Il calcio italiano sta finalmente alzando lo sguardo, per fare in modo che il verde non sia solo il colore del rettangolo di gioco ma anche il cuore di una nuova filosofia manageriale. In questa direzione va l’impianto fotovoltaico che l’Udinese Calcio installerà sul proprio Bluenergy Stadium. La partnership che dà il nome al vecchio Stadio Friuli ne è un chiaro indizio.
D’altronde, quando si parla di calcio sostenibile ci si riferisce quasi esclusivamente ai bilanci dei club e alla necessità, soprattutto per quelli italiani, di far pareggiare entrate e uscite. Meno spesso, invece, ci si riferisce alla sostenibilità ambientale, fulcro del progetto annunciato dalla famiglia Pozzo.
Non stiamo parlando di un’iniziativa di facciata, ma di impianto di energia rinnovabile che promette di produrre una media di circa 3.000 kWh al giorno. Per rendere l’idea, è l’equivalente del consumo giornaliero di circa 1.000 famiglie italiane. Un passo da gigante verso l’autosufficienza energetica della struttura, che si traduce in un significativo abbattimento delle emissioni di CO2.
L’impianto fotovoltaico sul Bluenergy Stadium
Nella sede della Serie A a Milano, Lorenzo Casini e Luigi De Siervo, rispettivamente presidente e amministratore delegato della Lega, hanno annunciato la novità green, augurandosi che altri club seguano l’esempio dell’Udinese.
Per ora il Bluenergy Stadium si appresta a diventare un vero e proprio polo di produzione energetica grazie all’installazione di oltre 2.400 pannelli solari di ultima generazione.
Franco Collavino, Direttore Generale di Udinese Calcio, non nasconde l’entusiasmo all’evento di presentazione: “Questa iniziativa rappresenta un nuovo capitolo nella nostra costante ricerca di sostenibilità e innovazione. Il calcio ha una potenza mediatica senza paragoni, e abbiamo il dovere di utilizzarla per sensibilizzare i nostri tifosi e la comunità nel suo complesso sull’importanza della lotta al cambiamento climatico”.
Un progetto all’avanguardia
Ma cosa rende questo progetto così speciale? La risposta sta nei dettagli tecnici e nell’approccio integrato che è stato adottato. Bluenergy Group, energy partner dell’Udinese dal 2018, ha curato il progetto con il supporto del Politecnico di Milano come consulente energetico. L’obiettivo non era solo installare dei pannelli solari, ma creare un vero e proprio sistema di produzione energetica virtuoso.
I pannelli saranno distribuiti in due sezioni parallele sulla copertura dello stadio, integrandosi armoniosamente con l’architettura esistente progettata dallo Studio Casamonti. Ma c’è di più: è al vaglio l’opportunità di integrare un parco batterie di accumulo da 330 kW, che permetterebbe di ottimizzare ulteriormente l’utilizzo dell’energia prodotta.
Simone Franzò, Senior Assistant Professor del Politecnico di Milano, sottolinea l’importanza di questa iniziativa nel contesto più ampio della transizione energetica: “Speriamo che questo progetto possa fungere da apripista nel mondo dello sport per ulteriori iniziative a sostegno della sostenibilità ambientale e sociale”.
I numeri parlano chiaro
I vantaggi attesi in termini di emissioni sono impressionanti. Grazie alla fornitura di energia proveniente esclusivamente da fonti rinnovabili, l’Udinese ha già risparmiato 5.620 tonnellate di CO2 e con l’aggiunta del nuovo impianto fotovoltaico, il Bluenergy Stadium si avvicina rapidamente al traguardo della neutralità carbonica.
Per comprendere la portata di questo risultato, basti pensare che 5.620 tonnellate di CO2 equivalgono alle emissioni annuali di circa 1.000 auto di media cilindrata. È come se l’Udinese avesse tolto dalla strada mille veicoli inquinanti per un intero anno.
Stadi green in Italia
L’iniziativa dell’Udinese non è solo un esempio di responsabilità ambientale, ma anche un caso di studio per l’intero movimento calcistico italiano ed europeo. In un momento in cui la sostenibilità è diventata un imperativo per ogni settore, il calcio non può più permettersi di restare indietro.
Altri club stanno seguendo il solco green, pur senza arrivare alla profondità dell’Udinese. La Juventus, ad esempio, ha recentemente annunciato un piano per rendere l’Allianz Stadium completamente carbon neutral entro il 2030. Anche l’Atalanta sta lavorando per rendere il Gewiss Stadium un modello di efficienza energetica.
Ma c’è ancora molta strada da fare. Secondo un rapporto di Legambiente, solo il 10% degli stadi di Serie A e B ha adottato misure significative per la sostenibilità ambientale. L’esempio dell’Udinese potrebbe essere la scintilla che accende rivoluzione verde nel calcio italiano.
Gli ostacoli al calcio green
Nonostante l’entusiasmo, non mancano le difficoltà. Uno dei principali ostacoli all’adozione di tecnologie sostenibili negli stadi è l’elevato costo iniziale. Tuttavia, i benefici a lungo termine, sia in termini economici che di immagine, superano di gran lunga l’investimento iniziale. Bisogna dire, però, che il nostro calcio si è sempre contraddistinto per una scarsa lungimiranza, anche in termini di marketing.
Tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila, mentre i patron italiani spendevano miliardi di lire per i calciatori più forti, altrove, soprattutto in Inghilterra e Spagna, i club risparmiavano sui calciatori (asset destinato ad esaurirsi nel breve termine) e investivano su stadi all’avanguardia, marketing e branding.
Parole che suonavano straniere sia nella forma che nella sostanza alle orecchie dei club italiani negli anni delle Sette Sorelle. Anni tanto romantici quanto deleteri per quello che sarebbe stato il futuro. E così oggi, anche in ottica di transizione energetica, il calcio italiano si trova a fare i conti con i pollai scevri di animali e pieni di gusci. Quelli lasciati dalle uova che, nel proverbiale confronto, i manager italiani hanno preferito alle galline.
C’è poi la questione della gestione dell’energia prodotta. Gli stadi, per loro natura, hanno picchi di consumo concentrati in poche ore alla settimana, durante le partite. La sfida sta nel trovare modi intelligenti per utilizzare o immagazzinare l’energia prodotta nei periodi di basso consumo.
Un’altra frontiera interessante, infine, è quella delle comunità energetiche. Gli stadi, con la loro grande capacità di produzione, potrebbero diventare hub energetici per i quartieri circostanti, contribuendo così non solo alla sostenibilità ambientale ma anche a quella sociale. Negli ultimi anni, anche in Italia abbiamo capito che strutture così imponenti non possono essere utilizzate solo qualche ora a settimana. Sostenibilità vuol dire rendere efficienti gli investimenti e le risorse utilizzate. L’era delle cattedrali del deserto è finita. Ora per vincere la partita bisogna fare gol nella porta giusta.