Terra dei Fuochi, l’Italia si arrende alla Corte Europea dopo decenni di disastri ambientali

La sentenza di Strasburgo impone misure urgenti di bonifica e trasparenza, mentre le istituzioni italiane sono chiamate a rimediare ai danni ambientali irreparabili.
31 Gennaio 2025
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Sopralluogo Del Corpo Forestale Dello Stato Per I Rilievi Radiometrici Nella Terra Dei Fuochi
Sopralluogo del corpo forestale dello Stato per i rilievi radiometrici nella Terra dei Fuochi (Fotogramma)

La Corte Europea dei Diritti Umani ha emesso una sentenza che condanna l’Italia per non aver protetto adeguatamente la popolazione della cosiddetta Terra dei Fuochi, area a cavallo tra le province di Napoli e Caserta devastata dall’interramento e dalla combustione illegale di rifiuti tossici.

Si tratta di uno dei casi più emblematici di negligenza e criminalità ambientale in Italia. Eppure, nonostante gli sforzi della politica e le molteplici inchieste, il problema non è mai stato davvero risolto. È proprio questo il cuore della condanna emessa dai giudici di Strasburgo, che ha sottolineato come l’Italia abbia fallito nel proteggere la vita e la salute dei suoi cittadini, lasciando che il disastro ambientale continuasse per decenni.

In questa sentenza, i giudici hanno dichiarato che l’Italia aveva già il dovere di affrontare la questione sin dal 1988, ma non è riuscita a farlo con la velocità e la diligenza necessarie, mettendo in pericolo milioni di persone. Per questo motivo, il governo italiano è stato condannato a prendere misure concrete per riparare ai danni, dando due anni di tempo per attuare una strategia complessiva che includa la creazione di un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma pubblica di informazione. Il caso è stato portato davanti alla Corte da 41 cittadini residenti nelle province colpite, che hanno denunciato gli effetti devastanti sulla salute e sull’ambiente. La situazione è resa ancora più grave dall’aumento dei tassi di cancro e dall’inquinamento delle falde acquifere.

Cos’è la Terra dei Fuochi

La “Terra dei Fuochi” è una delle aree più compromesse dall’inquinamento in Europa, un territorio che da decenni è segnato dalle attività illecite della criminalità organizzata. Questa zona, che si estende su circa 1.000 km², coinvolge numerosi comuni della Campania, tra cui Giugliano, Acerra, Caivano, Marcianise e Villa Literno, ed è diventata sinonimo di un disastro ecologico dovuto allo smaltimento illegale di rifiuti tossici. Il termine fu coniato nel 2003 da Legambiente per descrivere il grave fenomeno dell’incendio di rifiuti pericolosi e dello smaltimento abusivo di sostanze nocive che avvelenano l’ambiente e le persone. La criminalità organizzata ha interrato tonnellate di rifiuti industriali in cave dismesse, li ha scaricati nei corsi d’acqua e, in molti casi, li ha dati alle fiamme, creando roghi che rilasciano nell’atmosfera diossine e altre sostanze altamente tossiche.

Le radici di questo fenomeno affondano negli anni ’80, quando i gruppi criminali iniziarono a sfruttare la vulnerabilità del territorio per ridurre i costi di smaltimento dei rifiuti. Le attività illecite si sono intensificate nel tempo, fino a diventare un sistema consolidato che ha visto coinvolte oltre 400 aziende, le quali preferivano ricorrere a pratiche abusive piuttosto che affrontare i costi dello smaltimento legale. Il risultato è un territorio segnato da numerose discariche abusive e da un costante rischio di contaminazione.

Le indagini ufficiali, che hanno avuto inizio negli anni ’90, hanno rivelato la portata del fenomeno, ma solo a partire dal 2011 è stato possibile avviare un serio processo di monitoraggio e bonifica, anche grazie alla collaborazione tra autorità locali, scientifiche e giuridiche.

L’impatto sulla salute e sull’ambiente

La gestione illegale dei rifiuti, attraverso l’interramento e l’incendio dei materiali tossici, ha trasformato il paesaggio in un vasto deposito di rifiuti pericolosi. I roghi di rifiuti, che avvengono frequentemente in terreni abbandonati o in aree periferiche, liberano nell’aria sostanze altamente dannose, come diossine e furani, che contaminano l’aria e il suolo. La combustione incontrollata di materiali come plastica, pneumatici e sostanze chimiche rilascia particelle tossiche che si disperdono nell’ambiente, contribuendo a un inquinamento atmosferico che peggiora ulteriormente la qualità della vita dei residenti. Le falde acquifere sono state contaminati da metalli pesanti e sostanze chimiche nocive, provocando danni irreversibili all’ecosistema e alla biodiversità locale. Le bonifiche, seppur avviate, procedono a rilento, e le aree colpite rimangono in gran parte inquinate, rendendo difficile la riqualificazione ambientale.

