C’è qualcosa di sovversivo nel semplice atto di camminare. Siamo così abituati a muoverci con un obiettivo chiaro in mente, che raramente ci soffermiamo a pensare al potere trasformativo del passo dopo passo. Eppure, camminare non è solo un’attività fisica, ma un atto culturale, sociale e persino politico. Plasmiamo e interpretiamo lo spazio urbano mentre lo attraversiamo, e nel farlo diamo forma alla città stessa. Ma quanto sono davvero camminabili le nostre città? E cosa significa davvero “camminare” oggi? Su queste domande si concentra il progetto WALC – Walking Landscapes of Urban Cultures, protagonista del Transdisciplinary Colloquium organizzato dall’Università di Milano-Bicocca. Un’iniziativa che non si limita a un dibattito accademico, ma che porta i partecipanti a sperimentare in prima persona il significato del camminare.
La città a misura di passo: utopia o necessità?
Quando pensiamo alla città moderna, ci vengono in mente strade congestionate, trasporti pubblici affollati e tragitti da percorrere in velocità. Il pedone è spesso un elemento secondario, un intralcio nel fluire del traffico. Eppure, il concetto di “città camminabile” sta guadagnando terreno nel dibattito urbanistico. Ma cosa rende una città realmente percorribile a piedi? Non si tratta solo di marciapiedi ben tenuti o di zone pedonali, ma di una vera e propria rivoluzione culturale nel modo di progettare lo spazio urbano. WALC si pone proprio l’obiettivo di esplorare queste dinamiche, studiando come il camminare possa ridefinire il nostro rapporto con la città.
Secondo il professor Luca Daconto, coordinatore del progetto, la walkability non si limita a un discorso infrastrutturale. “Le città non sono neutrali: camminare è un atto che può essere più o meno accessibile a seconda del contesto sociale, culturale ed economico” spiega. Ecco perché uno degli aspetti centrali della ricerca è comprendere come l’esperienza del camminare cambi in base a fattori come il genere, l’età o la disabilità. In un mondo sempre più orientato alla rapidità, dove la lentezza è vista come un lusso o un ostacolo, la camminabilità diventa un indicatore di inclusività e qualità della vita urbana.
Camminare per vedere, camminare per capire
C’è chi racconta la città con le parole, e chi lo fa con i propri passi. Uno degli aspetti più affascinanti del progetto WALC è la sua dimensione narrativa. Camminare non è solo spostarsi, ma è un modo per leggere e scrivere la città. L’Università di Bologna, partner del progetto, si concentra proprio su questa relazione tra camminare e scrittura, analizzando testi letterari in cui il paesaggio urbano diventa protagonista. Il risultato? Una mappa della città inedita, costruita attraverso le parole degli scrittori.
E non è tutto: grazie alla collaborazione con Wu Ming 2, verranno organizzati laboratori di “scrittura in cammino”, aperti a tutti. Un’opportunità per esplorare Milano con occhi nuovi, riscoprendo storie e dettagli nascosti che solo chi si muove a piedi può cogliere. Il progetto non si limita a una rielaborazione intellettuale: camminare diventa un atto di riscrittura dello spazio urbano, un modo per riappropriarsi delle strade e costruire nuove connessioni tra le persone e i luoghi.
Se il camminare può essere considerato una forma di lettura urbana, è anche un potente strumento di indagine sociale. L’Università di Padova, altro partner di WALC, esplora questa prospettiva attraverso l’arte e la performance. Le camminate possono trasformarsi in vere e proprie azioni artistiche, capaci di ridefinire il modo in cui percepiamo lo spazio pubblico. Dai graffiti ai flash mob, dalle installazioni temporanee alle performance di strada, le città diventano tele viventi su cui lasciare il segno.
Ma non finisce qui: il progetto prevede anche delle “camminate esplorative”, veri e propri urban audit in cui si raccolgono dati sulla qualità della camminabilità urbana. Questo approccio è particolarmente rilevante per il quartiere Bicocca, focus principale dell’unità di ricerca milanese. “Non esiste un pedone universale”, sottolinea Daconto, “e il nostro lavoro punta a raccogliere informazioni su come diverse categorie di persone vivono l’esperienza del camminare in città”.
Uno degli strumenti più innovativi sviluppati dal progetto è il Walking Living Atlas, una sorta di atlante interattivo che raccoglie immagini, suoni, storie e dati sulle esperienze di cammino nei contesti urbani. Un archivio vivo e in continua evoluzione, pensato non solo per studiosi e urbanisti, ma per chiunque voglia esplorare la città attraverso il filtro dell’esperienza diretta.
WALC non è solo un progetto di ricerca, ma un’opportunità per ripensare le città in chiave più inclusiva e sostenibile. I dati raccolti non rimarranno chiusi nei cassetti dell’accademia, ma verranno messi a disposizione di urbanisti, amministratori e cittadini per progettare spazi urbani più a misura di persona. Camminare è un atto politico, un gesto di resistenza alla velocità imposta dal mondo moderno, un modo per riappropriarsi della città e renderla più umana. E forse, in un’epoca dominata dalla frenesia, la vera rivoluzione è proprio questa: rallentare, osservare, camminare.