Oltre 2,4 miliardi di lavoratori sono esposti a temperature eccessive in tutto il mondo, con oltre 22,85 milioni di infortuni sul lavoro ogni anno collegati allo stress da calore.
L’allarme arriva in seguito alla frequenza e l’intensità degli eventi di calore estremo degli ultimi mesi, con rischi maggiori per la salute dei lavoratori. Ma non solo: la produttività diminuisce del 2-3% per ogni grado superiore ai 20 °C. Mentre i rischi per la salute includono colpi di calore, disidratazione, disfunzioni renali e disturbi neurologici, tutti fattori che compromettono la salute e la sicurezza economica a lungo termine.
L’allarme caldo dall’Organizzazione mondiale della sanità
Un nuovo rapporto congiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha redatto le linee guida ‘Cambiamento climatico e stress da calore sul posto di lavoro’, risultato di 50 anni di ricerche che hanno dimostrato che la salute e la produttività dei lavoratori sono gravemente compromesse dall’aumento delle temperature.
Con temperature diurne superiori a 40 °C e persino superiori a 50 °C sempre più comuni, secondo Oms e Omm diventa necessaria un’azione immediata per affrontare lo stress da calore sui lavoratori in tutto il mondo. “Lo stress da calore sul lavoro è una sfida sociale globale, non più limitata ai paesi situati vicino all’Equatore, come dimostra la recente ondata di calore in Europa“, ha affermato il vicesegretario generale dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, Ko Barrett. “La protezione dei lavoratori dal caldo estremo non è solo un imperativo sanitario, ma una necessità economica”.
Le proposte
Le due organizzazioni chiedono quindi l’attuazione di piani d’azione contro il caldo sul lavoro, adattati a settori e regioni specifici e sviluppati in collaborazione con datori di lavoro, lavoratori, sindacati ed esperti di sanità pubblica.
Le linee guida contenute nel rapporto includono azioni quali:
- politiche sanitarie sul lavoro in materia di calore con piani e avvisi personalizzati che tengano conto delle condizioni meteorologiche locali, dei lavori specifici e delle vulnerabilità dei lavoratori;
- formazione e sensibilizzazione per i primi soccorritori, operatori sanitari, datori di lavoro e lavoratori;
- l’adozione di tecnologie che possano contribuire a salvaguardare la salute mantenendo al contempo la produttività;
- ulteriori ricerche e valutazioni per rafforzare l’efficacia delle misure di protezione sanitaria dal calore sul lavoro e garantire la massima protezione per i lavoratori in tutto il mondo.
Il commento degli esperti
“Questo rapporto rappresenta una pietra miliare fondamentale nella nostra risposta collettiva alla crescente minaccia del caldo estremo nel mondo del lavoro”, afferma Joaquim Pintado Nunes, responsabile della Sicurezza e Salute sul Lavoro e dell’Ambiente di Lavoro dell’Ilo. “In linea con il mandato dell’Ilo di promuovere ambienti di lavoro sicuri e sani come diritto fondamentale, il rapporto offre linee guida solide e basate sull’evidenza per aiutare governi, datori di lavoro e lavoratori ad affrontare i crescenti rischi del cambiamento climatico”. “Insieme all’Oms e all’Omm chiediamo un’azione urgente e coordinata per salvaguardare la salute, la sicurezza e la dignità degli oltre 2,4 miliardi di lavoratori esposti al caldo eccessivo in tutto il mondo”, sottolinea il responsabile dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro,
L’appello alle istituzioni
“I governi di tutto il mondo non possono più restare a guardare mentre la salute e il reddito dei lavoratori vengono compromessi a causa di una crisi climatica alla quale hanno contribuito in misura minima. Nel frattempo, le compagnie petrolifere e del gas guadagnano miliardi ogni giorno, alimentando il riscaldamento globale con le loro emissioni fuori controllo”. Così Federico Spadini della campagna Clima di Greenpeace Italia.
“Il rapporto Onu – continua – elenca molte soluzioni giuste per affrontare questa grave situazione, ma sono i grandi inquinatori, e non le persone comuni, che dovrebbero finanziare le azioni contro la crisi climatica. Per questo chiediamo ai governi di introdurre una tassazione adeguata sui profitti delle aziende dei combustibili fossili“. Per Greenpeace, i dati contenuti nel rapporto “sono l’ennesima dimostrazione che la crisi climatica dovuta all’innalzamento delle temperature non è solo un problema ambientale, ma riguarda anche la salute pubblica e dunque si intreccia profondamente con questioni di giustizia sociale”.