“L’acqua dolce sta scomparendo”: l’allarme degli scienziati

Falde acquifere abusate, è come se ogni anno sparisse due volte la California
8 Agosto 2025
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Crisi Acqua Dolce Canva
Fiume in secca e terreno siccitoso

Immaginate la California che scompare sotto i vostri occhi. Poi immaginate che accada di nuovo, nello stesso anno. È questa la velocità con cui la Terra sta perdendo le sue riserve di acqua dolce: 1,2 milioni di chilometri quadrati all’anno, una superficie doppia rispetto al Golden State che ogni dodici mesi si trasforma da umida in arida.

È la drammatica realtà documentata da uno studio dell’Arizona State University (Asu), pubblicato su Science Advances che rivela una crisi idrica globale senza precedenti dopo aver analizzato i dati satellitari per ventidue anni. I numeri parlano chiaro: il 75% della popolazione mondiale vive in Paesi che stanno perdendo acqua dolce. Quasi 6 miliardi di persone che ogni giorno vedono le loro riserve idriche assottigliarsi, spesso senza rendersene conto se non quando è troppo tardi.

Crisi dell’acqua dolce, la rottura nel 2015

Il momento di rottura è avvenuto tra il 2014 e il 2015, quando i livelli di acqua dolce nel mondo sono crollati e non si sono più ripresi. Un deficit di 1.200 chilometri cubici rispetto agli anni precedenti: abbastanza acqua per riempire il Lago di Como duecentoquaranta volte.

“Queste scoperte inviano forse il messaggio più allarmante di sempre sull’impatto del cambiamento climatico sulle nostre risorse idriche”, avverte Jay Famiglietti, principale autore dello studio e professore di Global Futures presso la Asu School of Sustainability.

Ma cosa sta provocando questa grave crisi idrica? A spiegarlo è lo stesso Famiglietti: “Le conseguenze del continuo sfruttamento eccessivo delle falde acquifere potrebbero compromettere la sicurezza alimentare e idrica di miliardi di persone in tutto il mondo”, spiega il professore aggiungendo che “I continenti si stanno prosciugando, la disponibilità di acqua dolce si sta riducendo e l’innalzamento del livello del mare sta accelerando”.

Il nodo delle falde acquifere

La scoperta più inquietante dello studio riguarda le falde acquifere sotterranee, che rappresentano il 68% di tutta l’acqua dolce che stiamo perdendo.

Nel Bacino del Colorado, cuore agricolo dell’America occidentale, le falde hanno perso trentaquattro chilometri cubici d’acqua dal 2003: il doppio di tutta l’acqua scomparsa dai famosi laghi Mead e Powell messi insieme.

È come se stessimo svuotando un conto in banca accumulato in migliaia di anni, senza pensare al fatto che non potremo mai più riempirlo. Alla base di questa incoscienza c’è un aspetto pratico, che inganna la percezione del problema: se a prosciugarsi è un lago o un fiume, lo notiamo a vista d’occhio, ma se la perdita avviene sotto i nostri piedi, ovvero nelle falde acquifere sotterranee, è invisibile al nostro sguardo. Questa dinamica ha portato la crisi dell’acqua dolce vicino a un punto di non ritorno.

Questa acqua “fossile”, pompata dalle profondità terrestri, finisce negli oceani contribuendo all’innalzamento del livello del mare più dei ghiacciai dell’Alaska o della Groenlandia.

Perché l’acqua dolce sta scomparendo

La principale causa dello svuotamento delle falde è il pompaggio diretto per uso umano: irrigazione agricola, approvvigionamento urbano e processi industriali. Quando pompiamo l’acqua da pozzi profondi centinaia di metri, stiamo aspirando riserve accumulate in migliaia di anni.

Quest’acqua, una volta estratta, entra nel ciclo idrologico superficiale: viene usata per irrigare campi (e poi evapora nell’atmosfera), finisce nelle reti urbane (e poi viene scaricata nei fiumi), oppure viene utilizzata nei processi industriali (e poi rilasciata come refluo).

La tempesta perfetta del cambiamento climatico

Il cambiamento climatico ha un ruolo determinante nella “scomparsa” dell’acqua potabile. Temperature più alte significano evaporazione accelerata, siccità più intense e nevicate ridotte – tre fattori che insieme stanno prosciugando i continenti. In Europa, le siccità estreme degli ultimi anni non sono episodi isolati ma parte di una tendenza planetaria che ci coinvolge direttamente. La siccità in Sicilia del 2024, con i suoi invasi quasi vuoti e le restrizioni idriche, è lo specchio di quello che sta accadendo dalla Spagna alla Turchia, dal Marocco all’Iran.

