Il costo (salato) della spazzatura: chi paga di più la Tari e perché

Le famiglie italiane spendono in media 337 euro per la Tari, ma con grandi squilibri tra Nord e Sud
18 Febbraio 2025
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Rifiuti Cestini

Ogni anno, le famiglie italiane pagano centinaia di euro per smaltire i propri rifiuti. Nel 2024, la Tari – la tassa sui rifiuti – è costata in media alle famiglie italiane ben 337,77 euro. Ma attenzione, non tutti pagano lo stesso importo: da nord a sud, il divario nei costi è enorme. Ci sono cittadini che pagano molto di più per lo stesso servizio, e in alcuni casi la bolletta dell’immondizia diventa una vera e propria batosta.

La maglia nera spetta a Pisa, dove ogni famiglia ha dovuto sborsare be 594,85 euro, il 76% in più rispetto alla media nazionale. Dietro di lei, con costi altrettanto vertiginosi, troviamo Brindisi (518 euro) e Trapani (511 euro). Il Sud, in particolare, soffre di un’incidenza altissima: nelle regioni meridionali e nelle isole, la spesa media per la Tari è di 388 euro.

Nord contro Sud

Il Nord, intanto, sorride. La città più virtuosa d’Italia è La Spezia, dove la Tari si ferma a 170 euro annui per famiglia, meno della metà rispetto alla media nazionale. A seguire troviamo Belluno (186 euro), Novara (189 euro) e Brescia (195 euro). Al Nord-Est il costo medio è di 278 euro, ben al di sotto della media italiana. Un dato che evidenzia non solo una migliore gestione del servizio, ma anche una maggiore efficienza infrastrutturale.

E nelle grandi città? Qui la situazione è variegata. Genova guida la classifica delle metropoli più costose con 508 euro all’anno, seguita da Napoli (493 euro) e Reggio Calabria (487 euro). Roma e Milano, invece, si fermano rispettivamente a 326 e 306 euro. Il dato più interessante, però, è l’incidenza della Tari sul reddito medio delle famiglie: al Sud il peso del tributo raggiunge l’1,34% del reddito netto familiare, più del doppio rispetto allo 0,64% del Nord-Est. Insomma, non solo si paga di più, ma l’impatto sulle finanze delle famiglie meridionali è nettamente maggiore.

Quando la spazzatura pesa sul portafoglio

I numeri raccontano una storia che va oltre la semplice bolletta della Tari. I costi elevati non derivano da un servizio più efficiente o da una maggiore produzione di rifiuti, ma da un sistema che in alcune parti d’Italia è inefficiente e privo delle infrastrutture necessarie per abbattere i costi di smaltimento. Lo evidenzia il dossier della Uil, che punta il dito contro un Mezzogiorno alle prese con gravi ritardi e difficoltà strutturali.

A rendere ancora più complicata la situazione c’è l’assenza di impianti moderni. Le regioni con le tariffe più alte sono anche quelle che devono spesso spedire i propri rifiuti altrove, con costi di trasporto e gestione che si riflettono direttamente sulle bollette dei cittadini. I comuni del Sud, già in difficoltà economica, si trovano quindi schiacciati da un sistema che non solo non aiuta, ma anzi complica ulteriormente la gestione dei rifiuti.

Il Pnrr e l’occasione sprecata

Se c’era un momento per cambiare le cose, quello era il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma, come sottolinea il segretario confederale della Uil, Santo Biondo, questa opportunità è stata largamente disattesa. Il settore della gestione dei rifiuti avrebbe potuto ricevere un impulso decisivo grazie ai fondi europei, ma la lentezza burocratica e la mancanza di una strategia chiara hanno lasciato il Sud in un limbo di inefficienza e sprechi.

Per la Uil serve un piano di assistenza strutturale ai comuni più in difficoltà, con task force tecniche in grado di affiancare le amministrazioni locali nella progettazione e realizzazione degli impianti. Perché, se i rifiuti rappresentano una sfida, possono anche diventare una risorsa. La raccolta differenziata e il riciclo non solo abbassano i costi, ma generano economia circolare, creando posti di lavoro e riducendo l’impatto ambientale.

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