Come tenere insieme transizione ecologica, transizione digitale e competitività? Con programmazione, innovazione e norme più sicure e chiare. Queste le necessità della mobilità, che corrispondono ad altrettante criticità, emerse durante il panel dedicato a questo tema nell’ambito dell’evento Adnkronos Q&A ‘Trasformazione green, investimenti e strategie’ che si è tenuto presso il Palazzo dell’Informazione a Roma – partner Prometeo 360, il canale verticale del gruppo dedicato a sostenibilità, ambiente, capitale umano e territorio.
“Rischiamo la tempesta perfetta”
“Rischiamo la tempesta perfetta“, ha esordito Alberto Rossi, direttore generale Assoarmatori. Il motivo è la “tensione imposta dalle regole, soprattutto Ue, che a nostro avviso hanno male calibrato la tempistica degli investimenti perché la tecnologia non è matura. La produzione di carburanti alternativi nella scelta effettuata già dal legislatore europeo in una gamma di carburanti possibili non è matura, e soprattutto non è matura la sua distribuzione nei porti”.
E questo è un problema importante, ha continuato Rossi, perché per essere ‘bancabili’, gli investimenti devono essere sostenibili ma devono durare e dunque “superare l’esame della tecnologia disponibile. Oggi abbiamo una tecnologia che magari tra 10-15 anni sarà obsoleta e di conseguenza l’accesso al credito è molto difficile”.
Ma “c’è una buona notizia, ha sottolineato il dg Assoarmatori: i prelievi che l’Ue ha ideato a carico di passeggeri e merce andranno a generare un ciclo attivo di investimenti che saranno autofinanziati da questo aiuto”.
Dal sistema degli ETS – Emission Trade System – arriverà “un piccolo tesoretto di circa 400 milioni per il primo anno, circa 600 milioni per il secondo e circa 800 milioni per il terzo, questa è la good news: abbiamo i fondi che vanno ad aggiungersi ai circa 3,6 miliardi che oggi arrivano in Italia. La metà va per legge a pagare il nostro debito pubblico, ma il restante miliardo e otto a cui si aggiungerà il nostro contributo andrà speso. Il nostro auspicio è quello di far sì di riuscire a spendere quei soldi per la vera transizione energetica”.
Il tutto tenendo bene a mente le peculiarità dell’Italia, che come ha spiegato Rossi è caratterizzata da “74 porti mentre i tedeschi ne hanno 7, quindi stiamo ragionando con una morfologia unica: la metà delle gallerie e dei ponti in Europa sta nel nostro Paese e noi abbiamo un problema anche nella portualità perché questa morfologia deve essere assecondata da un servizio di trasporto marittimo capillare”.
Con riferimento alle norme europee, il dirigente ha sottolineato che “siamo noi che ci siamo imposti una regola e ovviamente questa regola cerchiamo di rispettarla al meglio perché condividiamo la missione ma dobbiamo anche condividere il percorso, che per certi Paesi è più facile: nel Mare del Nord c’è molta elettricità e molta capacità di produrre carburanti sintetici, ci sono porti lontani dalle città e soprattutto non ci sono le isole con 5 milioni di abitanti, quindi noi abbiamo la nostra specificità. Abbiamo creato un asse purtroppo tardivo con spagnoli, greci e portoghesi, ma allo stesso tempo dobbiamo cercare di capire cosa fare”.
“Decarbonizzare ed elettrificare non sono la stessa cosa”
Sul tema delle regole è intervenuto anche Matteo Cimenti, presidente Federchimica- Assogasliquidi: “Quel è l’orizzonte a lungo termine? Ci scontriamo con un approccio normativo e autorizzativo che rischia di creare confusione. Abbiamo una classe imprenditoriale coraggiosa che investe e un quadro normativo non sempre lineare“.