L’impatto sulla salute dei cittadini è stato devastante. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, l’area della Terra dei Fuochi registra tassi di mortalità e incidenza di tumori superiori alla media nazionale, con un eccesso dell’11% per gli uomini e del 9% per le donne nella provincia di Napoli. I tumori più frequenti includono quelli a stomaco, fegato, polmone, vescica e mammella, con un’incidenza significativamente elevata tra i bambini, che mostrano tassi di ricoveri superiori per tumori e leucemie. L’area è anche caratterizzata da un preoccupante aumento dei tumori del sistema nervoso centrale nei bambini e adolescenti. Questi dati suggeriscono un legame diretto tra l’esposizione agli inquinanti ambientali e l’aumento delle malattie oncologiche e respiratorie. Il fenomeno ha messo in evidenza le vulnerabilità della popolazione, in particolare dei più giovani, che risultano essere i più esposti a queste contaminazioni pericolose.

Cosa deve fare l’Italia dopo la condanna della CEDU?  

Nonostante gli sforzi per combattere l’inquinamento e proteggere la salute dei cittadini, la situazione rimane estremamente critica. Il governo ha adottato diverse misure, tra cui l’istituzione del Patto per la Terra dei Fuochi e il potenziamento delle attività di monitoraggio e sorveglianza. L’introduzione di tecnologie avanzate, come i droni per il rilevamento dei roghi, e l’intensificazione degli interventi di bonifica sono passi importanti, ma le risorse e le difficoltà burocratiche limitano l’efficacia delle operazioni. La scoperta di enormi discariche sotterranee e la continua attività dei gruppi criminali che gestiscono il traffico di rifiuti fanno sì che l’inquinamento continui a proliferare. La campagna di sensibilizzazione e le azioni di recupero delle aree inquinate sono fondamentali, ma necessitano di un impegno costante e coordinato da parte delle autorità locali, regionali e nazionali per garantire una protezione adeguata per la salute della popolazione e per l’ambiente.

Il problema della Terra dei Fuochi non è solo ambientale, ma ha profonde radici nella criminalità organizzata. La camorra ha costruito un vero e proprio impero economico basato sul traffico illecito di rifiuti, con la complicità di aziende del Nord Italia e di enti locali corrotti. Dai processi e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia emerge un sistema ramificato che ha permesso di smaltire illegalmente milioni di tonnellate di rifiuti tossici, spesso provenienti da industrie del centro-nord, abbattendo i costi di smaltimento legale e accumulando profitti illeciti.

L’inerzia istituzionale è altrettanto responsabile del disastro. Nonostante le numerose segnalazioni e le evidenze scientifiche sulla gravità della situazione, le risposte dello Stato sono state lente e inefficaci. Solo nel 2012, con il decreto dell’allora Ministro dell’Interno, è stata attribuita a un Viceprefetto la responsabilità di coordinare le operazioni di contrasto agli incendi di rifiuti. Tuttavia, le misure adottate fino ad oggi non hanno arginato il problema, che continua a ripresentarsi ciclicamente.

La sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani sulla Terra dei Fuochi ha avuto il merito di porre al centro dell’attenzione internazionale un dramma che da anni affligge la popolazione campana. Come dichiarato da Stefano Ciafani e Mariateresa Imparato, rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente, “una sentenza che richiama alla responsabilità un’intera classe politica bipartisan che per anni ha sottovalutato, nascosto quello che accadeva in quel territorio”. La Terra dei Fuochi, con la sua natura “martoriata”, è stata ignorata da una classe politica che non è riuscita a prendere decisioni efficaci. Legambiente ha sottolineato che, dal 2003, nonostante siano passati ben 12 governi nazionali e 5 a livello regionale, non è stato trovato un “vaccino” contro quello che definiscono il virus “Terra dei Fuochi”. L’associazione chiede ora che la sentenza venga attuata con urgenza, affinché venga creata una strategia globale, si attivi un monitoraggio indipendente e venga istituita una piattaforma di informazione pubblica. Solo attraverso una “ecogiustizia” concreta, che acceleri i processi di bonifica e la chiusura del ciclo dei rifiuti, si potrà restituire dignità e speranza ai cittadini onesti che vivono in quelle terre.

Anche il Wwf Italia ha fatto sentire la sua voce, sottolineando come “il diritto a vivere in un ambiente sano e a non ammalarsi deve diventare la priorità delle istituzioni”, che, per troppo tempo, hanno sottovalutato quella che viene definita una “bomba ambientale” causata da illegalità e criminalità organizzata. “Non ci sono più scuse per non agire” è il monito dell’associazione, che ha chiesto alle istituzioni di rispettare quanto disposto dalla Corte e di dare il via a un piano straordinario di bonifica e contrasto ai crimini ambientali. Solo così si potrà sperare di restituire alla popolazione una terra più sicura, libera dai veleni e dai roghi che, da anni, mettono a rischio la salute e l’ambiente. In questo contesto, la comunità campana e le sue istituzioni sono chiamate ad affrontare una sfida storica, che, se vinta, segnerà una svolta importante nella lotta contro l’ecomafia e l’inquinamento.

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