L’estate italiana sta cambiando volto. A fronte di un turismo sempre più numeroso e meno sostenibile, molte località costiere hanno adottato misure drastiche ma necessarie: il contingentamento degli accessi alle spiagge. Si tratta di una svolta concreta e misurabile nel rapporto tra turismo e ambiente. Le spiagge a numero chiuso sono oggi realtà in diverse regioni italiane, in particolare in Sardegna e Toscana, dove alcune delle cale più note del Paese sono accessibili solo su prenotazione e a numero limitato.
L’obiettivo dichiarato è evitare il degrado ambientale, l’erosione delle dune, l’inquinamento diffuso e la congestione turistica. Le amministrazioni locali hanno stabilito tetti massimi di accessi giornalieri e introdotto piattaforme digitali per la prenotazione, a fronte spesso di un contributo simbolico. In cambio, offrono un’esperienza più ordinata e sostenibile, sia per i turisti che per gli ecosistemi costieri.
Non è una misura “emergenziale” o sperimentale: è una gestione pianificata e definitiva, che nasce da anni di pressione antropica e dagli effetti osservati in loco. C’è da dire che dove si è introdotto il numero chiuso, le spiagge si sono preservate meglio, le acque risultano più pulite e la pressione ambientale è calata drasticamente.
Così la Sardegna salva le sue spiagge
In Sardegna il numero chiuso non è più un’eccezione: è diventato la norma in molte delle spiagge più celebri e delicate dell’isola. Il caso più emblematico resta quello di Baunei, in Ogliastra, dove Cala Goloritzé, sito Unesco e spiaggia più bella del mondo, è accessibile solo con prenotazione tramite l’app “Heart of Sardinia”, a fronte di un biglietto di 7 euro. L’arenile è raggiungibile esclusivamente a piedi, attraverso un sentiero impervio di 3,5 km, oppure via mare da approdi autorizzati. Cala Mariolu, Cala dei Gabbiani e Cala Biriola seguono una logica simile, con un massimo complessivo di 700 presenze giornaliere, un contributo simbolico di 1 euro e controlli che avvengono persino via drone.
Spostandosi verso nord, anche Stintino ha imboccato da tempo questa strada. La Pelosa, una delle spiagge più iconiche dell’isola, limita l’accesso a 1.500 persone al giorno dal 15 maggio al 15 ottobre. La prenotazione è obbligatoria, così come il pagamento di 3,50 euro a ingresso (gratuito sotto i 12 anni). È previsto anche l’uso obbligatorio della stuoia sotto l’asciugamano, per non intaccare la sabbia corallina.
San Teodoro, in Gallura, ha adottato criteri altrettanto rigidi per due arenili amatissimi come Cala Brandinchi e Lu Impostu. La prima accoglie fino a 1.427 persone al giorno, la seconda oltre 3.300. Entrambe sono gestite attraverso un’app comunale che regola non solo l’accesso ma anche i parcheggi, contingentati per disincentivare afflussi incontrollati. Il costo del biglietto è fissato a 2 euro.
Nel sud dell’isola, la spiaggia di Tuerredda, nel territorio di Teulada, ammette un massimo di 1.100 presenze giornaliere, suddivise tra area libera e stabilimenti. Anche qui, l’accesso è su prenotazione, con controlli a partire dai parcheggi. Altre località stanno entrando nel sistema: è il caso di Punta Molentis e Porto Sa Ruxi, nel comune di Villasimius, dove sono previsti tetti giornalieri rispettivamente di 600 e 450 persone, con prenotazione obbligatoria tramite il sito comunale e un costo di 1 euro più parcheggio.
Anche alcune zone finora più marginali si stanno organizzando. La Rena Bianca, nel comune di Santa Teresa Gallura, ad esempio, sarà limitata a 1.500 persone al giorno durante l’estate, con un ticket d’ingresso di 3,50 euro, gratuito per i residenti. Ancora più selettivo il contingentamento per le Piscine di Cannigione, ad Arzachena, dove solo 80 persone al giorno potranno accedere, con una quota riservata ai residenti e prenotazione obbligatoria online. Cala Luna, tra Dorgali e Baunei, prevede un limite di 900 presenze giornaliere, mentre nelle aree protette di Caprera e Budelli (Cala Coticcio, Cala Brigantina, Spiaggia del Cavaliere) l’accesso è consentito solo con guide ambientali autorizzate.
Cala Violina, pioniera del numero chiuso sulla terraferma
Nel cuore della Maremma grossetana, Cala Violina rappresenta uno dei primi esperimenti di numero chiuso sulla terraferma italiana. Inserita nella Riserva Naturale delle Bandite di Scarlino, la spiaggia è raggiungibile solo a piedi o in bicicletta attraverso un sentiero di circa due chilometri. Dal 1° giugno al 30 settembre, il numero massimo di visitatori è fissato a 700 al giorno, con prenotazione obbligatoria sul portale ufficiale. Il costo d’accesso è simbolico – 1 euro per ogni adulto – ma serve a finanziare i servizi ambientali e il monitoraggio.
