Se vi piacciono le cozze, quello che state per leggere non vi farà piacere. In realtà, non dovrebbe far piacere a nessuno dato che la moria di cozze che si sta registrando a Taranto (e non solo) è una chiara conseguenza del surriscaldamento climatico che minaccia tutti. Anche chi non ama le cozze.
La mitilicoltura tarantina, simbolo di una tradizione secolare, è stata gravemente danneggiata dalle temperature record dell’estate scorsa. Le alte temperature dell’acqua, che hanno raggiunto picchi di 31 gradi, hanno distrutto oltre il 90% della produzione di cozze nella zona. Le elevate temperature, che riducono i livelli di ossigeno, hanno causato il distacco delle cozze dai filari, impedendo loro di nutrirsi e crescere correttamente, compromettendo la produzione attuale e mettendo in grave pericolo quella futura.
Morìa di cozze, “una catastrofe ambientale e sociale”
Come spesso capita, la insostenibilità ambientale diventa disuguaglianza sociale: più di 400 famiglie di mitilicoltori sono state messe in ginocchio dalla morìa di cozze. Persone che da decenni basano la loro sussistenza sulla coltivazione di questo frutto di mare.
Lo ha raccontato Vincenzo Guarino, segretario generale di Uila Pesca Taranto, che ad Antenna Sud ha definito la situazione una vera e propria “catastrofe ambientale e sociale” per il territorio: “Non si tratta solo di una perdita economica: è un colpo alla dignità di famiglie che da generazioni vivono di mitilicoltura e che oggi rischiano di perdere tutto”, ha spiegato Guarino.
Uila Pesca, sindacato che rappresenta i lavoratori del settore, ha sollecitato un intervento urgente da parte delle autorità per dichiarare lo stato di calamità naturale e per ottenere l’abbattimento delle cartelle esattoriali, che gravano ulteriormente sugli allevatori già colpiti dal disastro.
Le conseguenze dell’obbligo di trasferimento nel Mar Piccolo
I mitilicoltori denunciano anche l’obbligo di trasferimento delle cozze nel secondo seno del Mar Piccolo, previsto da un’ordinanza regionale del 2012 per motivi di sicurezza. Guarino ha osservato che, sebbene la normativa fosse nata per tutelare la salute pubblica, ha finito per sovraccaricare le acque di quella zona, rendendo i molluschi più vulnerabili alle temperature elevate. Questa misura ha contribuito a peggiorare le condizioni già critiche del settore.
Per approfondire: Come il surriscaldamento climatico sta cambiando le colture in Italia
Il riscaldamento globale e il granchio blu
Lungo la penisola, il caso di Taranto non è isolato. La crisi delle cozze ha colpito diverse zone d’Italia, soprattutto in Veneto e in Emilia-Romagna, dove la produzione è calata del 60% e si è aggravata a causa della proliferazione del granchio blu, una specie non autoctona che minaccia l’ecosistema locale. Anche la presenza, sempre più importante, di questa specie nelle nostre acque è una conseguenza del surriscaldamento climatico. Nel Mar Mediterraneo il fenomeno cresce a un ritmo di circa mezzo grado per decennio e l’Adriatico ha raggiunto punte di quasi 30 gradi che favoriscono la crescita di alghe e specie invasive, provocando ingenti danni a un settore, quello della pesca, che impiega migliaia di persone in tutta la penisola.
Gli interventi della ricerca: progetti per cozze più resistenti
Per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla mitilicoltura, alcuni progetti di ricerca europei, come Ignition e ShellFishBoost, stanno studiando varietà di cozze più resistenti agli sbalzi termici. Secondo Massimo Milan, biotecnologo dell’Università di Padova, l’obiettivo è quello di identificare famiglie di molluschi che possano sopravvivere meglio alle alte temperature e alle condizioni critiche degli allevamenti moderni. “Stiamo cercando di capire se c’è un’ereditabilità nella resistenza a fattori di stress collegati a picchi di calore,” ha spiegato Milan, sottolineando che risultati positivi potrebbero portare a sviluppare semi più resistenti per il mercato, contribuendo alla sostenibilità del settore.
Salvare la mitilicoltura significa preservare un’identità culturale Specialmente in alcune località, come Taranto, la crisi delle cozze è anche una questione culturale. La mitilicoltura è da secoli parte della storia e dell’identità della città tarantina, e la sua scomparsa rappresenterebbe una perdita incolmabile per la comunità locale. “Salvare la nostra mitilicoltura significa proteggere un pezzo di storia e di identità,” ha concluso Guarino, rivolgendosi direttamente alle istituzioni e chiedendo soluzioni concrete per assicurare un futuro sostenibile al settore