tra uomini e donne, come stanno affrontando il divario retributivo di genere e come stanno supportando le dipendenti in menopausa.

L’Employment Rights Bill deve ora passare in Parlamento, dove potrebbe subire delle modifiche.

Parlarne per combattere lo stigma e creare un ambiente di lavoro inclusivo

In attesa del dibattito parlamentare, il primo merito del disegno di legge è quello di introdurre apertamente il tema in azienda. In questo modo si potrebbe iniziare a parlarne, dimostrando che è possibile avere conversazioni chiare e oneste sui problemi che i dipendenti affrontano nelle loro vite, che siano correlati alla salute mestruale o ad altro. Un approccio che consentirebbe al datore di lavoro di costruire un ambiente aziendale migliore e una forza lavoro più produttiva e coinvolta, che lavorerebbe meglio, in modo più efficiente e fidelizzato.

Ma per far ciò è necessario un cambiamento culturale insieme a quello politico. Una ricerca condotta da Mayo Wynne Baxter dimostra infatti che la discriminazione legata alla menopausa è ancora diffusa, e che quasi metà delle donne non ne parla per paura che ciò possa compromettere la loro carriera.

Quasi il 70% delle donne occupate di età compresa tra 40 e 60 anni che soffrono di sintomi della menopausa riferisce che ciò ha un effetto negativo sul loro lavoro e addirittura poco più del 50% non è in grado di andare al lavoro a causa di tali sintomi, spiega in una nota il governo UK.

Non solo: secondo uno studio di Fawcett Society, una lavoratrice su 10 lascia il posto di lavoro, oltre al 14% che passa al part time. La cosa ancora più grave e che ciò avviene in una fase di vita e di lavoro in cui le donne hanno raggiunto le posizioni più alte della loro carriera.

Non è un caso che più di un milione di donne (dati riferiti sempre al Regno Unito) sta cercando un lavoro che offra un supporto per chi è in menopausa.

Che supporto può dare il datore di lavoro

Ma che tipo di supporto è possibile offrire? L’Employment Rights Bill prevede azioni quali accordi di lavoro flessibili, ambienti a temperatura controllata, formazione dei manager, ma anche maggiori diritti sul lavoro agile, monitoraggio del gender gap salariale, revisione dell’indennità di malattia per casi specifici. Il tutto con l’obiettivo di ridurre lo stigma, migliorare il benessere e trattenere i talenti.

Il disegno di legge in sostanza punta a migliorare la diversità e l’inclusione, creando ambienti di supporto che aumentano l’impegno e la soddisfazione.

D’altronde già l’Equality and Human Rights Commission, che monitora e promuove la parità e la non discriminazione nel Regno Unito, lo scorso febbraio ha pubblicato delle linee guida dedicate proprio a lavoro e menopausa. La commissione considera i sintomi più invalidanti dovuti a questa fase come una disabilità (assimilazione su cui peraltro non tutte sono d’accordo), e dunque fa rientrare chi ne soffre tra le categorie protette dall’Equality Act 2010, la legge anti-discriminazione.

Nominata ambasciatrice governativa ad hoc

L’azione del governo del Regno Unito non finisce qui: ha anche nominato una nuova Government’s Menopause Employment Ambassador, l’attivista e conduttrice radiofonica Mariella Frostrup, che lavorerà con gli imprenditori per aiutare le donne che affrontano la menopausa a rimanere al lavoro e a progredire nelle loro carriere. Frostup si impegnerà anche per diffondere consapevolezza sul tema e sulle soluzioni che i datori di lavoro possono adottare, a volte molto semplici.

Frostrup ha affermato: “Sono felice di iniziare a lavorare per raggiungere l’obiettivo dichiarato di questo governo di creare luoghi di lavoro giusti ed equi per tutti. La perdita di una donna su dieci dal posto di lavoro, spesso all’apice della propria carriera professionale, sta danneggiando la nostra economia e causando inutili sofferenze dovute alla mancanza di informazioni e supporto durante questa fase della vita perfettamente naturale e gestibile”.

Janet Lindsay, amministratore delegato di Wellbeing of Women, ha sottolineato: “Questa nomina arriva mentre il governo ha proposto un’ampia serie di riforme generazionali per aumentare le tutele per i lavoratori, comprese le donne che sperimentano sintomi della menopausa sul lavoro. Le proposte politiche nell’Employment Rights Bill richiederebbero ai grandi datori di lavoro di produrre un Menopause Action Plans su come supporteranno i dipendenti durante la menopausa”.

E in Italia?

In Italia mancano direttive nazionali, quindi è tutto nelle mani delle singole aziende che possono decidere se e come intervenire per supportare le donne che sperimentano problemi collegati alla fine delle mestruazioni.

Nel 2017 comunque l’Inail ha pubblicato delle linee guida su menopausa e lavoro, che tuttavia si occupano principalmente dell’importanza della formazione e dell’informazione nell’ambito lavorativo, per poi trattare degli accorgimenti che le donne possono mettere in campo agendo sul proprio stile di vita in modo da ridurre i sintomi.

Come a dire che la strada per una consapevolezza e una tutela legale e generalizzata è ancora lunga.

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