Ma c’è di più: durante le siccità, l’agricoltura pompa ancora più acqua dalle falde per salvare i raccolti, innescando un ciclo vizioso di deplezione. Più fa caldo e secco, più pompiamo. Più pompiamo, meno acqua abbiamo per la prossima siccità. Un gioco al massacro che non può durare.

Dove finisce l’acqua “perduta”

Una parte significativa di quest’acqua estratta dalle falde finisce direttamente negli oceani, contribuendo all’innalzamento del livello del mare e trasformandosi in acqua non potabile. Un paradosso drammatico: mentre le coste si allagano, i continenti si prosciugano.

Un’altra parte evapora nell’atmosfera, ma le precipitazioni che ne derivano spesso cadono sugli oceani o in aree dove non possono ricaricare le stesse falde da cui l’acqua è stata estratta. Il risultato netto è una perdita permanente per i continenti. Le falde si ricaricano naturalmente attraverso l’infiltrazione di pioggia e neve sciolta, ma questo processo richiede decenni o secoli. La velocità con cui utilizziamo acqua dolce supera di gran lunga i tempi di ricarica naturale delle falde.

Inoltre, l’aumento delle temperature accelera l’evaporazione, riducendo la quantità d’acqua disponibile per l’infiltrazione. I periodi di siccità, sempre più intensi e frequenti, si traducono in meno pioggia per ricaricare le falde, mentre il pompaggio aumenta.

L’effetto domino della subsidenza, un danno fisico irreversibile

C’è anche un danno fisico irreversibile: quando le falde si svuotano, il terreno soprastante si compatta e affonda. Questo fenomeno, chiamato subsidenza, rende impossibile alla falda di tornare alla sua capienza originale, anche se dovesse ricaricarsi. È quello che sta accadendo in città come Città del Messico, Bangkok e in alcune aree della California. In sostanza, stiamo trasformando quest’acqua da risorsa stabile e locale in flusso temporaneo e globale, senza la possibilità di rigenerazione nei tempi utili alla civiltà umana.

Quattro mega-deserti in espansione

I ricercatori dell’Arizona State University hanno scoperto, inoltre, che la siccità non colpisce più a macchia di leopardo, ma si sta concentrando in quattro macro-regioni che stanno diventando sistematicamente più aride:

  • Il primo corridoio parte dall’Alaska e attraversa il Canada settentrionale, dove il permafrost si scioglie liberando acqua che evapora invece di ricaricare le falde;
  • il secondo copre la Russia settentrionale, con dinamiche simili a quello visto prima;
  • Il terzo unisce il sud-ovest degli Stati Uniti al Centro America, dove l’agricoltura intensiva ha creato una dipendenza mortale dalle acque sotterranee;
  • Il quarto corridoio è quello che preoccupa di più: una cintura continua di aridità che parte dal Nordafrica, attraversa l’Europa meridionale, il Medio Oriente, l’Asia centrale e arriva fino alla Cina settentrionale. È qui che vive gran parte dell’umanità, ed è qui che la crisi idrica potrebbe innescare migrazioni di massa più di quanto stia già facendo.

Le possibili soluzioni

La soluzione esiste, ma passa da un cambiamento culturale nel modo in cui gestiamo l’acqua. Lo studio sottolinea che non possiamo più permetterci di trattare le falde come se fossero pozzi infiniti. Serve una regolamentazione globale del prelievo sotterraneo, con monitoraggio satellitare e limiti vincolanti.

In agricoltura, alcune possibili soluzioni sono l’irrigazione di precisione e le colture resistenti alla siccità. Le città, sottolineano i ricercatori, devono investire massicciamente nel riuso delle acque reflue e nella ricarica gestita delle falde durante i periodi umidi.

Il tempo scorre veloce, più dell’acqua sotto i nostri piedi. Ogni anno che passa senza azioni concrete è un anno in cui perdiamo un territorio grande due volte la California.

Serve l’impegno di tutti, ‘all-hands-on-deck’, dice Famiglietti, “servono azioni immediate sulla sicurezza idrica globale”. Perché quando finirà l’acqua dolce, non ci saranno più seconde possibilità.

La Terra ci sta mandando un messaggio inequivocabile attraverso i suoi satelliti. Sta a noi decidere se ascoltarlo prima che sia troppo tardi.

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