Preparare i giovani al futuro prima che la crisi demografica e produttiva renda vani i loro sforzi. Con questo spirito, l’amministrazione comunale di Turi, in provincia di Bari, vuole portare l’educazione finanziaria nelle scuole medie e superiori in questo nuovo anno scolastico. Il gap formativo dei giovani è grave, ma si può colmare se si agisce in tempo.
Educazione finanziaria a scuola, l’esempio di Turi
Turi è nota per essere “la città della ciliegia Ferrovia”, apprezzata in tutto il mondo. Da giugno, il comune è amministrato dal sindaco Giuseppe De Tomaso, già direttore de La Gazzetta del Mezzogiorno, che ci spiega perché portare l’educazione finanziaria a scuola.
Cosa vi ha spinto come amministrazione comunale, tra l’altro appena insediata, a prendere questa decisione?
“La volontà di spingere tutti i cittadini, ma in particolare le nuove generazioni, a conoscere meglio l’economia finanziaria. Bisogna tener conto che, già a livello di popolazione adulta, ci sono gravi lacune; alcuni non sanno cosa significhi il termine ‘inflazione’, e questo è un problema serio.
Anche la proprietà di linguaggio è carente, probabilmente perché in altri Paesi il sistema scolastico e informativo funzionano meglio che da noi. In quei contesti, l’analfabetismo funzionale ed economico non rappresenta un problema grave, mentre in Italia esiste ancora in proporzioni preoccupanti.
Perciò, è fondamentale avviare un programma di alfabetizzazione e rieducazione, incentrato sulla conoscenza e l’approfondimento dell’economia finanziaria. Questo dovrebbe essere un compito dello Stato, delle Regioni e anche dei Comuni”, spiega il sindaco De Tomaso. L’iniziativa riprende lo spirito dell’art 118 della Costituzione per cui il principio di sussidiarietà è un pilastro della macchina pubblica: il Comune, ovvero l’ente comunale prossimo alla popolazione, deve intervenire per primo nel colmare le lacune amministrative.
Da Turi all’Unione europea
A marzo è stata approvata una legge che istituisce l’insegnamento dell’educazione finanziaria, ma le amministrazioni comunali hanno già una certa libertà di azione nel campo, così come gli stessi istituti. Come può un’amministrazione comunale intervenire nella formazione scolastica?
“I Comuni possono incidere in maniera significativa, attivando programmi con gli istituti scolastici del territorio e coinvolgendo esperti, persone con esperienza diretta nel campo dell’economia finanziaria. Questo porta a una migliore conoscenza delle nuove tecniche finanziarie e del credito. Con la digitalizzazione, diventa imperativo conoscere le nuove formule economiche”. Dati alla mano, l’Italia è troppo indietro sul digitale rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea. Come rileva l’edizione 2023 del rapporto ‘Digitalizzazione in Europa’ di Eurostat, gli italiani sono molto indietro sulle competenze informatiche di base rispetto agli obiettivi europei 2030. In Italia, oltre la metà della popolazione non possiede neanche le competenze informatiche di base, e anche i giovani sono molto indietro : solo il 58,3% di loro, tra 16 e 19 anni, nel 2021 possiede competenze adeguate. E le cose non vanno meglio in ambito finanziario:
“Leghiamo ancora il concetto di banca a quello di credito, ma questo – continua De Tomaso – è un approccio antiquato. I Paesi avanzati non vedono l’attività bancaria solo come l’erogazione di prestiti e mutui, ma come uno strumento finanziario a tutto tondo. Pensare alla banca solo in termini di credito ci lascia indietro, mentre dovremmo evolvere verso una concezione moderna, dove credito e finanza viaggiano insieme”.
Dal piccolo al grande, da Turi all’Italia e da questa all’Europa: questo approccio “antiquato” è anche alla base del gap economico, finanziario e produttivo tra Unione europea e Usa. Come scrive l’autrice di Brussels Effect, Anu Bradford, nel paper The False Choice Between Digital Regulation and Innovation: “A differenza dei loro omologhi americani, le startup in Europa hanno storicamente fatto affidamento sulle banche anziché sul finanziamento di venture capital da parte degli investitori istituzionali”. Il gap Ue-Usa è attestato anche dalla società di Analisi finanziaria S&P Global che ha evidenziato come “la mancanza di finanziamenti per la crescita patrimoniale sia tra le principali cause della scarsità di nuovi grandi innovatori nell’UE, soprattutto nei settori digitali e tecnologici”.
