Nel vasto panorama della nostra alimentazione quotidiana, un aspetto fondamentale ma spesso ignorato è la presenza di pesticidi nei cibi che consumiamo. Le recenti analisi del dossier “Stop pesticidi nel piatto” di Legambiente, hanno rivelato che su 5.233 campioni di alimenti provenienti sia dall’agricoltura convenzionale che biologica, l’1,3% risulta irregolare. Una percentuale non enorme, ma che, purtroppo, non può essere ignorata. Di questi campioni, il 41,3% presenta tracce di fitofarmaci, con un’incidenza più significativa nella frutta, che vede il 74,1% dei campioni contaminati da uno o più residui. Un dato che, sebbene relativamente basso rispetto ad altri settori, rimanda a preoccupazioni che non possiamo sottovalutare, soprattutto quando si considera la possibilità di effetti additivi e sinergici derivanti dall’accumulo di più pesticidi in un singolo alimento.
Tra gli alimenti più colpiti spiccano, come previsto, quelli che per loro natura vengono consumati freschi e non trasformati, come frutta e verdura. Il 59,5% dei campioni di peperoni, il 57,1% dei cereali integrali e il 46,2% del vino risultano contaminati da pesticidi, molti dei quali sono impiegati per contrastare micopatologie e parassiti. In particolare, i pesticidi più utilizzati, come Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil e Imazalil, sono sostanze chimiche di sintesi che, sebbene efficaci nel proteggere le colture, pongono seri interrogativi riguardo alla loro sicurezza a lungo termine per la salute umana. Un esempio emblematico è il caso dell’Imazalil, classificato come probabile cancerogeno dall’EPA (Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti) nel 2019, il cui limite massimo residuo è stato abbassato per le banane e i limoni. Un passaggio che evidenzia, seppur in modo parziale, l’urgenza di prendere provvedimenti per limitare l’uso di sostanze potenzialmente dannose.
Nonostante questi dati preoccupanti, emerge una realtà più incoraggiante, che ci invita a riflettere su come il settore agricolo stia evolvendo verso un modello più sostenibile. L’olio extravergine di oliva, ad esempio, si distingue per le altissime percentuali di campioni privi di residui, un dato che denota la qualità della produzione e l’attenzione che le filiere agricole stanno prestando alla salute dei consumatori. Anche il vino, pur essendo uno dei prodotti più frequentemente analizzati per la presenza di residui, ha registrato un significativo miglioramento: nel 2023, il 53,1% dei campioni è risultato privo di fitofarmaci, un dato in crescita rispetto al 48,8% dell’anno precedente. Piccoli segnali di progresso, che seppur limitati, offrono uno spunto positivo in un panorama che, purtroppo, continua a vedere l’agricoltura convenzionale dominare e spesso fare affidamento sull’uso di sostanze chimiche.
Le cause dell’abuso dei pesticidi
Uno degli aspetti più allarmanti che emerge dalla relazione di Legambiente riguarda l’uso crescente di pesticidi illegali, che nel 2023 hanno visto un incremento vertiginoso dei sequestri. Grazie all’operazione “Silver Axe” sviluppata dai Carabinieri forestali in Italia, sono state intercettate 2.040 tonnellate di pesticidi illegali provenienti principalmente dalla Cina e dalla Turchia. Questi prodotti, messi al bando in Europa a causa dei loro effetti devastanti sulla salute e sull’ambiente, continuano a essere importati clandestinamente, mettendo a rischio la salute dei consumatori e alimentando attività illegali legate alle agromafie. A questo fenomeno si aggiungono le difficoltà di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici, che nel 2023 hanno favorito la proliferazione di malattie fungine e parassiti. L’uso massiccio di fungicidi e insetticidi per contrastare le micopatologie è stato necessario per salvare i raccolti, soprattutto nella frutta, che ha registrato un deterioramento preoccupante.
Le condizioni climatiche instabili, caratterizzate da piogge abbondanti e temperature miti, hanno messo in ginocchio molte coltivazioni, costringendo gli agricoltori a ricorrere a una protezione chimica sempre più intensiva. La presenza di numerosi residui chimici in frutta come pesche, peperoni e pomodori ne è la conseguenza diretta. In particolare, alcuni campioni di frutta hanno mostrato una concentrazione allarmante di fitofarmaci, con pesche contenenti fino a 13 residui diversi. Un dato che dimostra come l’uso indiscriminato di pesticidi stia minando la sicurezza alimentare e mettendo in discussione la qualità dei prodotti agricoli, con un impatto significativo sulla salute dei consumatori. La crescente incidenza dei pesticidi illegali e l’uso massivo di sostanze chimiche nella lotta contro le malattie delle piante non sono più fenomeni sporadici, ma un segnale di un sistema agricolo che ha bisogno di una trasformazione radicale.
La via dell’agricoltura biologica
In questo scenario complesso e preoccupante, l’agricoltura biologica rappresenta una delle risposte più promettenti per ridurre l’uso di fitofarmaci e promuovere una produzione agricola più sana e sostenibile. I dati parlano chiaro: solo il 7% dei campioni di prodotti biologici analizzati conteneva residui di fitofarmaci, e la maggior parte di essi è dovuta a contaminazioni accidentali. Con 2,5 milioni di ettari coltivati a biologico, l’Italia si conferma uno dei leader europei in questo settore, con una crescita costante che dimostra la validità di questo modello produttivo. Tuttavia, per favorire un’espansione ulteriore dell’agricoltura biologica e ridurre il divario tra domanda e offerta, è necessario introdurre politiche che incentivino i consumatori e sostengano i produttori. Misure come i bonus per le famiglie più fragili e l’incremento delle mense biologiche in scuole e ospedali potrebbero rappresentare un valido aiuto. Accanto a queste misure, è cruciale affrontare la questione delle agromafie, che minacciano la legalità e la sicurezza delle filiere agroalimentari. Le mafie, infatti, non solo alimentano il traffico di pesticidi illegali, ma compromettono anche la qualità del lavoro agricolo e la sostenibilità delle produzioni. In questo senso, Legambiente sottolinea l’importanza di introdurre una legge contro le agromafie, per garantire la protezione dell’ambiente e dei lavoratori del settore. La lotta contro le agromafie e il rafforzamento delle politiche agricole sostenibili devono essere al centro dell’agenda politica per costruire un futuro agricolo più equo, sano e giusto per tutti.