A partire dal 2025, i dipendenti di Amazon dovranno essere tutti in presenza, cinque giorni su sette, nessuno escluso. Ad annunciarlo è il Ceo Andy Jessu che ha comunicato si suoi dipendenti che dovranno essere fisicamente in ufficio dal 2 gennaio 2025. La riduzione del tempo da remoto, iniziata a maggio 2023, prevedeva che i dipendenti si presentassero in sede almeno tre giorni a settimana o a seconda delle esigenze del proprio team di appartenenza.
Ma tra qualche mese tutto dovrà cambiare. Ecco perché.
“Perché è più facile”
“Abbiamo deciso di tornare a lavorare in ufficio come facevamo prima dell’inizio del Covid – ha scritto Jassy -. Abbiamo osservato che è più facile per i nostri collaboratori imparare, modellare, praticare e rafforzare la nostra cultura; collaborare, fare brainstorming e inventare sono più semplici e più efficaci”.
Il programma di rientro in ufficio completamente in presenza prevede, però, delle eccezioni per alcune categorie speciali, circostanze particolari e per alcuni manager. In caso, ad esempio, di emergenze familiari, la malattia di un figlio, o di progetti che richiedono un ambiente più isolato.
Il Ceo Amazon ha stabilito che ogni grande organizzazione di proprietà aziendale dovrà aumentare del 15% il rapporto tra collaboratori individuali e manager. “I vantaggi di essere insieme in ufficio sono significativi – ha continuato nella nota Jassy -. Gli ultimi 15 mesi hanno rafforzato la nostra convinzione sui benefici”.
A fine 2023, Amazon contava circa 1,5 milioni di dipendenti, di cui la maggior parte lavora a ore recuperando oggetti e spedendo pacchi, persone per le quali il lavoro a distanza non è mai stato un’opzione. Gli impiegati sono centinaia di migliaia, prima dei grandi licenziamenti del 2022 erano circa 350 mila. Jassy, infine, ha annunciato anche l’apertura di una linea telefonica per i dipendenti che potranno sollevare le loro perplessità.
La decisione riguarda gli uffici degli Stati Uniti, mentre in Europa lo smartworking resterà invariato. Ma per altri colossi, la scelta potrebbe cambiare. Già Alphabet di Google, ad esempio, ha chiesto ai propri dipendenti di recarsi in ufficio almeno tre volte a settimana.
“Culture of presenteeism”
Un sondaggio condotto da McKinsey & Company del 2022 su 25.000 lavoratori statunitensi ha mostrato che il 58% degli intervistati ha dichiarato di avere l’opportunità di lavorare da casa almeno un giorno alla settimana, mentre il 35% degli intervistati ha affermato di avere la possibilità di lavorare da casa cinque giorni alla settimana.
Nel 2023, poi, un sondaggio del Pew Research Center ha mostrato che circa un terzo dei lavoratori con lavori che possono essere svolti da remoto lavora da casa tutto il tempo, rispetto a solo il 7% che lo faceva prima della pandemia.
“Senza una netta separazione fisica tra lavoro e casa, gli individui potrebbero trovare difficile disconnettersi e stabilire confini chiari – ha affermatp Peter Brown, capo della Global People and Organisation practice di PwC -. Questa mancanza di separazione può portare, e in molti casi ha portato, a orari di lavoro più lunghi, carichi di lavoro maggiori e difficoltà a prendersi delle pause o del tempo libero, il tutto contribuendo al presentismo”.
Si chiama “culture of presenteeism” ed è la cultura per la quale un dipendente, anche quando in condizioni non strettamente necessarie, sente il dovere di doversi presentare a lavoro, seppur malato o anche quando riscontra difficoltà a far combaciare il lavoro con la propria vita privata.
Alla base di questa cultura aziendale c’è una questione di fiducia. L’impossibilità di monitorare il lavoro da casa, in termini di operatività e presenza fisica al computer, è uno dei motivi per i quali molte aziende non consentono con così tale facilità questo tipo di lavoro. Un lavoro che, però, in molti casi rispecchia anche una mancanza di fiducia al contrario: i dati Gallup più recenti in materia mostrano che negli Stati Uniti solo il 21% dei dipendenti ha affermato di essere fortemente d’accordo sul fatto di fidarsi dei leader della propria azienda.
Secondo Eurostat in Italia nel 2022 la percentuale di occupati tra i 15 e i 64 anni che svolgono il proprio lavoro occasionalmente o abitualmente da casa è pari al 12,2% (corrispondente a 2,734 milioni di lavoratori), agli ultimi posti tra i 27 Paesi Ue e inferiore rispetto alla media europea del 22,4%. Una cultura, quindi, che nel nostro Paese, così come in Europa, è ampiamente diffusa e che, in molti casi, ha danneggiato categorie e gruppi di persone, come le madri lavoratrici o caregiver.
Quali sono quindi i vantaggi e gli svantaggi di un lavoro da remoto?
Pro e contro dello smart working
Secondo l’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, i vantaggi dello smart working includono maggiore produttività, risparmio sui costi aziendali, miglior equilibrio tra vita privata e lavoro, e minore impatto ambientale.
I contro riguardano l’isolamento sociale, la difficoltà nel separare vita e lavoro e potenziali problemi di sicurezza informatica. Durante la pandemia, è emersa una gestione spesso frettolosa del lavoro agile, che ha accentuato alcune problematiche già presenti e che ha costretto milioni di lavoratori in tutto il mondo a rientrare in presenza, aumentando la produttività e le ore lavorate.