Le regole sono chiare: divieto di fumo, di introdurre cani (salvo guida), di usare musica amplificata e di abbandonare rifiuti. I servizi di ristoro e igiene sono dislocati fuori dall’arenile, proprio per contenere l’impatto diretto sull’ecosistema costiero. Il risultato è una spiaggia che, pur molto frequentata, ha mantenuto la sua integrità ecologica e ha visto migliorare sensibilmente la qualità ambientale negli ultimi anni.
In Campania vince l’etica
La Campania ha scelto un approccio più selettivo, puntando su un filtro culturale più che su ticket e limiti numerici rigidi. L’esempio più noto è la Baia di Ieranto, nel comune di Massa Lubrense, all’interno dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella. L’accesso, completamente gratuito, è consentito solo a piedi, attraverso un sentiero di circa 45 minuti. In estate, l’ingresso è gestito dal Fai in collaborazione con volontari e guide ambientali.
Non si paga, ma si entra solo se si è disposti a rispettare divieti precisi: niente plastica monouso, niente fumo, niente animali domestici, niente musica ad alto volume, e divieto assoluto per le imbarcazioni a motore. Nessuna struttura turistica è presente, e l’intera baia si fonda sull’idea che la bellezza si preserva anche attraverso l’essenzialità. È un modello di balneazione sobria e responsabile, che ha portato risultati tangibili in termini di pulizia, biodiversità e soddisfazione dei visitatori.
Il contagio virtuoso del numero chiuso
Sebbene Sardegna, Toscana e Campania rappresentino i modelli più strutturati di gestione a numero chiuso, altre regioni italiane stanno seguendo lo stesso percorso. In Liguria, la Baia del Silenzio a Sestri Levante è stata sottoposta per l’estate 2024 a un controllo degli accessi tramite varchi presidiati, con l’intenzione di introdurre un sistema di prenotazione digitale dal 2025. In Puglia, la splendida Baia dei Faraglioni, nel Gargano, ha limitato a soli 45 ingressi giornalieri per proteggere un contesto di rara integrità ambientale. Sempre in Puglia, anche la Grotta della Poesia è sottoposta a restrizioni stagionali, dettate soprattutto da ragioni di sicurezza e conservazione.
Esperimenti analoghi emergono anche lungo l’Adriatico: nella Baia di Portonovo, nelle Marche, si è intervenuti per regolare i flussi veicolari e pedonali nella strada di accesso, evitando il sovraffollamento del tratto costiero. In alcune località del Lazio, come Gaeta e Sperlonga, pur senza un numero chiuso ufficiale, si stanno testando misure temporanee di contenimento durante i picchi estivi, soprattutto per motivi legati alla sicurezza e alla pressione antropica.
Non tutte queste esperienze hanno ancora raggiunto la maturità dei modelli sardi o toscani, ma il segnale è chiaro: la direzione è quella di un turismo balneare più regolato, capace di conciliare accesso e conservazione.
Il modello delle spiagge contingentate
Dietro il crescente ricorso al numero chiuso c’è una domanda di fondo che interroga il nostro rapporto con il patrimonio naturale: può la bellezza essere resa accessibile senza essere compromessa? L’esperienza italiana degli ultimi anni indica che sì, è possibile – ma a condizioni ben precise.
Le spiagge contingentate rappresentano una forma di governance ambientale concreta, che non vieta l’accesso, ma lo regola. I Comuni che hanno adottato questi sistemi tracciano bilanci positivi: minore degrado, maggiore controllo, visitatori più soddisfatti. La qualità dell’esperienza turistica migliora, la pressione antropica si riduce e le entrate derivate dai sistemi di prenotazione vengono reinvestite in manutenzione, pulizia, vigilanza ambientale.
Naturalmente, esistono criticità. Il ricorso esclusivo a sistemi digitali rischia di escludere una fascia di popolazione meno tecnologicamente attrezzata. Per questo, alcuni Comuni hanno introdotto sportelli fisici, numeri telefonici o forme ibride di prenotazione che bilanciano digitale e analogico. Altro nodo riguarda il rischio che l’accesso limitato diventi un privilegio economico o sociale. Ma i costi finora imposti (in media 1–3,50 euro) sono contenuti e giustificati dall’investimento in tutela ambientale.
Il punto fermo è uno: l’epoca delle spiagge accessibili a tutti, in qualsiasi momento e senza limiti, è tramontata. Le evidenze ambientali e le proiezioni demografiche non lasciano alternative. Contingentare non è chiudere: è proteggere ciò che è ancora aperto, garantendo che il mare resti fruibile – ma con rispetto, misura e responsabilità.