Tempeste e inondazioni potrebbero spazzare via anche le bellezze culturali, storiche e artistiche dell’umanità, oltre quelle naturali: 50 siti Patrimonio Unesco in tutto il mondo sono a rischio sopravvivenza a causa del cambiamento climatico. 17 solo in Europa.
È la società Climate X, specializzata in analisi dei dati sui rischi climatici, a individuare quali luoghi potrebbero sparire sotto la mannaia di inondazioni, erosione costiera, frane, forti venti, caldo estremo, tempeste e cicloni. L’azienda ha indagato su 500 monumenti nel mondo e ha individuato i 50 più in pericolo entro il 2050, sempre che non riusciamo ad arginare in tempo il trend delle emissioni di gas serra.
Per il suo studio, Climate X ha usato algoritmi avanzati per modellare la probabilità futura di 16 diversi rischi climatici, tra cui caldo estremo, cicloni tropicali e inondazioni, in otto scenari di riscaldamento e su un orizzonte di 100 anni.
I siti in Africa, Medio Oriente e nei Paesi latinoamericani sono stati esclusi dall’analisi dato che la società non ha ancora copertura in queste regioni, mentre altri siti sono stati esclusi in base a una valutazione secondo cui non presentavano alcun rischio.
Attualmente i siti riconosciuti Patrimonio Unesco sono 1223 in 168 Paesi (952 culturali, 231 naturali e 40 misti).
Come anticipato, tra i 50 siti a rischio per il cambiamento climatico, diciassette sono in Europa, nessuno in Italia nonostante vantiamo il record di Patrimoni dell’umanità sul nostro territorio (60).
I siti europei che potrebbero sparire
In Europa il primo luogo a rischio è la ferriera svedese di Engelsberg, quarta a livello mondiale, minacciata dalle inondazioni. Si tratta di un complesso industriale per la lavorazione del ferro risalente al XVII secolo.
Al secondo posto troviamo la Grotta Chauvet-Pont d’Arc in Francia, che si colloca al sesto posto della (triste) classifica generale. Minacciata da inondazioni e frane, conserva tra i più antichi disegni figurativi dell’uomo, testimonianza del Paleolitico superiore.
Chiude il podio europeo la regione Jungfrau-Aletsch delle Alpi svizzere, un patrimonio naturale costituito dal ghiacciaio più grande d’Europa, a rischio inondazione e soggetto a un progressivo ritiro dovuto all’aumento delle temperature. Nella classifica generale è all’11° posto.
Rischio inondazione anche per il complesso industriale della miniera di carbone di Zollverein a Essen, in Germania (12° posto generale), e per Rjukan-Notodden in Norvegia (13° posto generale), composto dall’impianto industriale della Norsk Hydro che produceva fertilizzanti dall’azoto presente nell’atmosfera e dagli alloggi per gli operai nelle due cittadine.
Stessa minaccia per l’Abbazia cistercense di Fontenay in Francia (17° posto generale), che dal 1119 ne ha viste di cotte e di crude ma ora rischia di non vederne più.
Seguono la riserva naturale bulgara di Srebarna (20° posto generale), un lago d’acqua dolce che ospita quasi 100 specie di uccelli, e il delta del Danubio in Romania, ricco di biodiversità (27° posto nel mondo).
Inondazioni e tempeste sono la spada di Damocle che pendono sui centri storici medievali di Stralsund e Wismar in Germania (22° posto generale) e sui giardini acquatici dello Studley Royal Park in Inghilterra (24° posto generale)
L’arcipelago scozzese di St Kilda (45° posto generale) rischia per le inondazioni, così come il villaggio mulino di New Lanark del XVIII secolo (44° posto), dove incombe anche il pericolo di frane.
Bryggen (31° posto), storico quartiere portuale di Bergen in Norvegia, teme inondazioni costiere e siccità, mentre Provins, città delle fiere medievali (32° posto generale) nello Champagne, in Francia, deve far fronte al pericolo di inondazioni fluviali.
