Sicilia asciutta e capre costrette a pascolare sui paesaggi aridi: quali conseguenze?

La siccità in Sicilia ha raggiunto picchi elevati. I 48 gradi nel 2021 potrebbero riverificarsi quest’estate e a rischio sono i comparti agricolo e zootecnico
1 Luglio 2024
4 minuti di lettura
Siccità in Sicilia e capre

Ogni mattina, appena sveglio, Luca Cammarata guarda il cielo nella speranza che qualche nuvola all’orizzonte porti qualche goccia d’acqua. Nella sua fattoria nell’entroterra siciliano non piove da mesi. Le 200 capre di Cammarata pascolano su un paesaggio arido che ricorda una superficie lunare, costrette a mangiare erbacce secche e a bere da uno stagno fangoso. Il 53enne non ha mai sperimentato una siccità simile. “Se le cose continuano così”, ha detto, “sarò costretto a macellare il mio bestiame e a chiudere la mia fattoria”. A raccontare la sua storia è Lorenzo Tondo, inviato italiano per il The Guardian che accende ancora una volta i riflettori su quanto sta accadendo in Sicilia.

La siccità, infatti, nella Regione, sta toccando picchi mai raggiunti prima. In Sicilia, nel 2021, si era raggiunta una temperatura da 48,8 gradi. Le precipitazioni sono diminuite di oltre il 40% dal 2003. Negli ultimi sei mesi del 2023, le piogge hanno raggiunto solo 150 millimetri. Cosa accadrà alla regione e come si sta affrontando il problema? Andiamo con ordine.

Sicilia “asciutta”

Entro il 2030, un terzo del territorio della Sicilia diventerà un deserto, paragonabile alle terre della Tunisia e della Libia – ha detto Christian Mulder, professore di ecologia ed emergenza climatica all’Università di Catania al quotidiano inglese -. L’intera fascia prospiciente il Canale di Sicilia (le acque che separano la Sicilia dall’Africa) è destinata alla desertificazione. Gli antichi arabi che un tempo abitavano l’isola avevano escogitato con successo modi per gestire l’acqua. Tuttavia, questi vecchi acquedotti non sono stati mantenuti né aggiornati. La Sicilia si trova ora ad affrontare le conseguenze concrete di decenni di cattiva gestione delle risorse idriche”.

Nel 2022, l’Istat ha riportato che la perdita idrica in Sicilia, nella fase di immissione in rete dell’acqua per usi autorizzati, è stata del 51,6% per volume di 339,7 milioni di metri cubi di acqua sprecata.

La crisi idrica nel territorio dei Comuni del Libero consorzio di Agrigento è stata al centro della riunione della Cabina di regia convocata con urgenza dal presidente della Regione Renato Schifani nelle scorse settimane. Sul tavolo, la situazione attuale nell’Agrigentino, le azioni compiute finora e la programmazione di ulteriori interventi per mitigare l’emergenza in uno dei territori siciliani più colpiti dalla siccità. Dei primi 20 milioni di euro già stanziati dal governo nazionale, la Regione ha destinato ad Agrigento circa 6 milioni per pozzi e condutture. Ma sembrano non bastare per l’intera Regione.

La Coldiretti aveva denunciato che a gravare sulla siccità ci sono gli ingenti ritardi del Governo che impediscono soluzioni lineari a lungo termine. La Sicilia è in zona rossa come Marocco e Algeria e si stima il 75% di per comparti agricolo e zootecnico.

Il Governo regionale ha stabilito di richiedere all’Unione europea e al ministero della Sovranità agricola, alimentare e forestale a causa della persistente siccità che colpisce l’Isola da circa un anno, una delle più gravi dell’ultimo cinquantennio, che venga riconosciuto uno stato d’allerta. La proposta del presidente della Regione, Renato Schifani, che al momento mantiene anche la delega di assessore all’Agricoltura, è stata approvata nella seduta di Giunta il 19 giugno, sulla base di una documentazione che evidenzia la riduzione delle risorse idriche negli invasi e un contesto generale che pone la Sicilia in ‘zona rossa’.

