In Italia ci sono territori che sembrano funzionare a prescindere dalle scosse esterne, e altri che invece continuano a oscillare tra tentativi di recupero e assestamenti fragili. La classifica 2025 della qualità della vita — elaborata da ItaliaOggi e Ital Communications con l’Università Sapienza — registra un fenomeno insolito: il Paese peggiora leggermente (–30 punti rispetto al 2024), ma allo stesso tempo appare meno polarizzato. Le distanze non si annullano, ma si accorciano nei punti in cui sembravano ormai cristallizzate: il fondo non sprofonda, il vertice non allunga, il centro si riempie.
Milano e Bolzano rimangono inchiodate in cima, Bologna entra sul podio, mentre un gruppo di città medie avanza con una determinazione che rimodella la mappa della qualità della vita: Lucca, Prato, Rimini, Treviso, Ascoli Piceno. È un’Italia che cambia per sottrazione degli estremi, per compressione verso il mezzo, non per una crescita uniforme.

Milano, Bolzano, Bologna e l’asse del Nord-Est
- Milano resta saldamente al primo posto, come nel 2024. La città regge perché ha costruito una struttura che assorbe gli urti: anche il dato sulla sicurezza — ultimo posto nazionale — non riesce a modificarne la posizione complessiva. Il reddito resta superiore alla media, la rete di trasporti continua a sostenere un volume di spostamenti che in altre province manderebbe in tilt il sistema, e la qualità dei servizi sanitari rimane elevata. La forza di Milano non sta nell’assenza di problemi ma nella capacità di impedire che una criticità, anche pesante, si trasformi in una voragine.
- Bolzano, ancora seconda, conferma un modello radicalmente diverso. La provincia guida da anni la dimensione ambientale e continua a detenere il primato nella categoria “Affari e Lavoro”. La chiave sta nella compattezza territoriale, nella capacità amministrativa di prendere decisioni senza dispersioni e nell’equilibrio tra mercato del lavoro, istruzione e sanità. È una provincia che non mostra scarti: cresce con la regolarità di un sistema chiuso che funziona.
- Bologna conquista il terzo posto. L’ingresso sul podio è la conseguenza di tre elementi:
- la forza dell’istruzione, che resta al vertice nazionale;
- la qualità dei servizi pubblici, migliorati in modo costante negli ultimi anni;
- una mobilità che, pur con criticità, ha beneficiato di interventi che hanno razionalizzato i flussi.
Bologna è l’unica metropoli italiana nella top 30: non un dettaglio, ma un segnale sulla difficoltà delle grandi città nel mantenere un equilibrio in tutte le dimensioni dell’indagine.
Subito dietro si consolida l’asse del Nord-Est: Trento, Padova, Verona. Trento continua a unire alta qualità dei servizi, buona tenuta economica e un modello sanitario robusto. Padova rafforza il proprio profilo grazie alla sanità e alle infrastrutture, mentre Verona entra stabilmente tra le prime dieci province, sostenuta dalla combinazione tra turismo, servizi e industria. È un blocco territoriale che, più del Nord-Ovest, mostra stabilità e progressi simultanei.
Le città medie avanzano
La vera sorpresa dell’edizione 2025 è la spinta delle città medie. Lucca guida la classifica delle province che crescono di più, con un +27 posizioni che ribalta completamente la sua collocazione storica. Il miglioramento riguarda servizi urbani, mobilità, qualità ambientale e un’offerta culturale che, negli ultimi due anni, si è strutturata in modo più coerente.
Prato cresce sfruttando la forza del tessuto produttivo, capace di reggere la competizione internazionale e di creare un mercato del lavoro più stabile rispetto a quello di molte realtà analoghe. L’amministrazione ha inoltre lavorato sull’efficienza dei servizi e sulla dimensione urbana, con interventi che hanno ridotto dispersioni e rallentamenti.
Rimini non è più identificata solo con la stagione estiva. Il miglioramento riguarda la continuità dei servizi durante tutto l’anno: mobilità, manutenzione urbana, organizzazione degli spazi pubblici. I flussi turistici restano centrali, ma non determinano più l’intero ciclo economico.
