Lo stipendio dei Ceo supera di 110 volte quello dei lavoratori: il gap “osceno” rilevato dall’Etuc

Lo studio dell’European trade union institute sulle principali aziende europee invoca un cambio di rotta
22 Gennaio 2025
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Gap Salariale Canva

I Ceo delle grandi aziende europee ricevono stipendi 110 volte superiori rispetto a quelli dei lavoratori. A rivelarlo è un’analisi dell’European trade union institute (Etuc), dove si evidenziano le conseguenze di questa differenza che il segretario generale della confederazione europea dei sindacati (Ces), Esther Lynch, ha definito “oscena”.

Stipendi Ceo, stipendi lavoratori

Per Lynch la differenza di retribuzione tra Ceo e dipendenti “dimostra che abbiamo urgente bisogno di riequilibrare l’economia, aumentando il numero di lavoratori che beneficiano di salari contrattati collettivamente. Una retribuzione più equa stimolerebbe la competitività, aiutando a porre fine alla carenza di manodopera in Europa e garantire che più denaro torni nell’economia anziché essere accumulato in conti offshore”.

Uno studio condotto dall’Istituto Sindacale Europeo (ETUI) ha confermato la tesi del sindacalista: c’è una chiara correlazione tra bassi salari e carenza di manodopera in Europa. L’analisi (pubblicata nel 2023) ha coinvolto 22 dei 27 Paesi europei rivelando che i settori con maggiori difficoltà nel reclutamento offrono retribuzioni inferiori del 9% rispetto a quelli meno colpiti dalla carenza di personale.

Non a caso, in 13 dei 22 Stati membri analizzati, i settori che hanno registrato un aumento più significativo della carenza di manodopera tra il 2019 e il 2022 sono anche quelli caratterizzati da salari più bassi. I maggiori divari retributivi tra i settori con gli aumenti più alti e più bassi della carenza di manodopera sono stati riscontrati in Italia (€ 4,17 l’ora), Lussemburgo (€ 4,16), Germania (€ 3,26), Paesi Bassi (€ 2,49) e Grecia (€ 1,51).

Questi dati suggeriscono che la bassa retribuzione è uno dei principali fattori che contribuiscono alle sfide di reclutamento in Europa. Per affrontare efficacemente la carenza di manodopera, è fondamentale che i datori di lavoro migliorino le condizioni salariali e lavorative, rendendo così le posizioni più attraenti per i potenziali dipendenti.

Come rilevato dall’analisi dell’European trade union institute non si sta andando in questa direzione.

Quanto guadagna un Ceo

Tra 1.571.000 euro e bonus fino al 200% dello stipendio, nel 2024 i Ceo delle prime cento aziende europee hanno ricevuto una retribuzione media di 4.147.440 euro rispetto a 37.863 euro per un lavoratore a tempo pieno.

In questo contesto, il Ces sottolinea l’urgenza di aumentare il numero di lavoratori coperti da contratti collettivi di lavoro, che, dati alla mano, hanno aumentato la qualità dei posti di lavoro e di ridurre le disuguaglianze di ricchezza. La confederazione europea dei sindacati confida in Bruxelles e nella direttiva sul salario minimo approvata nel 2022 che obbliga i Paesi a legiferare sul tema a partire da quest’anno.

La direttiva sul salario minimo

Entrata in vigore nel 2022, questa normativa mira a garantire condizioni di vita e lavoro dignitose per tutti i lavoratori, non solo tramite la definizione di salari minimi adeguati, ma anche attraverso la promozione della contrattazione collettiva. Nel 2025, gli Stati membri sono chiamati a compiere un passo concreto presentando un piano d’azione dettagliato.

Obiettivi della direttiva sul salario minimo

La normativa stabilisce alcune linee guida per rafforzare la tutela dei lavoratori:

  • Piani nazionali d’azione: gli Stati membri devono definire entro quest’anno strategie chiare per promuovere e ampliare la contrattazione collettiva, garantendo che almeno l’80% della forza lavoro sia coperto da accordi collettivi;
  • Condizioni per salari minimi adeguati: i Ventisette devono monitorare regolarmente il costo della vita e le dinamiche del mercato del lavoro per garantire che il salario minimo non sia inferiore a standard che assicurino un’esistenza dignitosa;
  • Contrastare il lavoro precario: la direttiva sottolinea l’importanza di promuovere pratiche lavorative stabili e la parità di trattamento per i lavoratori impiegati in contesti vulnerabili, come le piattaforme digitali. Sul tema l’Ue è intervenuta anche con un’apposita direttiva che impedisce lo sfruttamento dei rider e di altre categorie di lavoratori.

Il ruolo della contrattazione collettiva

La contrattazione collettiva è riconosciuta come uno degli strumenti più efficaci per ridurre le disuguaglianze salariali e migliorare le condizioni lavorative soprattutto in Paesi come Lituania, Estonia o Ungheria dove i contratti collettivi coprono circa un quinto dei rapporti di lavoro totali.

Con questa direttiva, l’Ue vuole ridurre le disparità, non imponendo un salario minimo unico europeo, ma favorendo una negoziazione su vasta scala che rafforzi i diritti dei lavoratori.

La proposta della Ces: appalti pubblici per aziende virtuose

Alla luce del grosso divario salariale tra Ceo e lavoratori, la Ces ha chiesto che la revisione delle direttive sugli appalti pubblici includa criteri rigorosi per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori. In particolare, la confederazione chiede che solo le aziende che rispettano i diritti di contrattazione collettiva abbiano accesso alle gare d’appalto. Questo servirebbe a stimolare le imprese a trattare i propri dipendenti in linea con gli standard Ue.

La condizione per ricevere fondi pubblici, specifica la Ces, non dovrebbe limitarsi al rispetto di regole ambientali, ma includere il rispetto dei diritti dei lavoratori anche al di là della retribuzione.

Non mancano però le difficoltà legate all’attuazione. Alcuni Stati membri, come l’Ungheria e la Polonia, che tradizionalmente hanno un basso livello di copertura contrattuale e una politica meno attenta ai diritti dei lavoratori, potrebbero ostacolare il processo di adeguamento dei salari minimi. Inoltre, il legame tra appalti pubblici e rispetto dei diritti collettivi potrebbe essere percepito da alcune aziende come un ostacolo alla competitività.

Intanto, i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sono sempre più poveri (e non per merito).

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