Dieselgate, 4 ex dirigenti Volkswagen condannati per frode nello scandalo delle emissioni

Quasi dieci anni fa la scoperta da parte delle autorità statunitensi dell'esistenza di un software che manipolava i dati di milioni di auto del gruppo, consentendo di aggirare i test di controllo
27 Maggio 2025
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Ci fu frode. Lo ha stabilito, al termine di un processo durato quattro anni, il Tribunale Regionale di Braunschweig (Germania) che ha di conseguenza condannato quattro ex dirigenti di Volkswagen AG per il loro ruolo scandalo delle emissioni diesel, il famoso ‘Dieselgate’.

La condanna dei quattro ex manager arriva quasi dieci anni dopo la scoperta, da parte delle autorità statunitensi, dell’esistenza di un software che manipolava i dati delle emissioni di milioni di auto del gruppo e consentiva di aggirare le normative nazionali sull’ambiente.

Chi sono i manager condannati

La pronuncia più pesante è in capo Jens Hadler, dirigente senior nello sviluppo dei motori diesel, condannato a quattro anni e mezzo di carcere. L’ex ingegnere capo Hanno Jelden, responsabile della tecnologia dei gruppi propulsori, ha invece ricevuto due anni e sette mesi. Entrambi sono stati condannati per frode aggravata.

Il tribunale ha comminato poi una pena di un anno e tre mesi a Heinz-Jakob Neusser, responsabile dello sviluppo del marchio principale VW, e di un anno e dieci mesi a Thorsten D., responsabile del dipartimento per il controllo delle emissioni diesel. Entrambe sono sospese con condizionale.

Secondo i giudici, i quattro ex dirigenti condannati “sapevano perlomeno dal 2007 dell’utilizzo del software” illegale. E non sarebbero gli unici, tanto che si sta cercando di individuare chi altri fosse coinvolto.

D’altronde il fatto stesso che gli imputati si siano sempre dichiarati ‘capri espiatori’ significa ammettere la manipolazione delle auto e fa pensare che possano essere coinvolti livelli ancora superiori. In ogni caso, per quanto riguarda gli ex manager condannati, il tribunale ha sottolineato sia il loro ruolo preminente nella vicenda sia la durata dell’attività illegale, che si è protratta per anni.

Anche l’ex amministratore delegato di Volkswagen, Martin Winterkorn, avrebbe dovuto essere inizialmente incluso nel processo di Braunschweig. Tuttavia, il suo caso è stato separato prima dell’inizio del processo per motivi di salute e poi rinviato per gli stessi motivi. Attualmente non si sa se il processo contro di lui potrà riprendere.

Un tempo il manager più pagato in Germania, Winterkorn si è dimesso in seguito allo scandalo, pur negando qualsiasi responsabilità personale. I pubblici ministeri sostengono invece che fosse a conoscenza dei dettagli del software illegale almeno dal maggio 2014.

Cos’è lo scandalo Dieselgate

Il caso risale a quasi dieci anni fa, ovvero a quando, nel settembre 2015, l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti notificò al colosso tedesco un avviso di violazione del Clean Air Act, la legislazione sulla qualità dell’aria. Emerse così che Volkswagen aveva installato sulle sue auto diesel un software che manipolava i dati sulle emissioni, in modo da superare i test di controllo. In pratica, le emissioni risultavano inferiori a quelle realmente emesse su strada.

Lo scandalo, noto come Dieselgate, ha riguardato circa 11 milioni di auto in Europa e negli Stati Uniti e ha gettato la casa automobilistica di Wolfsburg in una profonda crisi, aprendo la strada a innumerevoli cause legali e a costi che l’azienda ha stimato in oltre 33 miliardi di euro tra multe e risarcimenti. Inoltre, ha minato profondamente la credibilità del colosso automobilistico.

In tutta questa vicenda, il verdetto del tribunale di Braunschweig rappresenta un punto di svolta ma non un punto definitivo. Gli imputati infatti entro una settimana possono presentare ricorso contro la decisione dei giudici, e hanno già annunciato che lo faranno. Presso il tribunale regionale, inoltre, pendono ulteriori procedimenti penali contro altri 31 imputati.

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