Ascoli Piceno è una delle sorprese più evidenti. Guida la dimensione “Reati e Sicurezza” e quella della “Sicurezza Sociale” grazie a una serie di indicatori che nel 2025 vengono aggiornati: NEET, omicidi stradali, decessi legati ad alcol e stupefacenti, affollamento carcerario. La provincia svolge bene il proprio compito in tutte queste voci, mostrando un miglioramento rilevante sulle condizioni reali dei cittadini.
Treviso, già solida nelle edizioni precedenti, continua a essere un territorio che si muove verso l’alto senza accelerazioni improvvise ma con un costante perfezionamento dei propri parametri.
La tendenza che emerge è netta: le città medie — con economie diversificate e un’amministrazione meno esposta alle complessità delle grandi metropoli — diventano i veri motori delle oscillazioni annuali della classifica nazionale. Sono loro a spingere verso l’alto il “centro” della distribuzione dei punteggi.
La sanità come motore inaspettato
La dimensione più sorprendente dell’indagine 2025 è la sanità. Negli anni post-pandemici era considerata la parte più fragile del sistema Paese; ora è quella che incide maggiormente in positivo sulla qualità della vita.
Il dato principale è questo: 97 province migliorano, solo 9 peggiorano. Il punteggio medio cresce di oltre 150 punti e le province sotto la soglia dei 500 punti scendono da 78 a 34. È una trasformazione con pochi precedenti recenti. Il miglioramento non è localizzato:
- nelle regioni del Nord l’incremento riguarda soprattutto le dotazioni tecnologiche e i reparti specialistici;
- nel Centro si riducono i tempi d’attesa e si consolidano le reti territoriali;
- nel Sud crescono i posti letto e migliorano le prestazioni di base, quelle che definiscono l’accessibilità quotidiana ai servizi.
Tra i territori che escono dalle zone più difficili ci sono Vicenza, Ferrara, Biella, Asti, Sondrio, Belluno, Lodi, Sassari, Venezia. Lucca, Barletta-Andria-Trani, Nuoro, Pordenone, Brindisi e Fermo mostrano un avanzamento netto, indicando un riequilibrio che prima non si intravedeva.
La spinta del 2025 deriva anche da una razionalizzazione degli indicatori: l’eliminazione dei parametri legati alla pandemia e l’introduzione di quelli che misurano l’attività ospedaliera e l’impatto della mobilità sanitaria extraregionale offrono una lettura più precisa della qualità effettiva del sistema.
Il dato più significativo, però, è un altro: la sanità diventa il fattore che riduce la polarizzazione nazionale, a differenza di reddito e sicurezza sociale che invece mostrano un peggioramento complessivo. È la prima volta da anni che questo settore rappresenta una tendenza unificante.
Il Sud si stabilizza, ma il divario cambia forma
La parte bassa della classifica resta prevalentemente meridionale e insulare: Caltanissetta chiude la graduatoria, seguita da Crotone, Reggio Calabria, Trapani e Sud Sardegna. Le province “insufficienti” sono ancora 22, lo stesso numero del 2024.
Il dato da osservare, però, non è la staticità: è il fatto che il punteggio medio di queste province sale da 165,1 a 176,6. Non si tratta di un avanzamento verso il Centro-Nord, ma della fine della caduta che ha caratterizzato un decennio. Le province peggiori non peggiorano più; quelle medie migliorano.
Le realtà più dinamiche del Sud sono due:
- Lecce, che beneficia della crescita del turismo urbano e della riorganizzazione dei servizi pubblici;
- Cagliari, che continua a mostrare una qualità della vita cittadina più vicina al Centro Italia che al resto del Meridione.
Altri segnali arrivano da Bari, che mantiene stabilità, e da Potenza e Campobasso, che risalgono alcune posizioni.
Restano invece lontane dalla media nazionale province come Caltanissetta, Trapani, Sud Sardegna, Oristano e Vibo Valentia: territori con servizi essenziali discontinui e difficoltà strutturali nel mercato del lavoro.
Il divario Nord-Sud non si colma, ma si trasforma. Non è più una frattura lineare lungo la geografia: diventa una distinzione dentro il Sud stesso. Accanto a territori bloccati si muovono poli che riescono a costruire condizioni minime di continuità, soprattutto nei servizi e nel turismo organizzato. È una polarizzazione nuova: meno geografica, più socioeconomica, segnata dalla capacità delle amministrazioni di sostenere interventi non episodici.