Transizione, Giovannini (ASviS): “In Italia c’è grande divergenza tra parole e azioni. Nel frattempo, il mondo corre”

“Dopo il 2027, cioè la fine del Pnrr, risorse, riforme e investimenti contribuiranno per lo 0.1% all’anno alla dinamica del Pil. Qual è la vera prospettiva del nostro Paese?”
29 Ottobre 2024
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Enrico Giovannini Direttore ASviS evento adnkronos
Il direttore scientifico di ASviS, Enrico Giovannini_Adnkronos

Il ritardo dell’Ue nella transizione green potrebbe far vacillare il Green Deal, ma al momento nulla è cambiato sotto il profilo normativo. Lo ha ribadito Enrico Giovannini, direttore scientifico ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), intervenendo all’evento Adnkronos Q&A ‘Transizione green, investimenti e strategie’, questa mattina al Palazzo dell’Informazione di Roma: “Cosa resta del Green Deal? Al momento il Green Deal non è stato toccato di una virgola, c’è tutto. Certamente, si potranno rivedere alcuni aspetti. L’approccio ideologico non è mai esistito. Inoltre, il Green Deal è sempre stato immaginato non come una politica ambientalista ma come una politica di sviluppo economico”.

Obiettivi Green Deal, a che punto è l’Italia?

Rispetto all’Agenda 2030, l’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti spiega: “Tra pensieri, parole e azioni c’è una divergenza piuttosto impressionante. – esordisce il diretto scientifico di ASviS – L’Italia purtroppo non sta facendo quello che i ministri ci hanno detto un attimo fa. Il piano strutturale di bilancio, che ha definito la cornice di finanza pubblica dei prossimi sette anni, per portare da quattro a sette anni l’aggiustamento dei conti pubblici, avrebbe dovuto definire le riforme su cinque temi: transizione digitale ed ecologica, attuazione della legge europea sul clima, pilastro sociale europeo dei diritti, resilienza economica e sociale e difesa”, spiega Giovannini che però rivela: “Nel Piano strutturale di bilancio c’è poco di tutto questo, a detta anche del governo. Tanto è vero che dopo il 2027, cioè la fine del Pnrr, risorse, riforme e investimenti contribuirannoo per lo 0.1% all’anno alla dinamica del Pil”.

Il direttore scientifico di ASviS spiega la distonia: “Il ministro Pichetto Fratin dice che non si discutono gli obiettivi, ma il Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima) dice che per raggiungere gli obiettivi climatici abbiamo bisogno anche del nucleare, che comunque non basterebbe. Quindi, qual è davvero la prospettiva del nostro Paese?”, si chiede Giovannini che poi prova a dare una riposta.

Possibile modifica degli obiettivi

Dalla discordanza parole e azioni, il direttore scientifico di ASviS ricava una risposta: “Io ho l’impressione, per certi versi la paura, che in realtà l’intenzione sia quella di ridiscutere quegli obiettivi sia al 2030 che al 2050”.
Una risposta concreta in tal senso arriva da una decisione dell’esecutivo: “Il governo Draghi aveva creato un fondo da un miliardo all’anno per l’acquisto di auto green, dal 2022 al 2030. Ebbene, questo fondo viene portato da 5,2 miliardi a 1,2 miliardi di euro fino al 2030 e, come comunicato ieri dal ministro Urso, questi soldi non saranno più destinati all’acquisto di auto green, ma in generale a tutto il settore automotive”.

Per Giovannini, l’esito è chiaro: “I fondi europei dovranno fare quello che non fanno i fondi nazionali. Ma – ricorda il direttore scientifico di ASviS – nel panorama politico europeo non tutti vogliono fare un nuova Next Generation Eu. Nel rapporto ASviS di maggio, dove abbiamo fatto un confronto tra le varie posizioni, risulta che soltanto Socialisti e Verdi erano favorevoli a un nuovo piano del genere”. Sul tema risorse, la scelta del governo è stata chiara, spiega Giovannini: “Fino al 2026 non servono nuove risorse, ci pensa il Pnrr. Il problema è cosa accadrà dopo quella data”, chiosa il direttore scientifico di ASviS.

Qualcosa sta cambiando, anche se lentamente: “le imprese hanno capito che la transizione è un fattore di competitività. I dati dell’Istat dicono che il 62% delle imprese stanno investendo nella sostenibilità. Buona notizia? Per niente, è una pessima notizia perché significa che il 38% non ha in mente di investire in sostenibilità da qui ai prossimi tre anni”.

C’è, infine, un problema di percezione: “Chi crede e investe nella transizione lo fa in silenzio, gli altri strillano”, spiega il direttore Giovannini che conclude: “il messaggio culturale che passa è: rinviamo, aspettiamo, temporeggiamo. Ed è una pessima idea perché nel frattempo il resto del mondo corre verso la transizione energetica e digitale senza aspettare e senza tentennare”.

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