Chi aveva tirato un sospiro di sollievo quando Luiz Inácio Lula da Silva ha vinto le elezioni in Brasile a inizio 2023, pensando che la distruzione della foresta amazzonica portata avanti dal precedente presidente Jair Bolsonaro fosse un ricordo, sta di nuovo trattenendo il fiato.
Il presidente, infatti, la scorsa settimana ha fatto sapere che il governo federale darà priorità alla consegna “definitiva” della BR-319, l’autostrada che collega Porto Velho e Manau, in pratica la principale connessione tra gli stati di Amazonas e Roraima con il resto del Paese.
Un’infrastruttura con molti problemi
Un’infrastruttura problematica, basti pensare che la sua costruzione iniziò nel 1973 sotto il governo militare e non fu mai completata. E soprattutto che l’arteria taglierebbe in due il polmone verde del pianeta, la foresta amazzonica, che continua a non trovare pace nemmeno sotto chi dovrebbe garantirle protezione.
Ma già nel dicembre 2023 la camera bassa del Congresso brasiliano ha approvato un disegno di legge che definisce la BR-319 un’”infrastruttura critica, indispensabile per la sicurezza nazionale, che richiede la garanzia della sua percorribilità”, e quindi punta a rimetterla a posto.
L’autostrada, lunga 870 chilometri, in realtà esiste già, ma come detto ha diversi problemi: intanto è da mettere a posto: diventata presto impraticabile, nel 2008 vennero avviati i primi lavori per la sua riparazione, ma rimane complicata da percorrere. Soprattutto non è completa: 400 km inutilizzati separano i due tronconi funzionanti e l’intenzione del governo è quella di ‘chiudere il cerchio’ costruendo il cosiddetto ‘tratto centrale’, a prescindere dall’impatto che potrebbe avere sulla foresta amazzonica.
Un equilibrio complicato tra sviluppo economico e protezione della foresta pluviale
D’altronde la BR-319 rappresenta un’alternativa importante ai voli aerei e alla navigazione fluviale, messa sempre più in forse dalla siccità che abbassa il livello dei fiumi e li rende impraticabili alla navigazione. Il trasporto su trada, dunque, diventa un mezzo per affrancarsi dall’indigenza.
Si tratta in sostanza di trovare un equilibrio complicato tra le esigenze di sviluppo economico – una sirena molto invitante per i 35 milioni di abitanti dello Stato Amazonas, la stragrande maggior parte dei quali in condizioni di povertà – e le esigenze di protezione e conservazione della foresta pluviale.
Proprio per cercare di prevenire la deforestazione, lungo il percorso della autostrada sono state create delle aree protette, ma l’esperienza di un’analoga arteria, la BR-364, non rende molto ottimisti. Così come gli studi, che indicano che il 95% della deforestazione nella foresta amazzonica “avviene entro 3,4 miglia da una carreggiata”. In altre parole, il disastro inizia sempre in prossimità di nuove strade, e da lì si espande.
Il problema della BR-319 è che attraversa un’area incontaminata della foresta pluviale, che in questo modo diventerebbe accessibile allo sfruttamento, con pesanti conseguenze per la sua stessa esistenza.
A dimostrazione dei problemi connessi a questa infrastruttura, i lavori sulla strada sono stati sospesi dalla fine di luglio di quest’anno, a seguito di una decisione della Corte Federale dell’Amazzonia proprio per la mancanza di controllo sulla deforestazione.
La visita di Lula: “Prendiamo sul serio la lotta a siccità, deforestazione e incendi”
C’è da dire che Lula, parlando agli abitanti di Manaquiri, non ha indicato scadenze, ma ha ‘solo’ proposto un dialogo tra politici e ministri per trovare una soluzione, come riporta Cnn Brasil.
La sua visita si inserisce nel più ampio viaggio in Amazonas, dove il presidente ha anche affrontato il tema siccità, annunciando un pacchetto di misure, tra cui lavori di dragaggio, di manutenzione, lo scavo di pozzi, la distribuzione di filtri per l’acqua.
“La nostra venuta qui con i ministri significa prendere molto sul serio la necessità di combattere la siccità, la deforestazione e gli incendi. Ovviamente non controlliamo tutto, ma sappiamo che in Brasile molti incendi sono intenzionali. Vengono bruciati su proprietà private”.
Ma come sta messa la foresta amazzonica, già tartassata da Bolsonaro (e non solo)?
Amazzonia a rischio
La foresta pluviale amazzonica è la più grande del mondo, con i suoi 3mln di km 2 di estensione, ed è anche quella con la maggiore biodiversità. Appartiene a nove Stati, ma il 60% è in Brasile. Secondo gli scienziati, assorbe circa 2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, il principale responsabile del riscaldamento globale, e ha un ruolo fondamentale nel rilascio nell’atmosfera di vapore acqueo, e dunque nel ciclo delle piogge.
