Trattato sulla plastica, falliscono i colloqui di Ginevra: cosa succede adesso

Le divergenze su produzione e sostanze tossiche hanno fermato i negoziati
18 Agosto 2025
3 minuti di lettura
Ginevra, I Manifestanti Si Riuniscono Per L'ultimo Round Di Negoziati Per Elaborare Un Trattato Globale Sulla Plastica Giuridicamente Vincolante
L'installazione dell'artista, attivista ambientale e fotografo canadese Benjamin Von Wong (Ipa/Fotogramma)

Dopo undici giorni di trattative, i colloqui di Ginevra si sono chiusi senza intesa. Sul tavolo c’erano due bozze, entrambe giudicate insufficienti dalle ong, e nessuna ha ottenuto l’appoggio necessario. Il punto critico resta lo stesso da mesi: limitare la produzione di plastica vergine. Arabia Saudita, Kuwait, Russia, Iran e ora anche gli Stati Uniti hanno rifiutato qualsiasi vincolo sulla produzione, proponendo un trattato centrato solo sulla gestione dei rifiuti. Dall’altro lato, oltre cento Paesi – tra cui Unione europea, Canada, Regno Unito, Australia e diversi Stati africani e latinoamericani – chiedono obiettivi vincolanti su riduzioni e sostanze chimiche pericolose.

“Dopo quasi due settimane di negoziati tesi siamo ancora lontani da un trattato globale per porre fine all’inquinamento da plastica”, ha detto Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf. Zaynab Sadan, capo della delegazione Wwf, ha sottolineato che “una minoranza di Paesi oppositori e un processo decisionale basato sul consenso unanime ci lasciano senza risultato”. Il meccanismo negoziale che richiede l’unanimità si è trasformato in un freno: la volontà della maggioranza non è bastata a superare il muro degli oppositori.

La ministra francese Agnès Pannier-Runacher ha ricordato che “quasi 120 Paesi sono ora uniti per avere un ambizioso trattato sulla plastica”: l’alleanza per regole vincolanti si rafforza, ma resta ostaggio di un processo che consente a pochi governi di bloccare il negoziato.

Il fronte dei produttori e la svolta americana

Se nei precedenti round il confronto era soprattutto tra Unione europea e petrostati, a Ginevra è entrato in scena un attore decisivo: gli Stati Uniti. Washington ha abbandonato la posizione intermedia delle fasi iniziali e si è schierata con i grandi produttori di petrolio. La linea americana è stata netta: solo misure volontarie, nessuna riduzione obbligatoria della produzione, niente vincoli sugli additivi chimici.

Secondo la ministra francese Pannier-Runacher, “la novità di questi negoziati è che gli Stati Uniti si sono uniti a coloro che non vogliono un accordo”. In questo modo la minoranza è diventata più forte, con un fronte che comprende produttori del Golfo, Russia e Stati Uniti. A Ginevra erano presenti anche 234 lobbisti delle industrie petrolchimiche e della plastica, numero che dà la misura degli interessi economici in gioco.

Il peso della plastica per l’industria fossile è noto: con la transizione energetica che riduce il consumo di petrolio e gas, i governi produttori puntano sulla crescita della chimica e dei polimeri. Le proiezioni parlano di una produzione che potrebbe superare il miliardo di tonnellate annue entro 35 anni. In questo scenario, fissare un tetto alla produzione equivarrebbe a colpire direttamente la strategia industriale di interi Paesi. È qui che il negoziato si è arenato.

La questione sanitaria rimossa dal tavolo

Il negoziato si è concentrato su produzione e rifiuti, lasciando in secondo piano gli effetti della plastica sulla salute. Eppure, la letteratura scientifica è in forte crescita: microplastiche sono state rilevate in placenta, sangue e latte materno. Uno studio recente nel Mediterraneo associa l’esposizione a rischi più alti di aborto spontaneo, difetti congeniti, tumori infantili e problemi di fertilità. In laboratorio, queste particelle hanno dimostrato di danneggiare cellule umane e di trasportare sostanze tossiche.

La ricerca mostra che ogni campione analizzato contiene residui chimici trasferibili agli organismi marini. Sono oltre 16.000 le sostanze usate per produrre plastica, circa 4.000 classificate già oggi come pericolose. Nonostante ciò, la seconda bozza discussa a Ginevra aveva eliminato qualsiasi riferimento ai vincoli sugli additivi tossici.

Per ong e comunità scientifica questa scelta svuota di senso il trattato. Greenpeace ha parlato di “campanello d’allarme” e di negoziato ostaggio delle multinazionali. La Commissione europea ha ricordato che un testo privo di limiti alla produzione e senza controlli sugli additivi non risponde all’obiettivo fissato nel 2022 dall’Assemblea Onu per l’Ambiente: fermare l’inquinamento da plastica entro il 2040. Nel frattempo, la produzione continua a crescere e i costi sanitari rimangono fuori dall’agenda.

L’alleanza dei 120 Paesi e il dopo Ginevra

Il vertice non ha prodotto un testo condiviso, ma ha consolidato un fronte che conta quasi 120 Paesi. Ue, Regno Unito, Canada, molti Stati africani e latinoamericani hanno rafforzato la propria alleanza, con il sostegno di ong e scienziati, ma senza limiti alla produzione e senza norme vincolanti sugli additivi tossici, il trattato rischia di essere inutile.

“Questi dieci giorni di discussioni hanno contribuito ad avvicinare le posizioni di questi Paesi uniti”, ha osservato Pannier-Runacher, parlando di una base politica più solida in vista dei prossimi round. L’Unione europea ha ribadito che i negoziati devono continuare e che un testo debole non sarà accettato. Alcune delegazioni considerano persino di spostare la partita in altri contesti Onu o di avviare accordi paralleli tra Stati disponibili a regole vincolanti.

Sul terreno, però, diversi governi non aspettano. La Colombia ha già approvato misure restrittive sulla plastica monouso; l’Ue spinge per estendere i propri standard interni a scala globale. Ma senza un trattato internazionale il rischio è una frammentazione normativa, con Paesi che alzano l’asticella e altri che restano fermi.

A Ginevra il negoziato non si è chiuso, si è bloccato. E la questione non è più se arrivare a un accordo, ma come farlo senza che pochi governi possano continuare a fermare la maggioranza.

Green Economy | Altri articoli