Il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare il testo unico per la semplificazione degli iter amministrativi degli impianti di energia verde, dei sistemi di accumulo e delle opere collegate. Gli operatori di settore, però, sollevano dubbi sulle decisioni dell’esecutivo soprattutto per quanto riguarda il regime di attività libera.
Le tre vie introdotte dal testo unico
Rispetto al precedente quadro normativo molto frammentato, il nuovo testo unico, frutto del lavoro congiunto di tre ministeri (Ambiente, Pubblica Amministrazione e Riforme), introduce una riorganizzazione in tre principali regimi procedurali per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, cruciali per la transizione energetica del Paese.
Il regime dell’attività libera
Il primo regime è quello dell’attività libera, che si applica ad esempio agli impianti solari sotto i 10 megawatt, senza particolari modifiche della struttura su cui sono installati, o agli interventi di potenziamento e rifacimento di impianti esistenti. Per queste tipologie di interventi non sono richiesti atti di assenso o dichiarazioni, ad eccezione dei casi in cui vi siano vincoli paesaggistici.
È proprio su questo aspetto che si sono concentrate le principali critiche degli operatori del settore: “la normativa nazionale attualmente in vigore consente di ammodernare e potenziare gli impianti rinnovabili già installati senza ulteriori autorizzazioni anche in presenza di vincoli paesaggistici, proprio perché si tratta di impianti esistenti e che quindi avevano già ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni. Mentre la bozza di decreto prevede che anche per questi progetti si debba chiedere una nuova autorizzazione, introducendo inutili costi e lungaggini burocratiche”, scrivono alcune associazioni di settore come Elettricità Futura.
Il ministro Gilberto Pichetto Fratin spiega che la soluzione trovata nel testo unico è una soluzione di “mediazione” per “compensare quello che per alcuni può essere visto come un eccesso di liberalizzazione”.
In base alle regole approvate ieri dal Cdm, quando il nuovo impianto o la rimodulazione di un progetto esistente insiste su beni oggetto di tutela o in aree naturali protette, si applica il secondo regime, ovvero quello della Procedura Abilitativa Semplificata (PAS). Invece, se le installazioni o i rifacimenti riguardano beni come ville, parchi non tutelati ma di particolare valore estetico, o centri storici, scatta una procedura più lunga con l’intervento vincolante delle Soprintendenze e la richiesta di autorizzazione all’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico che ha fino a 45 giorni per richiedere approfondimenti istruttori.
La procedura abilitativa semplificata (PAS)
Il secondo regime introdotto è la Procedura Abilitativa Semplificata (PAS), che riguarda progetti che non richiedono particolari procedure di “permitting” (autorizzazioni) e non sono soggetti a valutazioni ambientali. In assenza di prescrizioni, il titolo abilitativo si intende rilasciato entro 30 giorni, un termine di gran lunga inferiore alle tempistiche della prassi attuale.
Se è necessaria l’autorizzazione di diverse autorità, il meccanismo di silenzio-assenso si intende risolto positivamente dopo 45 giorni, che salgono a 75 giorni in caso di convocazione della conferenza dei servizi.
L’autorizzazione Unica
Il terzo binario inserito con il testo unico di semplificazione è quello dell’Autorizzazione Unica, che si distingue in due percorsi principali:
- Richiesta alla Regione: percorso riservato a impianti di dimensioni intermedie. Gli operatori dovranno attivare questo canale per gli impianti fotovoltaici con una potenza pari o superiore a 1 megawatt e fino a 300 megawatt. L’ente regionale verrà chiamato in causa anche in caso di pale eoliche con una potenza pari o superiore a 60 kW e fino a 300 megawatt. Compito dell’organo regionale sarà quello di valutare e approvare le richieste secondo le specifiche normative e procedure locali;
- Richiesta al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica: questo percorso è riservato a impianti di grande dimensione. Bisognerà inviare richiesta al MATTM per impianti con potenza superiore ai 300 megawatt e la realizzazione di impianti offshore.
Il processo di autorizzazione unica può richiedere tempi molto diversi a seconda delle specifiche del progetto. Per i progetti che non richiedono valutazioni ambientali, il termine per il rilascio dell’autorizzazione è di circa 175 giorni. Tuttavia, per progetti più complessi, che richiedono valutazioni ambientali approfondite o se ci sono ulteriori complicazioni, il tempo di attesa può estendersi fino a 420 giorni.
