Quattordici nuove miniere per ridurre la dipendenza italiana dall’estero nel cruciale settore della tecnologia. È questo l’obiettivo del Programma nazionale di esplorazione mineraria (Pne) che, lungo lo Stivale, ha individuato altrettanti punti strategici per il rifornimento di terre tare e degli altri minerali indispensabili per lo sviluppo tecnologico.
A volte il tesoro è proprio sotto i nostri occhi, ma serve cambiare prospettiva: Europa e Italia hanno dovuto farle dopo essersi scoperte dipendenti da Mosca per le forniture di gas (e non solo) e dalla Cina per i “metalli preziosi”.
L’Italia ha settantasei miniere attive ma solo da ventidue vengono estraggono materie prime strategiche. Il Pne può cambiare questa proporzione e trasformare il Paese in un hub manifatturiero per batterie e magneti permanenti. La gigafactory di Teverola aspetta litio italiano, i porti di Genova e Livorno possono diventare gateway europei per i concentrati metallici.
Oggi importiamo il 98% del litio e il 95% delle terre rare dalla Cina. Domani, se anche solo tre di questi giacimenti si rivelassero economicamente sfruttabili, potremmo tagliare del 20% l’import di fluorite e del 10% quello di litio entro il 2035.
Litio, terre rare, tungsteno dalle Alpi alla Sardegna: la posta in gioco è enorme.
Miniere italiane: dove si trovano e cosa nascondono
Dal 1995 nessuno aveva più guardato sistematicamente nel sottosuolo italiano con sguardo interessato. Nel frattempo, altri Paesi vicini hanno continuato l’esplorazione e ora il tempo è diventato un nemico per l’Italia. La finestra di opportunità fissata da Bruxelles si chiude nel 2030. O l’Italia si muove adesso, con governance trasparente e tecnologie pulite, o resterà spettatrice di una rivoluzione che ha tutti gli ingredienti per vincere.
Il Pne, con 3,5 milioni di euro e 400 geologi mobilitati, cambia rotta e individua quattordici aree-bersaglio distribuite su tutta la penisola, ognuna con il suo potenziale.
Ecco quali sono.
Nord Italia: l’eredità alpina
- Alpi meridionali (Lombardia-Trentino): fluorite e terre rare nei filoni abbandonati negli anni Novanta;
- Finero (Val Vigezzo): platinoidi e cromo nel complesso ultrabasico mai sondato sistematicamente;
- Valli Chisone-Germanasca: grafite di qualità dalle ex miniere chiuse nel 1975.
Centro Italia: il cuore geotermico
- Larderello (Pisa-Siena): litio nelle salamoie geotermiche con concentrazioni fino a 400 mg/L;
- Colline metallifere (Grosseto): antimonio e magnesite dai giacimenti sospesi nel 1986;
- Latera-Bracciano (Lazio): fluorite e terre rare nei sistemi vulcanici.
Sud e isole: la miniera d’Europa
- Funtana Raminosa (Sardegna): tungsteno e rame negli skarn a scheelite;
- Sila (Calabria): venti milioni di tonnellate di grafite metamorfica;
- Valle del Cixerri (Sardegna): porfidi rame-molibdeno-oro simili a quelli cileni
“Miniere sostenibili”: scavare senza distruggere

Il nuovo corso italiano punta su tecnologie non invasive che ribaltano l’approccio tradizionale delle miniere, riducendo al minimo l’impatto ambientale:
- Radiografia muonica: tomografie della crosta terrestre senza un solo buco nel terreno;
- Droni magnetometrici: mappature aeree ad alta risoluzione;
- Intelligenza artificiale: algoritmi che processano 3.016 archivi storici per individuare con precisione i pattern nascosti.
Le fasi dell’operazione
Il rilevamento delle miniere nei quattordici siti indicati nel Pne passerà attraverso tre fasi:
- 2025-2026: solo telerilevamento e geochimica di superficie;
- 2026-2028: carotaggi mirati sotto i 300 metri, previa valutazione ambientale;
- 2028-2030: stima definitiva delle risorse e fattibilità economica.
Cosa prevede il Critical Raw Materials Act dell’Ue
Il Critical Raw Materials Act non perdona ritardi. Entro il 2030 l’Europa deve estrarre in casa il 10% delle materie prime strategiche e lavorarne il 40%. La Germania ha già mappato 50 siti per il litio, la Francia ha riaperto le miniere di tungsteno.
L’Italia parte indietro ma con significative opportunità inesplorate. Maria Siclari, direttrice Ispra, ricorda: “Senza certificare il nostro potenziale geologico non attrarremo mai gli investimenti per la raffinazione europea”.
Non tutto è semplice. Il database Gemma censisce 150 milioni di metri cubi di scarti minerari da gestire. Ogni nuovo permesso dovrà includere piani di ricomposizione morfologica e monitoraggio delle acque per trent’anni. Le comunità locali vogliono garanzie, non promesse.
L’alternativa è restare ostaggi di catene di fornitura controllate da regimi autoritari mentre l’economia verde decolla altrove. La strada è chiara: chi controlla i metalli della transizione controlla il futuro energetico.
Dalle vette del Piemonte ai graniti della Barbagia, il sottosuolo italiano custodisce più di minerali: custodisce la possibilità di una sovranità industriale finalmente adulta proprio nell’era in cui torna attuale il protezionismo economico.