“Noi e i nostri prodotti Gpl e Gnl nella transizione energetica e nella decarbonizzazione siamo a nostro agio – ha continuato – Sappiamo di avere un ruolo da ricoprire. I nostri prodotti hanno un’impronta energetica e ambientale ridotta rispetto ad altri vettori disponibili. La ricerca e lo sviluppo che sta facendo l’industria per proporre delle percentuali sempre crescenti di prodotto di origine biologica e rinnovabile rendono questi prodotti ancora più protagonisti nella decarbonizzazione del trasporto”, tenendo sempre presente che “decarbonizzare ed elettrificare non sono la stessa cosa”.
Cimenti ha anche sottolineato che “quando noi siamo partiti, pensiamo che non sono c’erano infrastrutture, non c’erano le norme tecniche e non c’erano i percorsi autorizzativi. Quindi così come abbiamo costruito un mercato dal punto di vista teorico, bisogna sopportare questo mercato: se vogliamo fare una politica strategica, una politica ambientale, poi devono seguire dei comportamenti agevolativi rispetto a questa a questo percorso”.
Innovazione fondamentale per ridurre l’impatto ambientale
E a proposito di innovazione, altro aspetto centrale di questo percorso, Rossi è stato molto netto: “Non esiste e non può esistere la nave elettrica”, a parte quella piccola in un fiordo norvegese che fa quattro miglia in acque tranquille. E questo per ragioni di manovrabilità e potenza dell’imbarcazione. Già la manovra elettrica nel porto, ha spiegato Rossi, per il natante è un grosso rischio.
Inoltre, ha specificato il dg di Assoarmatori, vanno distinti i mercati: un conto sono le grandi navi, un altro ancora quelle che fanno prossimità, quindi servizi per residenti e turismo. “Per i primi due casi, sta per essere lanciato sul mercato una gamma abbastanza varia di navi che bruciano metanolo, ammoniaca, carburanti sintetici”, ma per quanto riguarda il servizio di prossimità, invece, che è un servizio fragile, Rossi ha ricordato che dobbiamo assicurare la continuità territoriale, avendo la più grande popolazione insulare d’Europa e che “questo settore tollera pochissimi dei carburanti disponibili, perché i nostri porti sono tutti nelle città e togliamoci subito dalla testa il pensare di costruire depositi di ammoniaca, metanolo o idrogeno nei nostri porti”.
Un esempio di innovazione, sul fronte della mobilità terrestre, lo ha portato Diego Cattoni, ad di Autostrade del Brennero, che nel suo intervento ha menzionato i guard rail realizzati “in un materiale che sembra arrugginito ma in realtà è un acciaio preso perché sia compatibile con i colori e con l’ambiente oltre che in termini di sicurezza”, l’asfalto fonoassorbente che permette il passaggio dell’acqua, le barriere antirumore e fotovoltaiche, e l’idrogeno verde prodotto, stoccato e venduto per autotrazione.
Ma soprattutto ha portato l’esempio innovativo del progetto Green Corridor, un investimento da 9,2 miliardi di euro per “il primo corridoio autostradale realizzato in Europa a zero emissioni e zero incidenti”, grazie alla guida autonoma non dei singoli autoveicoli ma dell’infrastruttura intera, che comanda tutto con una visione anche di 100 km. Una differenza che consente di eliminare gli errori umani, responsabili del 95% degli incidenti, ma anche di ridurre l’impatto ambientale. In questo modo infatti oltre azzerare gli incidenti, si può ottimizzare lo spazio autostradale (il che significa minor uso di suolo) ed avere tempi di percorrenza più brevi. Non perché si vada più veloce ma perché si è più efficienti.
Cattoni ha anche sottolineato la necessità, condivisa dagli altri relatori, di “spostare il più possibile la mobilità, specialmente quella pesante su ferro: noi oggi in Italia abbiamo la maggior parte del trasporto merci che viene fatta su gomma, mentre dobbiamo avere un sistema conveniente con l’intermodalità che si interfaccia col ferro con l’acqua e poi anche con l’aria”.
In definitiva, ha concluso Cattoni, solo “dove c’è mobilità c’è sviluppo ma deve essere compatibile con l’ambiente”.