In Europa si coltiva un tipo di ananas unico: ecco dove e quanto tempo serve per raccogliere il frutto

Un ananas fuori scala, una serra in pieno Atlantico e un modello agricolo che va in controtendenza
1 Agosto 2025
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Ananas Frutti
Ananás dos Açores-São Miguel DOP (Adnkronos)

Qui, un frutto tropicale cresce in due anni, senza clima tropicale. Niente foreste umide o monsoni. Solo serre in vetro, terra vulcanica e tecniche agricole ottocentesche, perfezionate come un orologio da laboratorio. Siamo alle Azzorre, nel cuore dell’Atlantico, precisamente a São Miguel, dove si coltiva l’unico ananas certificato dop d’Europa. Un sistema produttivo lento, costoso, artigianale. E proprio per questo competitivo. Perché il vero lusso, in agricoltura come nel mercato, non è l’abbondanza: è la singolarità.

Dove la terra vulcanica scalda l’ananas

In aperta campagna vicino a Ponta Delgada, le serre dell’Azorean Pineapple Plantation – nota anche come “Arruda” – ospitano una coltivazione che, a prima vista, sembra antistorica. Il vetro bianco e opaco delle serre, strutture basse e uniformi, protegge centinaia di piante disposte su letti di coltura chiamati camas quentes. Si tratta di substrati composti da foglie, segatura, scarti vegetali e terra riciclata: un letto biologico autoriscaldante, senza alcun apporto esterno di energia. Il ciclo produttivo è diviso in fasi. I tocas, ovvero gli impianti iniziali, sono piccole serre dove la temperatura viene mantenuta attorno ai 30 °C. Successivamente, le piante vengono trapiantate in serre più ampie, dove si raggiungono anche i 50 °C. L’aria viene regolata manualmente attraverso finestrelle e portelli.

A metà ciclo – fra il 13° e il 18° mese – interviene un elemento inaspettato: il fumo. Foglie di banano vengono bruciate lentamente in contenitori metallici, generando etilene. L’intera serra viene chiusa e saturata di fumo per oltre 72 ore. Il risultato: la fioritura si sincronizza, permettendo una maturazione simultanea. È una tecnica agricola tradizionale, oggi rara in Europa, che qui si applica ancora con metodi manuali. Ogni pianta produce un solo frutto: la resa è bassa, il controllo è costante. In media, ogni ananas pesa tra 900 grammi e 1,5 chili. Ha forma cilindrica, polpa traslucida, sapore agro-dolce con punte aromatiche che ricordano miele e vaniglia. È un frutto che non tollera fretta: dalla piantina alla raccolta passano 20–24 mesi. Un’anomalia nel mercato globale dell’ananas, dove i coltivatori costaricani raccolgono in meno di 10 mesi. Ma questa lentezza è la sua forza.

Dalle arance all’ananas: la rinascita agricola delle Azzorre

L’ananas azzorriano non nasce da una strategia tropicale. Nasce da un collasso. A metà del XIX secolo, le Azzorre esportavano arance in tutto il mondo. Quando un’infezione batterica colpì le piantagioni, il sistema agricolo crollò nel giro di pochi anni. Gli agronomi dell’epoca cercarono alternative. Fu allora che alcune famiglie iniziarono a coltivare piante di ananas importate dal Brasile. Inizialmente, la coltura era ornamentale. Solo più tardi – intorno al 1864 – si capì che poteva avere valore commerciale. Nel 1874, si contavano già oltre 17mila frutti esportati ogni anno verso Londra. L’ananas diventò un prodotto di lusso nei mercati europei, con prezzi che superavano di 10 volte quelli delle varietà coloniali. La crescita continuò: nel 1913 le esportazioni azzorriane superavano i 2 milioni di frutti.

Tuttavia, fu solo nel 1996 che l’Unione Europea riconobbe la DOP “Ananás dos Açores – São Miguel”. Questo marchio ha rappresentato uno spartiacque: qualità certificata, tracciabilità e accesso prioritario a fondi europei. Oggi la produzione annuale è contenuta – tra 700 e 1.200 tonnellate, equivalenti a circa 2 milioni di ananas – ma ogni frutto viene venduto a un prezzo 3–5 volte superiore rispetto alle varietà comuni. Un ananas dop può superare i 6 euro al dettaglio. Un prodotto di nicchia, certo, ma strategicamente posizionato per turismo, trasformazione ed export selezionato. Un esempio raro di come una crisi agronomica ottocentesca si sia trasformata in un sistema produttivo resiliente, radicato e, soprattutto, redditizio.

Quanto costa davvero un frutto di ananas delle Azzorre  

Coltivare ananas alle Azzorre non è solo impegnativo: è costoso. Ogni pianta richiede oltre un anno e mezzo di attenzioni, irrigazioni quotidiane, controlli costanti di temperatura, ventilazione e umidità. Il sistema di “camas quentes” deve essere ricostruito dopo ogni raccolto. Tutto viene fatto a mano. Non esistono macchinari automatizzati compatibili con la struttura delle serre. Il personale agricolo lavora in condizioni semi-tropicali, con tassi di umidità superiori all’80%.

Il risultato è una resa per ettaro estremamente bassa: circa 33.000–45.000 piante per ettaro, con un solo frutto per pianta. In confronto, le piantagioni intensive in America Latina superano i 60mila frutti per ettaro all’anno. Eppure, grazie alla certificazione dop e all’inserimento nei programmi europei Posei e Feader, la filiera azzorriana è riuscita a resistere. I fondi hanno consentito il restauro di numerose serre storiche, l’installazione di impianti di irrigazione a basso consumo e la creazione di micro-hub turistici integrati. La cooperativa Profrutos, attiva dal 1972, coordina oggi circa il 70% dei produttori, garantendo standard di qualità e accesso centralizzato ai sussidi. La trasformazione è parte integrante del modello economico: oltre al frutto fresco, si vendono succhi, marmellate, liquori, gelati, birra d’ananas. Tra i derivati più richiesti c’è anche il tè all’ananas, una miscela aromatizzata prodotta localmente. Non a caso, sull’isola si trova un’altra piantagione agricola rara: Chá Gorreana, attiva dal 1883, è una delle pochissime realtà europee a coltivare e lavorare tè verde e nero su scala commerciale. Il fatturato complessivo del comparto, secondo stime locali, si aggira tra i 6 e i 9 milioni di euro annui, di cui circa il 60% derivante da attività collaterali come turismo e vendita diretta. Una nicchia che, paradossalmente, è più stabile e remunerativa di molte colture intensive.

Ananas, turismo e identità

Oggi, chi visita São Miguel finisce quasi inevitabilmente dentro una serra di ananas. L’Azorean Pineapple Plantation è diventata una delle mete turistiche più fotografate dell’isola. Ogni anno attira oltre 150mila visitatori, in gran parte provenienti da Stati Uniti, Germania e Spagna, attratti tanto dalla peculiarità della coltura quanto dalla possibilità di osservare da vicino un sistema agricolo fuori scala. Il sito è visitabile gratuitamente e include spazi per la vendita diretta e la degustazione di prodotti trasformati. La coltivazione dell’ananas è diventata così anche una leva economica indiretta, capace di generare occupazione legata all’indotto: accoglienza, vendita, confezionamento e trasformazione. Il valore economico della filiera non si misura soltanto nella produzione agricola in senso stretto, ma nella capacità di concentrare su un singolo frutto una narrazione territoriale spendibile, sia sul piano turistico che commerciale. Anche per questo motivo, la filiera viene considerata un esempio concreto di agricoltura ad alta identità e bassa replicabilità.

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