Bere molta acqua, non uscire nelle ore più calde, ripararsi. Sono alcune delle regole base anti-calore che sentiamo ripeterci ogni estate da decenni. La cosa strana è che ora devono farci i conti anche in Alaska. Il Paese nordamericano, noto per i ghiacci (ricade in parte nel circolo polare artico) ha infatti diramato per la prima volta nella storia un’allerta meteo per il caldo.
L’allarme, relativo a “temperature tra i 29 e 31 gradi Celsius, interessa le regioni interne dell’Alaska centrale e nord-orientale, inclusi i comprensori delle città di Tanana, Fairbanks, Fort Yukon ed Eagle”, avvisa il National Weather Service, il servizio meteorologico americano. Fairbanks, la seconda città più popolosa dello Stato, domenica scorsa ha raggiunto i 30 gradi, e nei prossimi giorni sono previsti 28 gradi. Per fare un confronto, pensiamo che durante l’estate la temperatura media di Anchorage è intorno ai 18 °C, nelle aree interne circa 20 e nel North Slope (la zona artica ) sotto i 6.
La popolazione non è preparata
Va detto che la situazione non è del tutto nuova: nel 2024 due volte si era saliti sopra i 32 gradi e nel 2019 ci fu un’ondata di caldo anomalo, con temperature dai 20 ai 30 gradi sopra la media in alcune località e con il record dei 32,2 gradi di Anchorage. Il tutto protratto per diversi giorni.
Il problema però è la tendenza. E quella è molto chiara: la Terra si sta riscaldando, anche e soprattutto in aree critiche come i poli o il Mediterraneo. E l’Alaska, secondo il Fourth National Climate Assessment, si sta riscaldando a una velocità doppia rispetto alla media globale.
DI conseguenza il NWS ha deciso di lasciare da parte i da bollettini meteorologici speciali che già diramava e di passare a una vera e propria allerta caldo. Un cambio nella sua comunicazione che ha l’obiettivo di far “prendere coscienza” alla popolazione di come stanno cambiando le cose: queste temperature sono e saranno sempre meno rare, ma le persone non sono assolutamente preparate per farvi fronte. Ad esempio, in Alaska ventilatori e condizionatori non sono molto usati, mentre le case sono fatte per trattenere il calore il più possibile.
“La nostra regione sarà interessata da un’ondata di caldo anomalo. Le persone, non abituate a queste temperature insolitamente elevate, potrebbero presentare sintomi legati a colpi di calore. Prendete le necessarie precauzioni”, ha fatto sapere il NWS.
E se ci viene da sorridere, pensando che metteremmo la firma per avere 28 gradi, e che tutto sommato accetteremmo pure i 32, va considerato che anche temperature che noi definiremmo gradevoli possono essere dannose per chi non abituato.
“Permettetemi di stroncare preventivamente chiunque dica che sotto i 27° C non si può parlare di vero caldo. Come abitanti dell’Alaska, non giudichiamo gli Stati più a sud di noi che si bloccano per cinque centimetri di neve. Ogni posto è costruito per un determinato clima”, ha scritto su Bluesky Brian Brettschneider, un climatologo che vive e lavora nello Stato più settentrionale degli Usa.
Le conseguenze
Il caldo anomalo porta con sé diverse conseguenze. Oltre all’allerta caldo, infatti, in settimana il NWS ha diramato un altro avviso, sul rischio che lo scioglimento di nevi e ghiacciai possa “causare l’esondazione di fiumi e torrenti”, come d’altronde è già successo.
Un altro problema, emerso chiaramente durante l’ondata di caldo anomalo del 2019, è l’aumento degli incendi, alimentati dalla siccità che accompagna le temperature eccezionalmente elevate. Tanto che, nella prima metà di luglio di quell’anno, erano già bruciati quasi 650mila ettari di boschi (dati dell’Alaska Interagency Coordination Center).
In questi casi le conseguenze non si limitano alla perdita delle foreste: i fumi degli incendi raggiunono i centri abitati, l’aria diventa irrespirabile ed è impossibile aprire le finestre per rinfrescarsi.
Non è finita qui. Lo scioglimento dei ghiacci marini può contribuire all’acidificazione degli oceani e portare a un aumento delle mareggiate, delle inondazioni e dell’erosione delle coste. Alcune comunità hanno già dovuto trasferirsi, sottolinea la National Oceanic and Atmospheric Administration. Gli animali non se la passano meglio: estati calde e habitat sconvolti mettono a rischio mammiferi marini, pesci e granchi.
Secondo le stime del National Climate Assessment, il costo del riscaldamento globale per l’Alaska sarà compreso tra 3 e 6 miliardi di dollari tra il 2008 e il 2030.
I piani di Trump per l’Alaska
Il presidente Usa Donald Trump probabilmente non sarà molto impressionato da questi cambiamenti, anzi forse intravede nuove opportunità di business. Le sue intenzioni per l’Alaska sono molto chiare: trivellare ed estrarre minerali critici, gas e petrolio. È notizia di inizio giugno l’avvio delle procedure per la revoca delle protezioni federali su milioni di ettari di territori incontaminati nello Stato, proprio per consentire alle aziende di combustibili fossili di operare.
Il suo predecessore Joe Biden aveva imposto un divieto quasi totale alle trivellazioni, ma il tycoon intende stracciarlo in nome dell’approccio ‘Drill, Baby, Drill (‘to drill’ significa trivellare)’, che ha finito per indicare una politica energetica poco attenta alle questioni ambientali.
Non sembra possa venire dall’attuale esecutivo americano, dunque, un argine per i cambiamenti climatici, mentre il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre, con una temperatura globale media che ha raggiunto 15,10° C – 0,72 al di sopra della media 1991-2020. In Alaska, la temperatura media annua è aumentata di 1,2°C rispetto ai livelli pre-industriali (dati NOAA).
Una vecchia battuta da manuale di marketing diceva che il bravo venditore è quello che riesce a piazzare un frigorifero a un eschimese, ma, al ritmo a cui si scalda l’Alaska, presto diventerà normale amministrazione.