La riflessione di De Tomaso arriva proprio nelle ore in cui Mario Draghi presenta all’Ue l’agognato Rapporto sulla competitività. Per l’ex presidente della Bce, serve un piano di investimenti “mai visto prima” per evitare il tracollo definitivo dell’economia europea, almeno 800 miliardi di euro all’anno fino al 2030.
“Questo deficit di conoscenza, soprattutto al Sud, – aggiunge il sindaco di Turi – è una delle cause dell’arretratezza complessiva del sistema imprenditoriale. Le nostre banche devono funzionare con due pistoni: uno legato al credito e uno alla finanza. Quando funziona solo il primo, la banca balbetta, e i problemi iniziano”.
Educare i giovani in questo ambito è un passo fondamentale per cambiare mentalità e prospettive.
Anche senza la legge 21 del 5 marzo 2024, i comuni avrebbero comunque potuto avviare iniziative simili. A cosa serve, quindi, il provvedimento?
“L’Italia è un Paese che tende a trasformare i problemi in emergenze. Quando i problemi diventano emergenze, lo Stato interviene in modo pesante, creando ulteriori complicazioni. Dobbiamo invece affrontare i problemi nella loro essenza naturale. Questo vale anche per la finanza e il credito: bisogna semplificare e promuovere l’apprendimento, non solo tra i cittadini, ma anche tra gli imprenditori”
L’educazione finanziaria e la crisi demografica italiana
L’educazione finanziaria potrebbe contribuire a risolvere lo squilibrio pensionistico del Paese, causato dalla crisi demografica?
“Credo proprio di sì. Lo squilibrio pensionistico deriva dal fatto che i versamenti diminuiscono. In una società industriale o postindustriale, la crescita è legata agli investimenti tecnologici e all’aumento del valore aggiunto. Questo porta a un aumento della ricchezza complessiva, che può contribuire a risolvere, almeno in parte, la questione demografica e a ridurre il disagio economico. La ricchezza è il motore che traina tutti i settori, non il contrario. Il settore trainante, oggi, è quello delle alte tecnologie, dove i Paesi emergenti non riescono ancora a competere”.
L’idea del sindaco è chiara: investire in educazione finanziaria e tecnologica non solo può migliorare la situazione economica del paese, ma anche avere ricadute positive sulle sfide demografiche di un Paese, l’Italia, che perde 150.000 lavoratori all’anno.
I numeri non lasciano scampo: secondo l’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia, entro il 2028 le pensioni supereranno le buste paga degli operai e degli impiegati. In questo contesto, costruirsi una pensione privata diventa fondamentale per il futuro dei giovani italiani, vittime innocenti di un welfare insostenibile.
Ci sono altre materie che introdurrebbe nelle scuole di Turi?
“Noi siamo un paese di 13.000 abitanti. Certo, potrei chiamare un grande economista per fare una lezione, ma sarebbe una pia illusione. Tuttavia, abbiamo un istituto tecnico commerciale, l’I.T.E.T Sandro Pertini, che può giocare un ruolo importante anche per chi viene dai paesi limitrofi. In collaborazione con il Comune, vorremmo spingere questo istituto a introdurre sempre più elementi legati all’insegnamento dell’economia finanziaria, perché non c’è differenza tra economia reale e finanziaria: sono due facce della stessa medaglia”, ribadisce De Tomaso spiegando l’importanza degli investimenti finanziari nel sostenere le imprese.
“Finanza e tecnologia devono andare di pari passo. Se le imprese vogliono crescere, hanno bisogno di soci e per attrarre soci è fondamentale innovare a livello finanziario. Non è escluso che in futuro espanderemo questa iniziativa ad altre materie. Di certo, abbiamo bisogno di conoscere per reperire le risorse necessarie, per crescere, per competere. Insomma, per non finire ai margini del mondo”.