“Che secolo è mai questo, in cui le bistecche vengono considerate porcherie?”. Ecco, forse a Totò non farà piacere che nel secolo successivo, la situazione è persino peggiorata. O, a dire il vero, migliorata.
Negli ultimi cinque anni, il mercato delle carne a base vegetale ha registrato una crescita significativa in diversi Paesi, raggiungendo circa l’1% delle vendite totali di carne nel retail statunitense. Un trend incoraggiante ma da incentivare, perché la cosiddetta “carne vegetale” fa bene per almeno due motivi:
- riduce il rischio di tumori rispetto alla carne tradizionale;
- riduce le emissioni di CO2 rispetto agli allevamenti tradizionali.
La “carne vegetale” fa male?
Prima di procedere, una precisazione: la carne tradizionale è uno dei pochi alimenti con la vitamina B12, che ha un ruolo fondamentale per la salute e il nostro organismo non è capace di sintetizzare. A parte qualche cereale, muesli e pochi altri alimenti dove la concentrazione di questa vitamina è comunque ridotta, la B12 si trova solo in alimenti di origine animale quali carne, pesce, uova, latte e i suoi derivati. Non a caso, nelle sue cinque abitudini contro il cancro, l’oncologo Sekeres non ha bandito completamente la carne rossa, ma ne limita l’utilizzo a 1-2 volte a settimana.
Ad ogni modo, chi segue una dieta vegana deve semplicemente assumere la vitamina B12 tramite integratori alimentari, ormai ampiamenti diffusi sul mercato.
D’altra parte, la carne vegetale potrebbe avere un impatto considerevole sulla sostenibilità ambientale: se le proteine vegetali o alternative rappresentassero la metà del mercato globale delle proteine, inclusi i latticini, si potrebbe ottenere una riduzione di quasi un terzo delle emissioni di gas serra derivanti dall’agricoltura e dall’uso del suolo entro il 2050.
Il dato emerge da un recente studio condotto da Boston Consulting Group (BCG) in collaborazione con The Good Food Institute (GFI) e Synthesis Capital, intitolato “What the Alternative Protein Industry Can Learn from EV Companies”.
In un approccio del tutto originale, l’analisi mette a confronto il settore delle proteine alternative con quello dei veicoli elettrici (EV), mettendo in risalto strategie e opportunità che potrebbero favorire la crescita e la competitività del mercato delle proteine vegetali.
Le proteine vegetali e l’ispirazione dei veicoli elettrici
Antonio Faraldi, Managing Director e Partner di BCG, sottolinea l’importanza di guardare al successo del settore dei veicoli elettrici come fonte di ispirazione per l’industria delle proteine vegetali. “Una value proposition buona e, per tanti aspetti virtuosa, da sola non basta a far diventare un prodotto mainstream”, afferma Faraldi. “Saper attrarre e, possibilmente massimizzare, investimenti pubblici e privati è altrettanto importante, se non di più. Il rischio è altrimenti di non riuscire a innovare abbastanza da rendere i prodotti competitivi anche dal punto di vista del prezzo e, in questo caso, del gusto.” Il parallelo tra i due settori è particolarmente interessante considerando il loro impatto ambientale.
Gli allevamenti animali in tutto il mondo sono responsabili del 15-20% delle emissioni di gas serra, più del trasporto di persone su strada, responsabile del 10% delle emissioni. Entrambi i settori presentano quindi un ampio margine di miglioramento in termini di sostenibilità.
Tuttavia, mentre l’industria dei veicoli elettrici ha registrato una crescita esponenziale, passando dallo 0,2% delle vendite totali di auto nel 2012 al 18% nel 2023, la quota di mercato delle proteine vegetali rimane relativamente contenuta. Questa differenza è attribuibile a diversi fattori, tra cui il volume di finanziamenti governativi e investimenti privati.
Il progresso dei veicoli elettrici
Nel 2022, il settore dei veicoli elettrici ha beneficiato di circa 40 miliardi di dollari in sovvenzioni dirette per l’acquisto, mentre le proteine alternative hanno ricevuto solo 635 milioni di dollari in sostegni governativi. Inoltre, dal 2017 al 2023, le aziende di proteine alternative hanno raccolto un ottavo del capitale privato rispetto all’industria dei veicoli elettrici. Questi numeri dimostrano che, con il giusto supporto, anche i mercati emergenti possono raggiungere livelli di adozione significativamente maggiori. Un esempio ancora più concreto arriva dal trasporto pubblico in Europa: il 70% dei bus che potrebbe essere elettrico entro il 2070.
La carne vegetale in Italia
In Italia, il mercato delle proteine vegetali ha mostrato una crescita interessante. Tra il 2019 e il 2021, la carne e i latticini a base vegetale hanno registrato un aumento del 10-20% a seconda dei comparti. Il comparto principale del mercato delle proteine vegetali è rappresentato dai latticini alternativi, che rappresentano circa due terzi del mercato globale.
Cosa ha trainato la crescita delle proteine vegetali?
- Un miglioramento dell’offerta, con prodotti di qualità e sapore migliori;
- prezzi progressivamente più accessibili;
- maggiore disponibilità nei punti vendita.
Nel biennio 2022-2023, la crescita di questi alimenti nella penisola è proseguita, seppur a ritmi più contenuti, con un aumento del 5-10% nonostante l’inflazione che per circa un anno e mezzo ha fatto alzare di nuovo la barriera del prezzo.
Non bisogna confondere la carne vegetale dalla carne sintetica. Quest’ultima deriva da cellule animali che vengono coltivate in laboratorio, mentre quella vegetale viene prodotta a partire da legumi o altri prodotti di origine vegetale. Sul punto, il 16 novembre 2023, il Parlamento italiano ha approvato una legge che vieta la carne sintetica e tutti gli “alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali”.
Il futuro delle proteine vegetali
Le prospettive a lungo termine rimangono positive, a condizione che continui il trend di innovazione sia sul fronte del gusto che su quello dei costi. L’obiettivo è rendere questi prodotti effettivamente appaganti come o più di quelli tradizionali e accessibili a un pubblico più ampio, non solo a una nicchia di consumatori alto-spendenti. Tutto ciò mantenendo la promessa di una maggiore sostenibilità, con filiere caratterizzate da un’impronta di CO2 significativamente ridotta.
Per accelerare la crescita e l’adozione delle proteine vegetali, gli esperti suggeriscono di seguire l’esempio del settore dei veicoli elettrici, puntando fortemente sull’innovazione e cercando di attrarre maggiori investimenti pubblici e privati. Questo approccio potrebbe contribuire a rendere i prodotti alternativi più competitivi rispetto a quelli tradizionali, sia in termini di gusto che di prezzo.
Solo attraverso questi sforzi coordinati sarà possibile realizzare appieno il potenziale di sostenibilità offerto dalle proteine alternative, contribuendo alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla tutela dell’ambiente. Sperando che il buon Totò non ci resti male.