Parli, pensi e agisci in funzione del tuo lavoro anche al bar con gli amici? Potresti soffrire di Workaholism, letteralmente “sindrome da ubriacatura da lavoro“.
Il termine nasce nel ’71 da Wayne Oates medico-psicologo, noto per la pubblicazione di “Confessions of workaholics: the facts about work addiction” nel quale si parlava del comportamento del workaholic come “molto simile a quello di un alcolista”.
Ma più semplicemente lo si può definire come “lavoro compulsivo”, una dipendenza caratterizzata da un attaccamento eccessivo al lavoro, che porta a trascurare altri aspetti importanti della vita, come relazioni personali e benessere psicofisico e che comporta disturbi ossessivi compulsivi, nei peggiori dei casi.
Questa condizione è spesso accompagnata da un senso di inadeguatezza e dall’ossessione di raggiungere obiettivi professionali, a tal punto che l’individuo fatica a staccarsi dal lavoro anche durante i momenti di relax. A monitorare la dimensione del fenomeno è uno studio del 2023 condotto da Gallup secondo il quale circa il 28% dei lavoratori a livello globale si identifica come workaholic, un aumento significativo rispetto al 22% del 2019.
Quando si sviluppa e come?
Il workaholism può svilupparsi in diverse fasi della vita lavorativa, ma è particolarmente comune nei giovani professionisti e in chi ricopre posizioni di alta responsabilità. Spesso è alimentato da fattori esterni, come la pressione aziendale, la cultura del “lavorare sempre” e la competizione tra colleghi.
Anche l’era digitale ha contribuito a questa tendenza, poiché la connessione costante attraverso smartphone e computer ha reso difficile staccare completamente dal lavoro. Secondo un’indagine del 2022 condotta da LinkedIn, il 61% dei lavoratori ha dichiarato di sentirsi costantemente “in servizio” a causa della tecnologia.
Non è un caso che, dopo la pandemia e il modo in cui essa ha influenzato il lavoro, si sia tornati a parlare di diritto alla disconnessione, cioè il diritto di staccare le comunicazioni una volta messo piede fuori dal luogo di lavoro e lo stesso, vale anche per lo smart working.
Chi colpisce di più e perché
Il workaholism colpisce trasversalmente tutte le categorie professionali, ma alcuni settori sono particolarmente vulnerabili. Professionisti in ambito finanziario, legale e tecnologico sono più suscettibili a questa dipendenza, a causa delle elevate aspettative e della competitività intrinseca.
Inoltre, le persone con una bassa autostima o che cercano di compensare insoddisfazioni personali tramite il lavoro possono sviluppare questa condizione in modo più marcato. Recenti statistiche rivelano che il 35% dei manager si sente schiacciato dalla pressione del lavoro, un dato che evidenzia l’importanza di affrontare questo fenomeno nelle organizzazioni.
Come riconoscere se si è dipendenti dal lavoro
I sintomi del workaholism possono variare da persona a persona. Sia l’American Psychological Association, sia lavori di psicologi di prestigio come Bryan Robinson, autore di “Chained to the Desk”, hanno discusso dettagliatamente la dipendenza dal lavoro e i suoi effetti. Ci sono alcuni segni comuni che possono indicare questa condizione:
- Negligenza delle relazioni personali: trascurare amici e familiari a favore del lavoro, spesso giustificando la mancanza di tempo.
- Difficoltà a staccarsi dal lavoro: sentirsi in colpa o ansiosi quando si cerca di prendere una pausa o di non rispondere a e-mail e messaggi di lavoro.
- Sindrome dell’impostore: costante insoddisfazione nei propri risultati e paura di non essere all’altezza, portando a un lavoro ancora più intenso.
- Stress e affaticamento: sentirsi spesso stanchi, stressati o esauriti, ma continuare a lavorare senza pause.
- Diminuzione della produttività: paradossalmente, lavorare troppe ore può portare a una riduzione dell’efficienza e della qualità del lavoro.
- Sintomi fisici: mal di testa, tensione muscolare, problemi gastrointestinali o altri disturbi fisici legati allo stress.
- Uso del lavoro come fuga: utilizzare il lavoro come mezzo per evitare di affrontare problemi personali o emotivi.
- Difficoltà a pianificare il tempo libero: incapacità di programmare o godere del tempo libero, sentendosi sempre “in dovere” di lavorare.
La conseguenza massima di questo tipo di lavoro è il burnout, cioè la condizione per la quale ci si avvicina a quello che comunemente viene definito “esaurimento nervoso” e che può comportare problemi di salute fisica o mentale.
Come si cura?
La cura del workaholism richiede un approccio multifattoriale. In primo luogo, è fondamentale riconoscere il problema e cercare supporto, che può includere terapia individuale o di gruppo. Tecniche di gestione dello stress, come la meditazione e il mindfulness, possono aiutare a riequilibrare il rapporto con il lavoro.
Le aziende, d’altra parte, possono svolgere un ruolo cruciale implementando politiche di work-life balance, promuovendo una cultura del rispetto dei tempi di riposo e incoraggiando la salute mentale. Un sondaggio del 2023 ha rivelato che le aziende che promuovono attivamente il benessere dei dipendenti registrano una riduzione del 30% di casi di workaholism.
In conclusione, il workaholism rappresenta una sfida significativa nel contesto lavorativo contemporaneo. Riconoscerlo e affrontarlo è essenziale per garantire non solo il benessere individuale, ma anche la produttività e la sostenibilità delle organizzazioni nel lungo termine.