Le acque europee sono ampiamente contaminate dai PFAS, gli inquinanti eterni anche noti come ‘Forever chemicals’. E per l’Italia è allarme soprattutto in alcune zone. La preoccupante situazione viene fotografata da uno studio appena pubblicato dallo European Environmental Bureau (Eeb), che presenta dati di monitoraggio delle concentrazioni di PFOS (acido perfluoroottansulfonico) nei pesci di sette Stati membri dell’Ue, confrontandoli con gli standard di qualità esistenti e quelli proposti. Il rapporto rileva che, secondo i dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), solo il 30% delle acque superficiali dell’Ue risulta in buono stato chimico. E le analisi più aggiornate mostrano che oltre metà dei fiumi e fino al 100% delle acque costiere superano i limiti di qualità annuali per il PFOS.
Queste sostanze chimiche persistenti rappresentano una grave minaccia per gli ecosistemi di acqua dolce e costieri, e duqnue per la salute umana a causa del consumo di pesce e frutti di mare.
E se l’inquinamento è diffuso, allo stesso tempo è gravemente sottostimato. Il testo infatti sottolinea la lentezza dell’attuazione delle normative europee e la necessità urgente di un’ampia restrizione dei PFAS per mitigare l’ulteriore inquinamento.
Pfas pericolosi
Le sostanze per- e polifluoroalchiliche, meglio conosciute come PFAS o “sostanze chimiche eterne”, rappresentano una delle minacce ambientali e sanitarie più gravi e sottovalutate in Europa. Persistenti, mobili e difficili da eliminare, contaminano le acque, entrano nella catena alimentare e si accumulano nell’organismo umano (e non solo), con conseguenze di lungo periodo per la biodiversità e la salute.
L’inquinamento da PFAS è già oltre i livelli di sicurezza e viene considerato irreversibile in molti ambienti naturali.
Secondo l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), la popolazione europea è esposta a livelli troppo elevati di almeno quattro PFAS (PFOA, PFNA, PFHxS e PFOS). Le stime parlano di valori fino a cinque volte superiori rispetto all’assunzione settimanale massima raccomandata, con rischi ancora più alti per bambini e neonati.
Il consumo di pesce e frutti di mare è considerato la principale via di esposizione alimentare: può arrivare a rappresentare fino al 90% dell’assunzione di PFOS.
Gli effetti sulla salute sono numerosi e documentati:
• disabilità dello sviluppo;
• cancro;
• malattie del fegato e della tiroide;
• obesità;
• problemi riproduttivi.
La situazione in Europa
Dal 2009 al 2023, i valori rilevati mostrano un quadro critico:
• Svezia e Austria: superamenti nel 40% dei casi;
• Francia: 32%;
• Spagna: 25%;
• Germania: 22%.
In tutti i Paesi analizzati, le concentrazioni superano sempre i nuovi limiti proposti dalla Commissione. In Svezia il 24% dei valori eccede di oltre 500 volte le soglie di sicurezza, percentuali simili anche in Francia, Austria e Spagna.
L’Italia: un caso emblematico
L’Italia è stata inclusa tra i sette Stati membri analizzati. Dal 2019 al 2022 sono stati raccolti 248 valori di monitoraggio, soprattutto in aree del Nord. Questi i risultati:
• nel 9,3% dei casi è stato oltrepassato il limite attuale di 9,1 µg/kg (dato tra i più bassi d’Europa). Tuttavia, il 100% dei campioni supera i nuovi limiti proposti
• la contaminazione è concentrata in un triangolo tra Bolzano, Venezia e Bologna
Le fonti di inquinamento sono lo stabilimento Miteni in Veneto, responsabile di scarichi industriali non trattati dal 1968 (con condanne a 11 ex dirigenti), le attività industriali in Alto Adige (Bolzano è ricca di industrie elettrometallurgiche e ingegneristiche, nonché di produttori di veicoli e tessuti) e in Emilia-Romagna (la regione di Bologna è nota per l’agricoltura intensiva e le industrie ingegneristiche).
Questi i corsi d’acqua più inquinati:
Fossa Monselesana, Tribano, Padova (Fiume): 69,1 µg/kg
Fiumazzo, Campagna Lupia (Fiume): 68,5 µg/kg
Tergola, Vigonza (Fiume): 41,6 µg/kg
Burana, Ostellato (Fiume): 30,82 µg/kg
Codevigo, Padova (Fiume): 27,8 µg/kg
Secchia, Quistello/Mantova (Fiume): 25 µg/kg
Panaro, Bondeno (Fiume): 17,1 µg/kg
Chiavenna, Chiavenna Landi (Fiume): 15,4 µg/kg
Po, Casalmaggiore (Fiume): 15 µg/kg
Po, Boretto (Fiume): 13,6 µg/kg
Le conseguenze dell’inazione
La diffusa contaminazione da PFOS nei pesci, decenni dopo il suo divieto, è estremamente preoccupante. Gli attuali limiti di sicurezza dell’Unione europea sono obsoleti e troppo restrittivi, non riflettendo l’effettiva portata del rischio. Ma non intervenire significherebbe:
• crollo delle popolazioni acquatiche e perdita di biodiversità
• biomagnificazione dei contaminanti lungo la catena alimentare
• rischi per la salute umana con restrizioni al consumo di pesce
• gravi danni economici per la pesca e l’esportazione
• compromissione delle aree protette, incluse quelle della rete Natura 2000.
Cosa si può fare – Le proposte dell’Ebb
Il documento indica sei azioni urgenti:
- restrizione ampia a livello Ue dei PFAS, con pochissime esenzioni
- obbligo di pubblicazione annuale dei dati di monitoraggio da parte degli Stati membri
- produzione di una valutazione a livello europea della contaminazione nei pesci costieri e d’acqua dolce
- adozione rapida di standard aggiornati nelle acque costiere e dolci e avvio del monitoraggio entro 6 mesi
- inclusione di misure specifiche nei Piani di gestione dei bacini idrografici (2028-2033), con l’obiettivo di conformarsi ai nuovi standard entro la fine del 2033
- applicazione del principio “chi inquina paga”, con tasse e obblighi di bonifica a carico delle aziende responsabili, per incentivare misure di riduzione dell’inquinamento alla fonte.
Una proposta della Commissione di un nuovo standard molto più severo – 77 ng/kg per la somma di 24 PFAS, ovvero 236 volte più restrittivo – è ferma dal 2022, e anzi gli Stati membri vogliono posticipare l’obbligo di conformità al 2039, con conseguenze irreversibili per ecosistemi, salute e economia. L’appuntamento è per il 23 settembre, quando le istituzioni europee torneranno sull’argomento.