Il 64% degli italiani oggi acquista regolarmente prodotti di seconda mano. È quanto emerge da La Red del Cambio 2024, la ricerca presentata da Wallapop per celebrare il suo terzo anniversario in Italia.
La piattaforma spagnola leader per il consumo sostenibile e responsabile evidenzia i numeri e le cause del second hand, un mercato sempre più consolidati in Italia.
L’ascesa è solo all’inizio dato che 9 italiani su 10 prevedono di mantenere o aumentare la quantità di articoli di seconda mano acquistati nei prossimi tre anni.
Come la maggiore sensibilità per la causa ambientale, anche questo fenomeno non riguarda solo l’Italia. Secondo un rapporto del ThredUp Resale Report 2023, il mercato globale del second hand è cresciuto del 28% rispetto all’anno precedente e si prevede che raggiungerà i 350 miliardi di dollari entro il 2030.
Perché gli italiani scelgono il second hand?
La crescita dell’economia circolare è legata a fattori economici, culturali e ambientali. Ecco le ragioni per cui gli italiani scelgono l’usato, emerse dalla ricerca di Wallapop:
– il 95% degli italiani considera il risparmio economico garantito dall’usato un elemento determinante;
– il 53% degli acquirenti sceglie prodotti di riuso per consumare in modo responsabile e per trovare articoli originali o con una storia unica;
– il 71% dei venditori vuole evitare di accumulare oggetti inutilizzati, aiutare gli altri e promuovere uno stile di vita più sostenibile.
Pol Fábrega, responsabile della sostenibilità di Wallapop, sottolinea: “Rispetto a qualche anno fa, in Italia il mercato del second hand ha fatto molti passi avanti. In un contesto economico come quello attuale, dove il riuso si presenta come una risposta alle tensioni tra sostenibilità, prezzo e riduzione del potere d’acquisto, il nostro obiettivo è eliminare le barriere e i pregiudizi associati a questo tipo di acquisti. Vogliamo contribuire a rendere il second hand un’opzione sempre più diffusa, oltre che un’alternativa concreta per dare una seconda vita agli oggetti inutilizzati.”
Innovazione e tecnologia: il futuro del riuso
Il mercato del second hand si evolve anche grazie all’introduzione di tecnologie innovative. Secondo la ricerca La Red del Cambio 2024, l’80% degli italiani vorrebbe strumenti per monitorare l’impatto ambientale degli acquisti, mentre il 78% considera utili soluzioni basate sull’intelligenza artificiale per identificare gli oggetti inutilizzati in casa e stimarne il valore. Alcune piattaforme di e-shopping offrono già adesso la possibilità di inquadrare una parte della casa per vedere come starebbe quel determinato oggetto nell’abitazione. Si tratta di una barriera in meno per chi vuole acquistare senza il rischio di sbagliare.
Un altro elemento è il crescente interesse per i prodotti ricondizionati: il 60% degli italiani ha acquistato più articoli rigenerati rispetto all’anno scorso. Entro cinque anni, 8 consumatori su 10 prevedono di equiparare o superare l’acquisto di articoli ricondizionati rispetto ai nuovi. Anche l’Unione europea ha intrapreso questa strada con le nuove normative sul diritto alla riparazione entrate in vigore questa estate. Le regole, previste dalla direttiva UE 2019/771, stabiliscono l’obbligo di garantire un servizio di riparazione tempestivo e a un prezzo equo per i produttori di determinati beni di consumo, tra cui frigoriferi e smartphone. Una svolta significativa rispetto alla cultura dell’“usa e getta” che ha caratterizzato gli ultimi decenni.
L’impatto del second hand sull’ambiente
Il riuso non è solo una scelta economica, ma anche un mezzo per ridurre l’impatto ambientale. Secondo un rapporto dell’Ellen MacArthur Foundation, l’economia circolare potrebbe ridurre fino al 45% delle emissioni globali di gas serra entro il 2050.
I dati Wallapop evidenziano che negli ultimi anni gli annunci della categoria Tecnologia ed Elettronica sono aumentati del 99%, segno che i consumatori stanno sempre più adottando pratiche sostenibili.
Ad ogni Black Friday si moltiplicano le indagini che dimostrano come la cultura del consumismo induca all’acquisto di cose che, dopo pochi utilizzi, finiscono in discarica con le relative conseguenze sull’ambiente e sul suolo di cui ieri ricadeva la giornata globale.
Il ruolo del fast fashion
La cultura dell’usa e getta ha un impatto rilevante nel fast fashion, dove viene incentivata dai prezzi bassi e dalle collezioni sempre nuove. Si stima che l’85% dei capi acquistati finisca in discarica entro un anno, contribuendo all’accumulo di rifiuti tessili e alle emissioni di metano, un potente gas serra, durante la decomposizione. A livello globale, il fast fashion è responsabile del 20% dello spreco idrico totale, il che rappresenta un problema particolarmente grave in regioni già afflitte da scarsità di acqua.
Il settore è responsabile del 10% delle emissioni globali di gas serra, più di quelle prodotte dall’intero settore dei trasporti aerei e marittimi combinati. La produzione di tessuti sintetici, come il poliestere, che è largamente utilizzato nel fast fashion, è particolarmente dannosa: ogni lavaggio di questi capi rilascia microfibre di plastica nell’acqua, contribuendo a un inquinamento plastico che si stima superi i 500.000 tonnellate di microfibre riversate negli oceani ogni anno.
Verso una nuova cultura del consumo
Il boom del second hand evidenzia un cambiamento culturale significativo. In un mondo dove l’attenzione all’ambiente è sempre più cruciale, l’economia circolare rappresenta non solo un’opportunità, ma una necessità. Grazie a piattaforme come Wallapop e all’adozione di tecnologie innovative, il riutilizzo si afferma come una risposta concreta alle sfide ambientali del nostro tempo.
Come conclude Pol Fábrega: “Dare una seconda vita agli oggetti inutilizzati non è solo un atto pratico, ma un contributo al futuro del pianeta. L’Italia è sulla strada giusta, e siamo entusiasti di accompagnare questo cambiamento”.
Nonostante i numeri preoccupanti del fast fashion e degli accumuli in discarica, qualcosa sta cambiando. I consumatori sono sempre più attenti al consumo responsabile. I giovani, poi, giocano un ruolo fondamentale in questo senso perché, oltre ad una maggiore sensibilità ambientale rispetto alle generazioni precedenti, sono a loro agio nell’utilizzare il digitale e le relative piattaforme di second hand.
“Compriamo cose che non ci servono, con soldi che non abbiamo, per impressionare persone che non ci piacciono!”, diceva Tyler Durden. Chissà che un giorno non sarà più così.