Infine sui fiordi norvegesi occidentali (40° posto) e sul ponte di Vizcaya in Spagna (43° posto) pende l’incubo delle inondazioni costiere mentre fa il pieno di minacce – siccità e inondazioni fluviali, superficiali e costiere – il Parco nazionale spagnolo di Doñana (33° posto generale). Al 48mo posto della classifica generale, infine, c’è Forth Bridge, ponte ferroviario a sbalzo del 1890 sul fiume Firth of Forth in Scozia.
Il resto della top 50 si divide soprattutto l’Indonesia, che ha il sito più a rischio del mondo – il sistema di irrigazione di Subak nella provincia di Bali – la Cina, l’Australia, l’Indonesia, il Giappone e l’India.
I 50 siti che rischiano di più nel mondo
Ecco la lista dei 50 siti a rischio:
• Il sistema di irrigazione di Subak nella provincia di Bali, Indonesia
• Kakadu National Park, Australia
• Quanzhou: Emporium of the World in Song-Yuan, Cina
• Stabilimento siderurgico di Engelsberg, Svezia
• Foresta di Sinharaja, Sri Lanka
• Pitture rupestri di Pont d’Arc, Francia
• West Lake Cultural Landscape of Hangzhou, Cina
• Fujian Tulou, Cina
• Miniere di Sawahlunto, Indonesia
• Himeji-jo, Giappone
• Jungfrau-Aletsch, Svizzera
• Complesso minerario di Zollverein a Essen, Germania
• Sito di archeologia industriale di Rjukan-Notodden, Norvegia
• Parco Nazionale Khangchendzonga, India
• Tempio del Sole di Konârak, India
• Rovine di Moenjodaro, Pakistan
• Abbazia di Fontenay, Francia
• Sito industriale e minerario di Meiji, Giappone
• Parco Nazionale Keoladeo, India
• Riserva naturale Srebarna, Bulgaria
• Huanglong Scenic and Historic Interest Area, Cina
• Centri storici di Stralsund e Wismar, Germania
• Sydney Opera House, Australia
• Studley Royal Park, Inghilterra
• Olympic National Park, USA
• Mount Qingcheng, Cina
• Delta del Danubio, Romania
• Komodo National Park, Indonesia
• South China Karst, Cina
• Tr’ondëk-Klondike, Canada
• Bryggen, Norvegia
• Città medievale di Provins, Francia
• Parco Nazionale Doñana, Spagna
• Red Bay Basque Whaling Station, Canada
• Antichi villaggi di Anhui, Cina
• Tombe reali della dinastia Joseon, Corea del Sud
• Sundarbans National Park, India
• Ha Long Bay – Cat Ba Archipelago, Vietnam
• Everglades National Park, USA
• Fiordi della Norvegia dell’Ovest
• Rovine di Liangzhu City, Cina
• Yin Xu, Cina
• Ponte di Vizcaya, Spagna
• New Lanark, Scozia
• Isola di Saint Kilda, Scozia
• Jongmyo Shrine, Corea del Sud
• Chiese e conventi di Goa, India
• Forth Bridge, Scozia
• Zuojiang Huashan Rock Art Cultural Landscape, Cina
• Monasteri buddhisti di Sansa, Corea del Sud
Un monito per i governi
Il senso dell’analisi è spiegato dalle parole con cui Lukky Ahmed, ceo e co-fondatore di Climate X, ha commentato i risultati: “Le nostre scoperte sono un forte avvertimento per i governi, i conservazionisti e la comunità globale affinché diano priorità alla salvaguardia del nostro pianeta, per preservare i nostri monumenti antichi e le nostre risorse e infrastrutture attuali, e per proteggere la vita oggi e in futuro”.
Infatti, ha continuato, “non è solo il nostro patrimonio passato a essere a rischio, lo è anche il nostro presente”. “Sebbene la perdita di questi tesori culturali, molti dei quali sono sopravvissuti per millenni, sarebbe ovviamente devastante, è anche fondamentale ricordare che il vero impatto sociale ed economico del cambiamento climatico si sta verificando qui e ora”, ha ricordato.