I lunghi tempi di attesa sono stati criticati dagli operatori, per cui diventa difficile pianificare e gestire i propri progetti tenendo conto di queste tempistiche. Il testo unico, che risponde agli obiettivi delineati anche nel Pnrr, deve bilanciare le esigenze economiche e organizzative degli operatori con le valutazioni di impatto ambientale e territoriale, direttamente proporzionali alla grandezza degli impianti.
Testo unico rinnovabili, il punto di vista dei ministeri coinvolti
Commentando il provvedimento, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha sottolineato come si tratti di “una cornice unitaria e armonica, e strategica in un settore come quello delle rinnovabili, decisivo per il futuro del Paese”. Secondo il ministro, il testo unico pone le basi per una riforma di sistema, orientata agli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), con pragmatismo e senza far venir meno le tutele ambientali.
Anche la viceministra dello stesso dicastero, Vannia Gava, ha sottolineato come il provvedimento semplifichi i processi autorizzatori per accelerare la diffusione degli impianti rinnovabili e dei sistemi di accumulo, introducendo i tre regimi di autorizzazione (attività libera, PAS e Autorizzazione Unica). “Riduciamo i procedimenti incagliati da troppo tempo e acceleriamo per raggiungere i target di decarbonizzazione”, ha affermato Gava, aggiungendo che il Parlamento potrà ulteriormente migliorare il testo attraverso l’audizione degli operatori del settore.
Il ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, ha evidenziato come il testo unico rappresenti “un primo significativo passo, a cui dovranno seguirne altri, per ridurre il peso burocratico nei confronti delle imprese che operano nel settore delle energie rinnovabili, semplificando e standardizzando le procedure, con un risparmio di tempo e di costi anche per le amministrazioni coinvolte”. Zangrillo ha inoltre sottolineato come questo provvedimento sia un tassello significativo del piano di semplificazioni amministrative previsto dal Pnrr.
Sulla stessa linea d’onda, infine, la Ministra per le Riforme Istituzionali, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che ha definito il provvedimento un passo cruciale verso la sostenibilità economica dell’Italia nonché un importante supporto alle imprese che investono in energie pulite. L’ex presidente del Senato ha ribadito che l’economia verde deve essere vista come un’opportunità per le aziende e non come un peso, esortando a cambiare approccio. Insomma, non più un aut aut tra aziende e ambiente, ma una sinergia favorevole a entrambe le parti.
I prossimi passi
Nonostante il generale apprezzamento per l’iniziativa governativa, alcuni operatori del settore, a partire dalle principali associazioni come Elettricità Futura, hanno espresso perplessità in fase di elaborazione del provvedimento. La procedura passa ora al Parlamento che avrà ora l’opportunità di ascoltare le istanze del comparto e apportare eventuali miglioramenti al testo unico, sempre nell’ottica di una compensazione tra i diversi interessi.
Pur con alcune perplessità espresse dagli operatori, il provvedimento mira a ridurre la frammentazione normativa e a creare un quadro più chiaro per accelerare il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello nazionale ed europeo.
Rinnovabili, a che punto è l’Italia?
Si è detto di come la semplificazione sia fondamentale per attirare investimenti dall’estero, ma come è messa l’Italia su questo fronte?
Risultati (parzialmente) incoraggianti arrivano dalla 63° edizione del report EY Renewable Energy Country Attractiveness Index (RECAI), che classifica i primi 40 Paesi al mondo per attrattività di investimenti e opportunità di sviluppo nel settore delle energie rinnovabili. Stati Uniti, Cina e Germania sono sul podio davanti a Francia, Australia, Regno Unito, India, Danimarca, Canada e Giappone. L’Italia migliora la propria posizione e si piazza al 13° posto: nel primo semestre 2024, lungo la penisola sono stati installati 3,7 GW di nuovi impianti rinnovabili, con il fotovoltaico che copre quasi il 90% delle nuove installazioni (3,3 GW), seguito dall’eolico (circa 360 MW), dalle bioenergie e dall’idroelettrico (insieme circa 20 MW).
Il confronto con il primo semestre 2023 registra un incremento della nuova potenza installata da fonti rinnovabili pari al +41%. Anche l’impegno prefissato sulle comunità energetiche, agevolato dal decreto che stanzia 5,7 miliardi di euro per l’implementazione delle CER, ha contribuito a rafforzare la diffusione di rinnovabili di piccola taglia e quindi il posizionamento dell’Italia nel ranking.
Tuttavia, per raggiungere gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) del 2030, che prevedono circa 130 GW di potenza rinnovabile installata, il Belpaese deve accelerare. E l’Italia lo ha imparato a suon di esperienza (e di ritardo economico rispetto alle altre potenze Ue): spesso, il primo passo per accelerare è semplificare.