C’è un ulteriore aspetto da considerare: oltre un terzo della foresta pluviale amazzonica è formalmente riconosciuta come territorio indigeno, per un totale di più di 3.344 territori, ma lo sfruttamento dell’area colpisce i loro diritti: questi popoli spesso vengono sfollati e costretti a spostarsi.
L’Amazzonia è minacciata da molti fenomeni: deforestazione, siccità e incendi – nei primi mesi dell’anno il 90% degli incendi di tutto il Brasile ha riguardato proprio questa regione.
Secondo i calcoli degli scienziati la deforestazione del polmone verde della Terra è al 16%, un dato che non deve tranquillizzare, perché se il trend continua si arriverà rapidamente al punto critico, che per gli studiosi è al 40% e potrebbe essere raggiunto già nel 2064.
Superato il punto di non ritorno, potrebbe verificarsi una savanizzazione o una desertificazione su larga scala, con conseguenze catastrofiche per il clima globale. Ma per molti esperti già se andasse distrutto un quinto della foresta, il resto potrebbe rapidamente degradarsi in un ecosistema di erbe adattate al fuoco e alberi arbustivi, in poche parole in un ecosistema completamente differente.
Lo sfruttamento della regione
La causa principale della deforestazione è l’allevamento di bovini, perché per ricavare terre da pascolo i proprietari degli animali appiccano gli incendi, rendendosi responsabili dell’80% di tutta la deforestazione nella regione. Ma ci sono anche i piccoli coltivatori che appiccano fuochi per l’agricoltura di sussistenza e i produttori di legname.
Proprio per le attività di sfruttamento economico della regione, sostenute da Jair Bolsonaro durante la sua presidenza tra il 2019 e il 2023, il tasso di deforestazione nell’Amazzonia era molto aumentato. Il fatto che Bolsonaro sia favorevole anche al completamento della BR-319 non rassicura sull’impatto che ciò potrà avere sull’ambiente.
Intanto va sottolineato come nei primi 9 mesi del 2023 il tasso di deforestazione sia diminuito del 49,5% a causa della politica del governo di Lula e degli aiuti internazionali. All’inizio della sua seconda presidenza infatti Lula ha firmato un pacchetto di 7 ordini esecutivi e ha ripristinato il Fondo Amazon da 1,2 miliardi di dollari di fatto dismesso dal predecessore, allo stesso tempo andando nella direzione del rispetto dei diritti dei popoli indigeni.
Ora però qualcosa sembra cambiato, forse nella ricerca di un – difficilissimo – equilibrio tra protezione della foresta e sviluppo economico.
Il piano di infrastrutture regionali del Sud America
L’intenzione di finire la BR-319 infatti è la punta dell’iceberg dei problemi che l’Amazzonia potrebbe dover fronteggiare, perché si inserisce nel progetto IIRSA (Iniziativa per l’integrazione delle infrastrutture regionali del Sud America), un piano di sviluppo per collegare le economie del Sud America attraverso nuovi progetti nei settori dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni.
Sul piatto ci sono reti autostradali, ma anche interventi su corsi d’acqua, dighe idroelettriche e collegamenti di telecomunicazione, in particolare nelle regioni remote e isolate, per consentire maggiori scambi commerciali e creare una comunità di nazioni sudamericane. L’iniziativa, lanciata alla fine del 2000, coinvolge i 12 paesi del Sud America.
Se il fine è lo sviluppo economico, il prezzo però è quello dei diritti dei popoli indigeni e della distruzione della foresta amazzonica. Quest’ultimo aspetto in particolare, secondo gli scienziati, avrebbe effetti di portata planetaria: devastazione degli ecosistemi, perdita di vita terrestre e di acqua dolce, aumento del riscaldamento globale, ma anche sui servizi ecosistemici, sulle industrie e sulla vita delle comunità che vivono.
In Brasile, il progetto IIRSA è iniziato già con la presidenza di Dilma Rousseff, vicina a Lula, durante la quale infatti si era registrato un aumento della deforestazione, non da ultimo perché costruire la diga di Belo Monte ha richiesto il taglio del 5% dell’area del Parco nazionale dell’Amazzonia.
E mentre Lula ha dichiarato che l’autostrada BR-319 sarà terminata “in modo responsabile” e sostenibile, gli scienziati lanciano l’allarme. Lucas Ferrante, biologo e ricercatore presso l’Università di San Paolo e l’Università Federale di Amazonas, ripreso dalla stampa mondiale, ha affermato in modo molto netto: “Se la BR-319 verrà asfaltata ci sarà la più grande perdita di biodiversità mai vista nella nostra epoca, sarà come aprire il vaso di Pandora che, oltre ad accelerare il cambiamento climatico globale, aumenterà la trasmissione di malattie immagazzinate nella foresta”.