Meduse, Caravelle portoghesi e nuovi arrivi nei nostri mari: estate a rischio sulle coste europee

Le conseguenze biologiche dell’innalzamento delle temperature marine sono sempre più evidenti
5 Agosto 2025
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Caravella Portoghese
Caravella portoghese (Adnkronos)

In un’estate in cui le spiagge del sud-ovest della Francia chiudono a causa di creature marine potenzialmente letali e i soccorritori italiani fanno i conti con ondate di segnalazioni di punture di meduse, una cosa è chiara: il mare non è più quello di una volta. Mentre bagnanti, turisti e residenti si affollano sulle coste mediterranee e atlantiche, sempre più spesso devono fare i conti con ospiti inaspettati – velenosi, urticanti o semplicemente fuori posto. E dietro ogni comparsa insolita si cela un cambiamento profondo, strutturale, del nostro rapporto con il mare e delle condizioni climatiche che ne regolano la vita.

La minaccia della Caravella portoghese

La scena si è ripetuta lungo le spiagge di Biarritz, Anglet, Bidart e Seignosse: bandiere rosse issate, turisti dirottati sugli scogli, soccorritori mobilitati e accessi vietati. Il motivo? La presenza della Physalia physalis, conosciuta come Caravella portoghese. È un animale planctonico che assomiglia a una medusa, ma non lo è: si tratta in realtà di un sifonoforo, un organismo composto da più individui interdipendenti. Il suo aspetto è inconfondibile: una vescica galleggiante azzurro-violacea che si gonfia come una vela e lunghi tentacoli che possono superare i 20 metri.

Negli ultimi giorni di luglio 2025, le autorità francesi hanno disposto la chiusura preventiva di diverse spiagge, tra cui Pavillon Royal, Ilbarritz, Erretegia e La Milady. A Seignosse, nel dipartimento delle Landes, anche le spiagge di Le Penon e l’Agréou sono state temporaneamente interdette. Alcune aree sono state riaperte dopo l’allontanamento delle Caravelle, ma i prefetti locali hanno chiarito che ulteriori chiusure potrebbero essere decise a seconda dell’evoluzione del fenomeno.

Il problema non è solo la presenza dell’animale, ma la pericolosità del suo veleno. La Physalia può causare reazioni che vanno dalla semplice irritazione cutanea a crisi respiratorie, vomito, spasmi muscolari e, in rari casi, reazioni anafilattiche fatali. Il suo potere urticante resta attivo anche dopo la morte: una carcassa abbandonata sulla battigia può comunque provocare gravi conseguenze. Le autorità locali hanno chiesto ai visitatori di non toccare mai l’animale a mani nude e di contattare immediatamente i soccorsi in caso di avvistamento o puntura.

A preoccupare è anche il contesto climatico in cui questi avvistamenti avvengono. Sebbene la Physalia sia tipicamente diffusa in acque tropicali e subtropicali, la sua presenza lungo le coste atlantiche europee è diventata più frequente. Alcuni esperti legano questi avvistamenti al riscaldamento degli oceani: “Le temperature più elevate modificano le correnti e possono portare specie esotiche in aree dove prima non riuscivano a sopravvivere”, spiegano fonti scientifiche internazionali. Questo potrebbe rendere la presenza delle Caravelle portoghesi un fenomeno non più occasionale, ma ciclico.

Le meduse nel Mediterraneo

Nel Mediterraneo, il fenomeno assume una forma diversa ma non meno preoccupante. L’estate 2024 ha segnato un picco nelle segnalazioni di punture di meduse sulle coste spagnole: su 11 spiagge catalane, il 43% degli incidenti balneari estivi era legato a incontri ravvicinati con questi animali gelatinosi. Dati preoccupanti, che si inseriscono in un trend già noto agli studiosi: quello delle jellyfish bloom, ovvero proliferazioni improvvise e massicce di meduse in determinate aree marine.

Queste “fioriture” possono portare alla concentrazione di centinaia di migliaia di esemplari in uno stesso tratto di mare, con conseguenze dirette su turismo, pesca e salute pubblica. Le cause sono molteplici. La prima è il cambiamento climatico, che rende le acque più calde e favorevoli alla sopravvivenza e riproduzione delle meduse. La seconda è l’impatto umano sugli equilibri marini: l’overfishing, ad esempio, riduce i predatori naturali delle meduse (come i tonni e alcune tartarughe) e toglie competitori per il cibo.

