La prossima conferenza delle Nazioni Unite sul clima, Cop30, che si terrà in Brasile, si apre la prossima settimana con una significativa ombra diplomatica: gli Stati Uniti non invieranno funzionari di alto livello. Questa decisione, comunicata da un funzionario della Casa Bianca, conferma il distacco di Washington dall’azione ambientale proprio mentre il vertice di Belém, si prepara a concentrarsi sull’implementazione pratica delle politiche climatiche.
I grandi assenti a Cop30
L’amministrazione americana ha già esposto la propria visione, etichettando il cambiamento climatico come “la più grande truffa” del mondo e criticando le politiche che, a suo dire, hanno comportato costi eccessivi per le nazioni. Il ritiro statunitense non è una sorpresa; l’amministrazione ha avviato a gennaio la procedura per uscire dall’Accordo di Parigi. Inoltre, Washington ha dimostrato una chiara avversione agli accordi globali vincolanti, cercando di ostacolare sia il voto sull’introduzione di un prezzo globale sul carbonio per il trasporto marittimo sia le trattative per un trattato internazionale per limitare la produzione di plastica.
Il disimpegno statunitense si concentra sulla promozione di accordi energetici bilaterali che favoriscano le esportazioni di gas naturale liquefatto, come quelli raggiunti con l’Unione europea e la Corea del Sud, ad esempio. A riprova di un cambio di priorità, l’amministrazione Trump ha tratto vantaggio anche dalle ultime parole del miliardario Bill Gates, il quale ha suggerito di spostare l’attenzione dall’obiettivo globale di abbassare la temperatura del pianeta ad emergenze più gravi, come i tagli ai fondi per sostenere la crisi umanitaria.
L’Ue e il “momento spartiacque”
La risposta europea all’assenza di un attore globale così influente è stata di preoccupazione mista alla ricerca di nuove opportunità. Wopke Hoekstra, commissario europeo per l’Azione per il Clima, ha definito la mancata partecipazione statunitense come un “momento spartiacque”. Il commissario europeo ha messo in guardia sui danni che il ritiro infliggerà all’atmosfera complessiva dei colloqui e al potenziale d’impatto globale. Inoltre, ha sottolineato il peso geopolitico del Paese. Come ha spiegato a Bloomberg, gli Stati Uniti sono il secondo maggiore emettitore e l’attore geopolitico più dominante e importante a livello mondiale. Il fatto che un attore di questa grandezza decida di farsi da parte e lasciare che la soluzione sia gestita dal resto del mondo provoca, chiaramente, un danno.
Tuttavia, il Commissario ha anche indicato che questo scenario potrebbe aprire la strada a “nuove partnership e opportunità” per le altre nazioni che intendono progredire.
La pressione sul G20 e la sfida cinese
Dato il limitato contributo dell’Europa alle emissioni globali, per Hoekstra non c’è alternativa per gli altri Paesi, in particolare quelli appartenenti al G20, se non quella di intraprendere azioni significative in modo indipendente.
Il più grande emettitore di gas serra, la Cina, è altrettanto fonte di grande preoccupazione. Il presidente Xi Jinping si è detto altrettanto pronto a saltare l’evento a Belem, mentre 143 nazioni avranno delegazioni presenti in loco. Al momento 57 capi di Stato e di governo hanno garantito la propria presenza a Cop30.
L’Ndc (Contributo nazionalmente determinato) presentato dalla Cina è stato giudicato modesto dalla maggior parte degli esperti, con una probabile riduzione di emissioni inferiore al 10%, quando si sperava in un valore superiore al 20-30%. Il Commissario Hoekstra si è detto particolarmente allarmato dalla forte spinta della Cina verso la costruzione di nuove centrali a carbone, una scelta che rischia di bloccare l’uso di combustibili fossili per il futuro.
La sostenibilità come imperativo economico
L’urgenza di un’azione coordinata è dettata dalla realtà finanziaria dei disastri naturali. Sebbene l’azione collettiva degli ultimi dieci anni abbia scongiurato gli scenari climatici più estremi, i danni economici continuano ad aumentare. Il cambiamento climatico sta rapidamente trasformandosi in una dura realtà economica. Come sostenuto da Wopke Hoekstra a Bloomberg, eventi come le inondazioni che hanno colpito la Slovenia nel 2023, causando danni stimati intorno all’11% del Pil nazionale, dimostrano che nessuno può sapere chi sarà colpito l’anno prossimo.
Nonostante il disimpegno federale, la spinta alla sostenibilità continua anche negli Stati Uniti grazie all’impegno di sindaci e governatori. Inoltre, le aziende americane, anche se non danno priorità assoluta alla retorica climatica, continuano a investire nella decarbonizzazione, in particolare nell’energia solare, eolica e nelle batterie, grazie alla spinta richiesta dalla competitività.
L’assenza della potenza americana a Cop30 non fermerà, quindi, la necessità della transizione, ma la ridefinirà, costringendo l’Unione europea a diventare, più che mai, il motore diplomatico che spinge per la creazione di nuovi standard e opportunità nel panorama della sostenibilità globale.