Nell’epoca dell’overtourism e delle proteste contro i turisti, anche una delle zone più desolate (ma affascinanti) e meno facili da raggiungere del Pianeta sta per essere conquistata. A fine novembre, infatti, la Groenlandia ha visto atterrare il primo volo internazionale proveniente direttamente da Copenaghen, nel rinnovato aeroporto di Nuuk, la sua capitale.
Un volo storico, che non a caso aveva a bordo il ministro degli Esteri danese (la Groenlandia appartiene alla Danimarca) e che è stato festeggiato a suon di champagne, ma che soprattutto promette di essere il primo di una lunga serie di collegamenti anche con Islanda, Canada e Stati Uniti.
Così si augura e prevede chi pensa che il turismo porterà trasformazione e benefici a quest’aree, dove le fonti di reddito sicuramente non sono tantissime e che negli ultimi tempi stanno destando un interesse crescente proprio per il loro essere incontaminate e selvagge.
Attualmente 130mila visitatori, quasi tutti dalle navi da crociera
Attualmente visitano la Groenlandia circa 130mila persone ogni anno, e arrivarci è uno degli ostacoli maggiori: i visitatori, infatti, vengono soprattutto con navi da crociera o con voli verso aeroporti più piccoli che una volta erano basi militari Usa, come Kangerlussuaq.
Ma ora, con il volo diretto da Copenaghen e da altri Paesi, la situazione potrebbe ribaltarsi. Il nuovo scalo di Nuuk infatti è esplicitamente pensato per essere uno scalo internazionale, che gestirà 800 passeggeri all’ora, e questo prima ancora dell’apertura verso il Nord America prevista a metà 2025.
Entro giugno prossimo la United Airlines attiverà ben due tratte al giorno da New York, mentre la scandinava SAS ha in programma tre voli alla settimana dalla capitale danese, raggiungibile in meno di cinque ore.
Jens Lauridsen, ad della società di gestione degli aeroporti groenlandesi, prevede un incremento del turismo e dell’economia locale: ogni volo, si calcola, potrebbe portare alla Groenlandia circa 200mila dollari.
Ma anche se sarà davvero così, a che prezzo avverrà questo sviluppo?
Il prezzo dello sviluppo
A un caro prezzo, soprattutto a livello ambientale, con conseguenze da una parte prevedibilissime, dall’altra tutte da scoprire. A partire dallo scioglimento dei ghiacci fino all’impatto sui fragili ecosistemi locali, già messi a dura prova dal riscaldamento globale, e fino ai problemi relativi alla costruzione di tutta una serie di infrastrutture per gli spostamenti – in Groenlandia ci sono poche strade, nessuna ferrovia – e per la ricezione. Se il turismo si allarga a una platea più ampia, infatti, si dovrà garantire a queste persone un certo livello di comfort, anche perché, immaginiamo, non si tratterà di un turismo alla buona.
Anche la gestione di una presenza più massiccia di turisti, e delle conseguenze del loro passaggio in termini di rifiuti e risorse necessarie, è tutta da capire.
Intanto, per mettere a tacere le voci contrarie dei cittadini – e ce ne sono –, il governo ha approvato una legge, che entrerà in vigore a gennaio, che prevede la classificazione dell’area in zone verdi, gialle e rosse, limitando l’accesso a quelle ‘ad alta sensibilità’. Con lo scopo proprio di proteggere l’ecosistema, il patrimonio culturale e i tradizionali terreni di caccia. Basterà?
E mentre gli studiosi avvisano che le stime già drammatiche sui livelli di fusione della calotta glaciale della Groenlandia potrebbero essere state sottostimate, i piani per lo sfruttamento turistico dell’area sono ben più ampi di così, comprendendo anche la costruzione di due ulteriori aeroporti: uno a Qaqortoq, a Sud della capitale, e un altro a Ilulissat, a Nord.
Il che apre anche ad altre preoccupazioni, quelle legate all’immigrazione incontrollata. Un altro problema a cui nemmeno la Groenlandia sembra più immune.
Ma la sfida più grande sarà per il Paese quella di non perdere la propria identità, culturale e ambientale. Con una popolazione di meno di 57mila abitanti, la Groenlandia reggerà l’impatto dell’overtourism?