“Dopo avere dichiarato lo stato di calamità naturale per danni all’agricoltura il 9 febbraio e ottenuto dal Consiglio dei ministri il riconoscimento dello stato di emergenza di rilievo nazionale il 6 maggio scorso – dice il governatore Schifani -, la situazione di estrema gravità che ci troviamo ad affrontare ci impone questo ulteriore passo per sostenere le nostre aziende agricole e gli allevamenti. Il mio governo è impegnato su più fronti per contrastare la mancanza d’acqua, ma è necessario che tutte le istituzioni, comprese quelle europee, dimostrino concretamente attenzione e sensibilità per una emergenza che va affrontata in modo corale”.

Finanziamenti insufficienti

Gli interventi sulle reti irrigue nel Palermitano e nel Trapanese sono pari a quasi 19 milioni di euro. I due bandi di gare sono stati pubblicati dal Consorzio di bonifica di Palermo e da quello di Trapani. “Contro la siccità – ha spiegato il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani – interveniamo per dare risposte concrete al settore agricolo, utilizzando sino in fondo le risorse nazionali a disposizione. Dobbiamo impiegare al meglio l‘acqua disponibile e ridurre perdite e sprechi. Lavoriamo senza sosta al fianco degli imprenditori agricoli per risolvere criticità che esistono da troppo tempo, ammodernare e rendere più efficienti impianti e reti irrigue nelle nostre campagne, servire più porzioni di territorio, ridurre i consumi e garantire anche l’ambiente”.

La prima delle due gare, per un importo complessivo di 9,99 milioni oltre Iva su finanziamento del ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, riguarda l’affidamento dei lavori necessari per utilizzare integralmente le acque del serbatoio di Garcia sul fiume Belice, nel Palermitano. Si tratta del primo lotto funzionale per la manutenzione straordinaria della distribuzione irrigua del comprensorio ‘Dagale-Renelli’. Intervento necessario a causa del deterioramento delle infrastrutture esistenti, in esercizio da oltre 30 anni. Sarà ripristinata la funzionalità dell’impianto, grazie al rinnovamento delle apparecchiature elettromeccaniche di sollevamento e di altre parti di condotte e strumentazioni irrigue che servono oltre 100 ettari di terreni.

Il secondo bando, per un importo di 8,7 milioni oltre Iva, anche in questo caso su finanziamento del ministero dell’Agricoltura, mira al rifacimento della rete irrigua della conca del fiume Delia, a Mazara del Vallo, nel Trapanese. Il progetto prevede di adeguare la rete di distribuzione per ridurre le perdite e renderla più efficiente grazie all’impiego di strumentazioni di telecontrollo gestite da remoto dal Consorzio di bonifica e il rifacimento di tratti di vecchie condotte per circa 140 chilometri.

Specie animali a rischio

Il quadro appena descritto vede protagonisti Regione, Governo e bilancio in una guerra tra salute e ambiente che dovrebbe portare a un minimo di miglioramenti e alla possibilità di resistere per quest’estate. Ma le specie animali sono già a rischio. Sempre più allevatori sono costretti ad uccidere il proprio bestiame perché non sono più in grado di dissetarlo.

Tradizionalmente, l’acqua potabile nell’isola proviene da falde acquifere, strati rocciosi sotterranei saturi d’acqua, mentre l’acqua per l’agricoltura è immagazzinata in grandi cisterne costruite dopo la Seconda guerra mondiale. Entrambi i sistemi si basano sulle precipitazioni invernali sempre più scarse. Per tre decenni la manutenzione essenziale della rete di irrigazione è stata trascurata, diminuendo la capacità dei bacini idrici dell’isola.

“Una volta avevamo degli stagni artificiali che permettevano al bestiame di abbeverarsi durante il pascolo”, racconta l’allevatore Cammarata al The Guardian. “Ma a causa della siccità e delle alte temperature, tutti i piccoli stagni artificiali si sono prosciugati”.

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