In un’intervista del 2017, Umberto Galimberti illustrò laconicamente la condizione dei giovani in Italia: “I nostri giovani – disse il saggista – sentono di non aver futuro, vivono in un eterno presente all’insaputa dei loro genitori con i quali non parlano”. Una difficoltà esistenziale, di cui i più grandi sono consapevoli dato che solo il 32% dei genitori italiani crede che i propri figli potranno migliorare la propria posizione nella scala sociale.
I dati del Report FragilItalia “Disuguaglianze sociali e ascensore sociale”, realizzato da Area Studi Legacoop in collaborazione con Ipsos, delineano un Paese in cui l’ascensore sociale appare drammaticamente inceppato.
Una società bloccata
Solo tre italiani su dieci credono che i propri figli riusciranno a migliorare la loro condizione economica e sociale. Gli altri, la maggioranza, pensano che rimarranno fermi o addirittura peggioreranno. È un dato che colpisce e racconta molto più di quanto sembri: non solo sfiducia nel futuro, ma anche la percezione di un Paese bloccato, dove il merito non basta e le disuguaglianze si moltiplicano.
Una conferma arriva anche dal Meritometro 2024 realizzato dal forum della Meritocrazia in collaborazione con Deloitte. Dai risultati emerge che il Paese si colloca nuovamente all’ultimo posto tra i 12 Paesi europei analizzati, con un punteggio del 27%, ben 39 punti percentuali sotto la Finlandia, leader del ranking con il 66%. Questo dato riflette una persistente difficoltà nell’attrarre e trattenere capitale umano qualificato, problema accentuato da una mobilità sociale stagnante e da una burocrazia che ostacola l’innovazione e il riconoscimento delle competenze.
Il Report FragilItalia pone l’attenzione su una società sempre più spaccata. Cresce la percezione delle disuguaglianze in quasi tutti i settori della vita quotidiana. Gli italiani indicano tra le principali ferite del presente:
- l’aumento della povertà;
- la precarizzazione del lavoro;
- la difficoltà per i giovani di trovare impieghi stabili e dignitosi;
- la mancanza di accesso equo a servizi sanitari di qualità;
- la crescita delle discriminazioni di genere e delle disuguaglianze abitative.
La fotografia che emerge è quella di un Paese dove il luogo e il contesto in cui si nasce determinano in larga parte le opportunità future. E dove chi parte svantaggiato fatica sempre più a recuperare terreno.
Per approfondire: In Italia l’ascensore sociale dell’istruzione è rotto
Giovani e anziani vedono disuguaglianze diverse
Interessante il divario generazionale nella percezione delle ingiustizie sociali. Gli under 30 si sentono penalizzati soprattutto per quanto riguarda:
- le opportunità lavorative (52%);
- le discriminazioni di genere (40%).
Gli over 65, invece, avvertono maggiormente:
- l’aumento della povertà (63%);
- la difficoltà di accedere a cure sanitarie adeguate (50%);
- i problemi legati alla casa (32%).
Due sguardi diversi, ma entrambi impauriti. Il futuro per i giovani è sempre più opaco, mentre chi ha già vissuto una fase di crescita teme oggi una pericolosa retromarcia.
Come si percepiscono gli italiani nella società?
Sei italiani su dieci si collocano nei gradini più bassi della piramide sociale. Solo il 7% si riconosce nella cosiddetta upper class. E chi pensa di essere migliorato negli ultimi anni è appena il 5%. Un dato che suggerisce quanto sia difficile oggi per un italiano cambiare davvero la propria vita.
A preoccupare, però, è soprattutto il giudizio sul futuro. Oltre la metà degli intervistati crede che i figli non saliranno di livello. Un italiano su sette pensa che scenderanno addirittura più in basso. È una forma di rassegnazione che corrode le fondamenta della coesione sociale: se non c’è prospettiva di miglioramento, viene meno anche il patto tra generazioni.
Fratture che si allargano
Le fratture sociali percepite dai cittadini italiani non si fermano al reddito. Al contrario, si amplifica il gap:
- tra ricchi e poveri (66%);
- tra chi rispetta le regole e chi fa il “furbetto” (62%);
- tra popolo ed élite (59%);
- tra chi ha un lavoro stabile e chi no (49%);
- tra italiani e immigrati (49%);
- tra chi paga le tasse e chi vorrebbe meno Stato (46%);
- tra democrazia e poteri forti (46%);
- tra lavoratori e datori di lavoro (45%);
- tra diritto alla salute e obblighi sanitari (42%).
È un Paese che sembra vivere in continua tensione, dove ogni differenza si trasforma in distanza e ogni distanza in potenziale conflitto.
Ripartire dalla giustizia sociale
Di fronte a questa fotografia, per l’Area Studi Legacoop in collaborazione e Ipsos l’urgenza è chiara: servono politiche che ricuciano le fratture interne al Paese. A partire da un nuovo patto sociale che metta al centro il lavoro ben retribuito e con un sano work-life balance, l’accesso universale a servizi di qualità e la formazione (“Un Paese che non ha a cuore l’istruzione dei ragazzi è senza futuro”, ammoniva Maria Montessori).
La proposta di un piano nazionale per l’economia sociale va in questa direzione: sostenere le fasce più deboli, promuovere l’inclusione e rendere più equa la distribuzione delle opportunità. Non si tratta solo di redistribuire risorse, ma di restituire fiducia e orizzonte a un’intera generazione che oggi non vede più la possibilità di salire un gradino.
Se l’ascensore sociale resta fermo, l’Italia resta ferma. Gli autori evidenziano che non basta crescere nel Pil, se a farlo non sono anche le speranze. Rimettere in moto la mobilità sociale è la vera grande sfida del nostro tempo: perché non c’è futuro per un Paese dove migliorare la propria vita è diventato un privilegio, e non più un diritto.