Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che introduce una tassa di 100mila dollari per ogni richiesta di visto H-1B, il permesso di lavoro destinato ai professionisti stranieri altamente qualificati. La misura rappresenta uno dei più drastici interventi mai adottati contro l’immigrazione legale di talenti da quando il tycoon è tornato alla Casa Bianca.
La rivoluzione dei visti H-1B
La nuova imposta rende di fatto impossibile entrare negli States per i lavoratori altamente qualificati. Fino a oggi, ottenere un visto H-1B costava appena 995 dollari: 215 dollari per registrarsi alla lotteria più 780 dollari per le aziende che sponsorizzano il candidato. Con l’ordine esecutivo di Trump, il costo schizza a 100mila dollari per ogni singola applicazione, un aumento di oltre il diecimila per centro.
“O una persona è molto preziosa per l’azienda e per l’America, oppure se ne andrà”, ha dichiarato Howard Lutnick, segretario al Commercio, giustificando la stretta con un linguaggio che non lascia spazio a interpretazioni. L’amministrazione prevede entrate aggiuntive fino a 100 miliardi di dollari dalle nuove tasse sui visti.
Chi paga il prezzo più alto
L’India è il Paese più colpito dalla riforma. I cittadini indiani rappresentano circa tre quarti dei beneficiari dei visti H-1B, con decine di migliaia di ingegneri, programmatori e scienziati che ogni anno attraversano l’oceano per lavorare nella Silicon Valley. La stretta rischia di esacerbare ulteriormente i rapporti già tesi tra Washington e New Delhi, già deteriorati dai maxi-dazi imposti da Trump per gli acquisti di petrolio russo.
Le aziende della Silicon Valley, che per decenni hanno fatto affidamento sui talenti stranieri per alimentare l’innovazione, dovranno ripensare completamente le loro strategie di reclutamento. Per la maggior parte delle aziende, spendere 100mila dollari per assumere un lavoratore straniero fa la differenza tra la sopravvivenza e il fallimento.
Il sogno americano si è infranto?
La supertassa crea un cortocircuito con la storia dell’economia americana.
Gli Usa, infatti, hanno costruito la propria supremazia tecnologica anche grazie ai cervelli di persone immigrate: da Sergey Brin di Google a Elon Musk di Tesla, molti dei protagonisti della rivoluzione digitale sono nati altrove. Ora, con la nuova tassa sui visti, il Paese rischia di spingere i talenti verso concorrenti come la Cina o l’Europa.
Un meccanismo simile si sta verificando già al livello accademico, dopo l’offensiva trumpiana nei confronti degli atenei della Ivy League.
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La supertassa divide il mondo imprenditoriale americano. Se da un lato alcuni sostenitori dell’”America First” applaudono la protezione dei lavoratori nazionali, dall’altro le multinazionali tecnologiche temono di perdere competitività sui mercati globali. Il futuro dell’innovazione americana dipenderà dalla capacità del sistema educativo nazionale di sostituire i talenti stranieri con quelli autoctoni.
Le conseguenze economiche
La misura è entrata in vigore lo scorso 21 settembre e si applicherà alle nuove richieste, senza efficacia retroattiva.
Lo choc è evidente: molte aziende stanno già rivalutando i loro piani di assunzione, mentre i candidati stranieri considerano destinazioni alternative come il Canada o l’Unione Europea.
La stretta sui visti H-1B si inserisce in una più ampia strategia di Trump per ridisegnare il sistema migratorio americano.
…E il sistema delle “carte dorate”
Parallelamente alla tassa sui visti H-1B, Trump ha lanciato il sistema delle “Trump Gold Card”, visti accelerati per immigrati facoltosi disposti a investire almeno un milione di dollari negli Stati Uniti. L’amministrazione repubblicana sta sviluppando anche una “Platinum Card” da 5 milioni di dollari, che permetterebbe ai cittadini stranieri di rimanere negli Usa per 270 giorni senza pagare tasse sui redditi prodotti all’estero.
Questa doppia strategia rivela con chiarezza l’approccio trumpiano all’immigrazione: chiudere le porte ai talenti della classe media globale, aprirle spalancate ai super-ricchi. “Smettiamo di portare gente da fuori che ci ruba i posti di lavoro”, ha dichiarato il segretario al Commercio Lutnick, sintetizzando la filosofia “America First” applicata al mercato del lavoro qualificato.