Non solo pinne, fucile ed occhiali… Al turista piace anche scoprire, esplorare, conoscere e apprendere. Lo testimonia il boom del turismo culturale che sta attraversando, a livello globale, una fase di espansione senza precedenti.
E mentre le città impongono piccole tasse di soggiorno o d’ingresso – come nel caso di Venezia – o rigide regole di comportamento – come nel caso di Portofino, ci si chiede se siamo davvero pronti per dedicarci ad un viaggio culturale o se sia solo l’ultima moda del momento. “Ogni passo tra le bellezze italiane può diventare un momento di crescita culturale e civile, se vissuto con rispetto – spiega Saro Trovato, sociologo e fondatore di Libreriamo – Oggi il viaggio non è solo spostamento, ma comprensione. Il turismo culturale non deve consumare, ma custodire: è questa la sfida etica del nostro tempo”. Scopriamo insieme come.
Il boom del turismo culturale
Secondo un report pubblicato da Future Market Insights, il settore del turismo culturale ha già raggiunto, nel 2025, un valore stimato di 1,2 trilioni di dollari e si prevede che, entro il 2035, lo raddoppierà superando i 2,6 trilioni di dollari, con un tasso annuo di crescita composto dell’8,1%.
Forte di un patrimonio culturale, artistico e paesaggistico straordinario, l’Italia non frena nella sua corsa alla diffusione e condivisione del tale patrimonio immateriale, ma spesso resta tra le mete più vulnerabili. Secondo il Rapporto Annuale del Turismo Europeo 2025, pubblicato dall’European Travel Commission, il nostro Paese ha vissuto una crescita significativa su diversi fronti. Nel primo semestre del 2025, gli arrivi internazionali sono aumentati del +12,8% rispetto all’anno precedente. Si tratta di milioni di persone in più che hanno scelto l’Italia come meta, attratti dalla sua bellezza e dalla ricchezza culturale dei suoi territori. Le strutture ricettive hanno registrato un +10,4% nelle presenze turistiche, segno che i soggiorni si fanno più lunghi e coinvolgenti.
Ma quanto questo fenomeno di crescita corrisponde davvero ad un fenomeno di scelta consapevole?
Turismo culturale: moda o scelta responsabile?
Scegliere una meta per le vacanze estive si può spesso rivelare mossa ardua. Nel corso degli ultimi anni sono cambiate le motivazioni di viaggio e le aspettative dei turisti. Esperienze autentiche, immersive, trasformative sono all’ordine del giorno. Non parliamo più di evasione dallo stress urbano e quotidiano, ma di un’esperienza pronta ad arricchire chi intende spendere una cifra per affrontare qualche giorno lontano da casa.
Sempre più affascinati dalla cultura locale, dal paesaggio e le comunità: vivere un’esperienza significa integrarsi temporaneamente in un contesto, comprenderne le dinamiche e ascoltarne le storie. Una tendenza che mette in luce una relazione sempre più stretta tra cultura, ecologia e salute mentale, e che spiega il successo crescente di destinazioni dove l’identità territoriale si fonde con pratiche sostenibili e inclusive. Il viaggio torna ad essere un atto formativo e sociale, da vivere con attenzione e responsabilità.
Le città d’arte e i siti archeologici italiani sono letteralmente presi di mira da parte dei turisti. L’Italia ospita, infatti, il maggior numero di siti patrimonio dell’umanità Unesco. Dopo l’annuncio di nuovi siti nello scorso anno, il conteggio nazionale sale a 60 siti patrimonio dell’umanità. Ma tra monumenti danneggiati, picnic improvvisati, selfie invadenti nei luoghi sacri, rifiuti abbandonati, droni non autorizzati, il rischio è quello di compromettere la qualità dell’esperienza e la conservazione dei luoghi.
I 10 comportamenti da evitare per viaggiare con rispetto
Emerge quindi con forza l’urgenza di ripensare il viaggio come gesto consapevole e responsabile. Non basta parlare di cultura come contenuto da fruire, è necessario promuoverla come comportamento, come pratica etica che si traduce in scelte quotidiane. Per questo motivo, Libreriamo, il media digitale dedicato ai consumatori di cultura, propone una guida essenziale per i viaggiatori di oggi, con l’obiettivo non di punire, ma di sensibilizzare. Ecco, quindi, il bon ton per la tutela della città d’arte, composto da 10 semplici gesti da evitare assolutamente per tutelare la memoria, il paesaggio e la dignità del patrimonio culturale del Belpaese:
- Non consumare cibo su scalinate storiche o monumenti: come avviene a Roma a Trinità dei Monti dove dal 2019 vi è divieto, non sempre rispettato, di mangiare sui 135 scalini Patrimonio Unesco.
- Non toccare affreschi, opere d’arte o reperti archeologici.
Noto il caso di Palazzo Maffei, a Verona, nel quale un turista ha danneggiato un’opera d’arte, una sedia intitolata “Sedia Van Gogh”, dell’artista Nicola Bolla. Il museo ha denunciato l’incidente sui social media, definendo il gesto “superficiale e irrispettoso”. - Evita selfie invadenti in spazi sacri o di raccoglimento
- Non abbandonare rifiuti, nemmeno i più piccoli: Legambiente stima 892 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia. Il 77,9% è costituito da plastica, spopolano i mozziconi di sigaretta (il 7,5%) e i cotton fioc (il 5,6%).
- Non utilizzare droni senza autorizzazione
- Evita l’acquisto di souvenir anonimi, prediligi prodotti locali autentici
- Non ignorare le regole di visita, come orari, percorsi e divieti
- Non disturbare con rumori eccessivi o comportamenti invadenti: esempio risalente proprio agli scorsi mesi è il caso di Portofino che ha vietato il chiedere l’elemosina.
- Non trasformare i luoghi d’arte in sfondi per contenuti social, ma in spazi da rispettare: un esempio lampante è la nota chiesa di Sant’Ignazio di Loyola divenuta un’attrazione turistica per gli affreschi dell’artista seicentesco Andrea Pozzo, riflessi nello specchio all’ingresso della chiesa, raccoglie centinaia di turisti ogni giorno solo per un selfie (il resto della chiesa è vuota).
- Non affrontare il viaggio con superficialità: informati, osserva e ascolta.
“Viaggiare è un atto culturale. Ogni scelta, ogni gesto, racconta il modo in cui ci relazioniamo alla bellezza e alla storia. Questa guida nasce dall’urgenza di riscoprire il viaggio come esercizio di consapevolezza: non per imporre regole, ma per invitare alla cura”, ha concluso il sociologo Saro Trovato.