A fare il punto per l’Adnkronos è Ferdinando Boero, zoologo e ricercatore dell’Istituto Cnr-Ias: “Le meduse possono essere erratiche. Non è detto che ogni anno ci sia una proliferazione. Dipende da variabili ambientali, dalle correnti, dalla disponibilità di cibo. La più comune nel Mediterraneo è la Pelagia noctiluca, molto urticante, che può arrivare in superficie risalendo i canyon marini”.

Le segnalazioni arrivano ovunque: Sicilia, Calabria, Eolie, Adriatico. Ma non si tratta solo di “nostrane”. In alcune zone, come il Canale di Suez, il fenomeno assume una dimensione più ampia: “Nel Mediterraneo orientale è stata avvistata la Rhopilema nomadica, una specie tropicale che può danneggiare le apparecchiature dei dissalatori, se risucchiata in massa”, spiega Boero. L’ingresso di nuove specie attraverso correnti e passaggi artificiali, come il Canale di Suez, apre un altro fronte: quello delle “specie aliene”, che colonizzano ambienti nuovi e spesso vulnerabili.

Cosa fare in caso di contatto

L’approccio dei bagnanti, spesso disinformato, aggrava i rischi. In caso di puntura da medusa – o da Caravella portoghese – molte persone ricorrono a rimedi fai-da-te che possono peggiorare la situazione. I medici sconsigliano categoricamente di lavare la zona con acqua dolce, strofinare la pelle o applicare sabbia. Anche l’uso di alcol o ammoniaca è fortemente sconsigliato. Secondo le indicazioni ufficiali delle autorità francesi e italiane, l’unica procedura corretta è:

  • lavare l’area colpita con acqua di mare (non dolce);
  • utilizzare una tessera rigida (tipo carta di credito) per raschiare via eventuali residui urticanti;
  • non toccare i tentacoli con le mani nude;
  • cercare assistenza medica, soprattutto in caso di sintomi gravi come difficoltà respiratorie, vomito o spasmi muscolari.

In ogni caso, è fondamentale non sottovalutare il contatto con questi animali, anche se sembrano innocui o morti. “Le meduse spiaggiate restano urticanti”, ribadisce Boero. E anche toccarle per curiosità o “liberare” la spiaggia può essere un rischio.

Per chi vuole evitare del tutto i contatti indesiderati, l’alternativa è adottare abbigliamento protettivo durante il bagno – come magliette o costumi integrali – già comune in molte zone dell’Asia e dell’Oceania. Una misura preventiva ancora poco diffusa in Europa, ma potenzialmente utile.

Le specie tropicali che si stabiliscono nel Mediterraneo

Il caso delle meduse non è isolato. Il riscaldamento dei mari e le modifiche agli ecosistemi stanno favorendo l’arrivo e la stabilizzazione di nuove specie, molte delle quali potenzialmente pericolose. È il caso del pesce leone (Pterois), specie velenosa originaria dell’Indo-Pacifico, oggi stabilmente presente nel Mediterraneo orientale. Oppure del Lagocephalus sceleratus, un pesce palla tossico la cui presenza è documentata nel Canale di Suez, in Grecia, a Cipro e anche lungo alcune coste italiane.

“Sono specie che fuggono da condizioni ambientali deteriorate nei loro mari di origine – spiega Boero – e trovano nel Mediterraneo una zona “rifugio”. Si tratta, a tutti gli effetti, di rifugiati climatici”. Il concetto, mutuato dal linguaggio delle migrazioni umane, fotografa bene la dinamica in atto: pesci, meduse e altri organismi lasciano le aree diventate invivibili per colonizzare mari più caldi, meno salati o meno competitivi.

Il fenomeno non è solo biologico, ma economico e sanitario. Alcuni di questi animali sono tossici se ingeriti, altri possono compromettere intere attività economiche, come la pesca o la balneazione. Eppure, la risposta istituzionale è spesso lenta o frammentaria. Le strategie adottate oscillano tra la prevenzione (campagne di informazione), la gestione dell’impatto (monitoraggio e chiusura temporanea delle spiagge), e in alcuni casi il tentativo di trasformare il problema in risorsa: c’è chi propone di utilizzare le meduse in campo alimentare, cosmetico o farmaceutico. Ma resta la necessità di una governance più chiara.

Come sottolinea Boero: “Il mare non è una piscina. È un ecosistema vivo, complesso, popolato da centinaia di specie. Alcune pungono, altre sono velenose, ma tutte svolgono un ruolo nella biodiversità”. Un concetto non più solo scientifico o culturale: dal 2022, la Costituzione italiana tutela esplicitamente “l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi” (art. 9), anche nell’interesse delle future generazioni.

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