L’economia italiana, storicamente caratterizzata da un tessuto imprenditoriale composto prevalentemente da piccole e medie imprese, ha attraversato negli ultimi anni un periodo di turbolenza e trasformazione. I dati demografici dell’Istat relativi alle imprese, aggiornati al 2022, offrono uno spaccato dettagliato di come il mondo imprenditoriale abbia reagito a cambiamenti economici, crisi sanitarie e nuove sfide globali. L’analisi della natalità, mortalità e sopravvivenza delle imprese in questo quinquennio è cruciale per comprendere le dinamiche che stanno ridisegnando il panorama economico nazionale.
La natalità delle imprese
L’avvio di nuove imprese rappresenta un indicatore chiave del dinamismo economico di un paese. In Italia, tra il 2017 e il 2019, il tasso di natalità delle imprese si è mantenuto su livelli moderatamente positivi, con un picco del 7,4% nel 2019. Questo dato rispecchia un periodo in cui l’economia italiana, nonostante le persistenti difficoltà strutturali, mostrava segni di vitalità, con una crescente fiducia da parte degli imprenditori nel futuro.
L’arrivo della pandemia da Covid-19 nel 2020 ha però segnato un brusco arresto di questa tendenza. Il tasso di natalità delle imprese è sceso al 6,6%, il punto più basso del quinquennio, evidenziando un clima di incertezza e paura che ha frenato l’iniziativa imprenditoriale. Le misure restrittive e il rallentamento economico globale hanno colpito duramente, soprattutto i settori più tradizionali e meno digitalizzati, che hanno faticato a trovare spazio in un mercato improvvisamente dominato dall’incertezza e dall’urgenza di innovare.
Il 2021 ha visto un timido tentativo di ripresa, con il tasso di natalità che è risalito al 7,1%, mantenendosi stabile anche nel 2022. Questo rimbalzo, seppur contenuto, riflette una resilienza del tessuto imprenditoriale italiano, capace di rispondere alla crisi con rinnovato spirito di adattamento. Tuttavia, questa ripresa non è stata uniforme. Molte delle nuove imprese nate nel 2021-2022 hanno cercato di inserirsi nei settori più dinamici, come il digitale, i servizi di e-commerce e le tecnologie green, dove le opportunità di crescita sembrano maggiori rispetto ai settori tradizionali.
La selezione naturale del mercato
Mentre la natalità delle imprese ha vissuto alti e bassi, la mortalità ha seguito un percorso inverso, delineando un quadro complesso di selezione naturale del mercato. Il tasso di mortalità, che già nel 2017 si attestava su un preoccupante 7,4%, ha continuato a crescere, raggiungendo un picco del 7,9% nel 2020. Questo aumento riflette non solo le difficoltà indotte dalla pandemia, ma anche una più generale vulnerabilità delle imprese italiane, molte delle quali già soffrivano per la mancanza di competitività e innovazione.
Il dato più interessante è la comparazione tra i settori. Le imprese del settore industriale, spesso più radicate e con costi fissi elevati, hanno registrato tassi di mortalità superiori alla media. Tra il 2017 e il 2020, l’industria ha visto un incremento delle cessazioni, a fronte di una natalità che non riusciva a tenere il passo. Questo ha portato a un netto saldo negativo nel turnover, sintomo di un settore in affanno, nonostante le numerose misure di sostegno varate dal governo.
Al contrario, i servizi, in particolare quelli legati all’innovazione tecnologica, hanno mostrato una maggiore capacità di sopravvivenza. Anche qui, il turnover netto è stato negativo, ma con un impatto meno devastante rispetto all’industria tradizionale. Questo conferma la teoria secondo cui le imprese più innovative e flessibili sono meglio attrezzate per affrontare le crisi e adattarsi ai cambiamenti di mercato. Tuttavia, anche in questi settori, molte start-up hanno dovuto chiudere i battenti nei primi anni di vita, un fenomeno che rientra nella normale dinamica del mercato, dove solo le idee più solide e ben eseguite riescono a sopravvivere.
Il futuro dell’occupazione
Un altro aspetto cruciale della demografia d’impresa riguarda l’impatto sull’occupazione. Le imprese non sono solo unità produttive; rappresentano anche il fulcro del mercato del lavoro. Analizzando le coorti di imprese nate nel 2017, si nota come la capacità di generare e mantenere posti di lavoro sia strettamente correlata alla sopravvivenza dell’impresa stessa.
Nel 2017, le imprese neo-nate generavano occupazione con una media di circa 33mila addetti. Tuttavia, già nel 2022, quelle stesse imprese sopravvissute hanno registrato un incremento significativo, impiegando circa 47.000 addetti. Questo aumento del 42% in termini di occupazione tra le imprese sopravvissute sottolinea l’importanza del supporto e dello sviluppo continuo di queste aziende. Le imprese che riescono a navigare i primi difficili anni di attività tendono a crescere e a consolidarsi, contribuendo in maniera sostanziale all’economia nazionale.
Tuttavia, questa dinamica non è omogenea. I settori ad alta intensità tecnologica, come le tecnologie dell’informazione e le comunicazioni, hanno visto un incremento più marcato dell’occupazione rispetto ai settori tradizionali. Questo indica una tendenza crescente verso la digitalizzazione dell’economia, un fenomeno che è stato accelerato dalla pandemia. Le imprese che hanno saputo sfruttare la tecnologia per innovare i propri processi produttivi e per offrire nuovi servizi sono quelle che hanno beneficiato maggiormente di questa transizione.
D’altro canto, i settori più tradizionali, come il manifatturiero e le costruzioni, pur generando ancora un’importante quota di occupazione, hanno visto una crescita più modesta e, in alcuni casi, una riduzione del numero di addetti. Questi settori, se non adeguatamente supportati, rischiano di perdere ulteriori quote di mercato a favore di settori più dinamici e tecnologicamente avanzati.
Innovazione e sostenibilità, le nuove frontiere dell’imprenditoria italiana
Alla luce di questi dati, appare chiaro che l’imprenditoria italiana si trova di fronte a un bivio. Da un lato, vi è la necessità di sostenere le imprese tradizionali, aiutandole a innovare e ad adattarsi alle nuove sfide globali. Dall’altro, è fondamentale incoraggiare la nascita di nuove imprese in settori ad alta intensità tecnologica e conoscitiva, che rappresentano il futuro dell’economia.
Il periodo 2017-2022 ha mostrato che la resilienza del sistema imprenditoriale italiano è stata messa a dura prova, ma ha anche evidenziato come vi sia un’enorme potenzialità di crescita nei settori giusti. Le politiche economiche e industriali devono quindi essere orientate non solo al sostegno immediato, ma anche alla creazione di un ambiente favorevole all’innovazione e alla sostenibilità. Investire in formazione, ricerca e sviluppo, e facilitare l’accesso al credito per le imprese innovative sono passi cruciali per garantire che il sistema produttivo italiano non solo sopravviva, ma prosperi in un’economia globalizzata.