Sta facendo il giro del web il video che mostra un orso nero asiatico mentre attacca il suo addestratore durante uno show al Hangzhou Safari Park, nella provincia dello Zhejiang, in Cina. Fortunatamente, nessuno è rimasto ferito grazie al tempestivo intervento dei presenti che ha evitato la tragedia.
Il punto, però, è capire quali atteggiamenti abbiano provocato la reazione dell’orso, come funziona la gestione degli animali utilizzati in attività di intrattenimento e quali modifiche apportare a queste pratiche. Nel caso di specie, l’addestratore voleva costringere l’orso ad esibirsi su un hoverboard, un’attività del tutto innaturale per l’animale, che ha poi attentato alla vita dell’uomo. Secondo i media locali, invece, l’animale si sarebbe scagliato contro il lavoratore per prendere il cibo che aveva intravisto nella sua borsa.
L’incidente al Hangzhou Safari Park
L’episodio è avvenuto il 6 dicembre scorso mentre l’addestratore conduceva l’orso nero asiatico (identificato come “Xiong Er”) verso l’area dedicata lo spettacolo. La versione fornita dal personale e ripresa da media esteri è che la reazione sarebbe stata innescata dal cibo (carote e mele) che l’addestratore portava con sé come premio durante la performance.
L’addestratore ha spiegato che l’orso è “naturalmente molto attratto dal cibo” e che “Quando l’ha notata (la borsa, ndr.), gli è venuta l’acquolina in bocca e, agitato, si è precipitato verso di essa”.
Alcune associazioni animaliste, invece, sostengono che l’orso ha aggredito l’essere umano perché esasperato dalle richieste innaturali. In ogni caso, lo spettacolo è stato immediatamente sospeso.
La risposta del parco e le misure correttive
Il parco ha fatto sapere che addestratore e animale non hanno riportato ferite e si è scusato con gli spettatori. Testate cinesi hanno riferito che il parco ha deciso di cancellare immediatamente lo show con gli orsi neri e di avviare monitoraggio e misure correttive, inclusa una maggiore attenzione al benessere fisico e mentale degli animali coinvolti.
Che tipo di addestramento subiscono gli animali utilizzati negli spettacoli e quali sono le implicazioni di questo processo?
Il caso ha riacceso l’attenzione sull’addestramento degli animali selvatici per spettacoli, che si basa su tecniche cosiddette di condizionamento operante: ricompense alimentari per comportamenti desiderati, correzioni per quelli indesiderati. Nel caso di specie come l’orso nero asiatico, questo significa insegnare movimenti innaturali (come salire su piattaforme mobili, camminare in posizione di bipede, interagire con oggetti estranei alla loro comprensione) attraverso ripetizioni quotidiane e controllo delle risorse primarie, quali, appunto il cibo. La letteratura scientifica sottolinea che questo processo genera stress cronico negli animali selvatici, che hanno pur sempre istinti e bisogni comportamentali incompatibili con ambienti ristretti e routine forzate.
In particolare, gli orsi neri asiatici sono classificati come “vulnerabili” dalla Iucn (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) e in natura percorrono ampi spazi, sono solitari e hanno gerarchie sociali complesse. Costringerli a interazioni ravvicinate con umani, esibizioni pubbliche e ambienti standardizzati produce comportamenti stereotipati (movimenti ripetitivi senza funzione), apatia o, come nel caso di Hangzhou, reazioni aggressive improvvise.
Il punto critico non è solo la singola tecnica di addestramento, ma il sistema complessivo, che si basa su un pattern consolidato: separazione precoce dal gruppo, confinamento, pochi stimoli per liberare l’istinto e performance ripetuta.
Per questo diversi Paesi europei hanno vietato l’uso di fauna selvatica negli spettacoli itineranti, riconoscendo che il costo pagato dall’animale supera qualsiasi beneficio educativo o ricreativo.
Benessere animale e sostenibilità
Un altro tema fondamentale riguarda proprio la prevedibilità del comportamento animale. In Europa, la Fve (Federazione dei veterinari europei) ha raccomandato già nel 2015 di proibire l’uso di animali selvatici nei circhi, richiamando criticità strutturali legate al benessere e alla gestione. Letto in ottica sostenibilità, il benessere animale è un indicatore “materiale”: se manca, prima o poi presenta il conto in perdita di fiducia che può sfociare in incidenti. L’esito di questi ultimi è determinato solo dalla fortuna del momento e dalla prontezza degli esseri umani.
Implicazioni per la governance Esg
Il trattamento degli animali tocca tutti i punti del campo Esg. Oltre alle primarie, e già citate, implicazioni sul versante “E” (“environment”, “ambiente”), che riguardano gli animali e il distacco dal loro habitat naturale, sotto il versante “S” (social), c’è un tema di salute e sicurezza del lavoro: un’esibizione dal vivo con animali potenti e imprevedibili espone addestratori e colleghi a rischi che richiedono protocolli, formazione e presidi adeguati, che non sempre vengono somministrati dalle organizzazioni.
Sul versante “G” (governance), il tema centrale è come un’organizzazione decide, comunica e corregge i propri errori. Nel caso di Hangzhou, la nota di scuse diffusa dal parco e la scelta di sospendere lo show con gli orsi neri mostrano che la gestione dell’emergenza non è più un capitolo separato, ma un pezzo strutturale della governance. Significa trasformare un incidente in un banco di prova: quali procedure c’erano prima, quali vengono riviste dopo, chi controlla che i cambiamenti annunciati diventino realtà? Per trasformarla in pratica quotidiana, occorre che la sostenibilità entri nel linguaggio dei processi: audit interni ed esterni sul benessere animale, standard chiari e pubblici sulle condizioni di detenzione e di addestramento, tracciabilità delle decisioni (dai protocolli di sicurezza alle scelte sugli spettacoli) e verifiche indipendenti che permettano a pubblico, lavoratori e istituzioni di valutare la coerenza tra ciò che viene dichiarato e ciò che accade davvero sul palco e dietro le quinte.
L’evoluzione normativa in Italia e Ue
Negli ultimi anni la sensibilità sul trattamento degli animali è cresciuta da un punto di vista sociale e, di conseguenza, anche le norme da rispettare sono aumentate.
In Italia e in Europa il quadro si è fatto progressivamente più rigido sulla detenzione e l’utilizzo di specie selvatiche ed esotiche in contesti itineranti, come circhi e spettacoli viaggianti, con divieti e limitazioni richiamati nei dossier di Camera e Senato.
La logica è duplice: da un lato ridurre i rischi per la sicurezza pubblica e degli operatori, dall’altro riconoscere che certe condizioni strutturali non sono compatibili con un livello adeguato di welfare animale.
Per quanto riguarda i circhi, associazioni come Lav tengono da anni il conto delle scadenze, dei decreti attuativi mancanti e delle tappe previste per la transizione verso spettacoli senza animali.
Il passaggio non riguarda solo la tutela di orsi, grandi felini o elefanti, ma la riconversione di un intero comparto culturale e occupazionale.
Sul fronte penale, il rafforzamento degli strumenti di tutela si muove nella stessa direzione. Come ricordato su queste pagine nella ricostruzione sulla cosiddetta “legge Brambilla”, l’inasprimento delle sanzioni per il maltrattamento e l’ampliamento delle fattispecie perseguibili segnano uno spostamento del baricentro: la sofferenza animale non è più solo un tema etico o culturale, ma un elemento che entra a pieno titolo nel diritto penale e nella responsabilità di chi gestisce parchi, zoo, circhi e strutture di intrattenimento.