Monte Fuji, la simulazione Ai di un’eruzione: “Tokyo oscurata in due ore”

Un video istituzionale mostra la capitale travolta dalla cenere, con blackout diffusi e infrastrutture in tilt
28 Agosto 2025
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Un’allerta che appare sullo schermo di uno smartphone nel cuore di Shinjuku, una donna che si ferma di colpo mentre attorno la folla continua a scorrere, poi il cielo che si oscura e la metropoli che si ritrova coperta da una coltre di cenere. Non è un film catastrofico, ma il video diffuso dalla divisione per la prevenzione dei disastri del governo metropolitano di Tokyo. Le immagini, generate con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, mettono in scena ciò che accadrebbe se il Monte Fuji – il vulcano più noto del Giappone e simbolo nazionale – decidesse di eruttare ancora.

L’obiettivo dichiarato non è quello di spaventare, ma di preparare: ricordare ai 20 milioni di residenti della capitale che il Fuji non è soltanto uno scenario da cartolina, ma un vulcano attivo, silente da 318 anni. L’ultima eruzione, la cosiddetta Hoei eruption del 1707, ricoprì di cenere l’area di Edo, l’attuale Tokyo. Oggi, in un contesto di urbanizzazione estrema, densità abitativa e infrastrutture iperconnesse, il rischio viene messo in scena con un linguaggio immediato: immagini forti, rese più realistiche dall’Ai, pensate per incidere sulla memoria collettiva.

Tokyo oscurata in due ore

Il video mostra il Fuji che emette imponenti colonne di fumo e cenere, mentre la voce narrante avverte: “Il momento può arrivare senza alcun preavviso”. La sequenza prosegue con la cenere che si spinge rapidamente verso Tokyo, dove l’aria si fa irrespirabile e le strade si ricoprono di uno strato grigio. Secondo i calcoli ufficiali, basterebbero circa due ore perché la nube vulcanica raggiunga la capitale.

Le conseguenze delineate non riguardano solo la salute – con rischi respiratori e oculari – ma l’intero sistema urbano. La cenere vulcanica ha la capacità di paralizzare i trasporti, ridurre la visibilità e, una volta depositata, provocare guasti elettrici e collassi strutturali. I treni ad alta velocità, cardine della mobilità giapponese, dovrebbero fermarsi anche in presenza di pochi millimetri di deposito. Se la cenere si mescola con la pioggia, bastano tre centimetri per rendere le strade impraticabili.

Il governo sottolinea anche l’impatto sul sistema energetico: i cavi aerei potrebbero cedere sotto il peso del materiale accumulato, generando blackout diffusi. A catena, verrebbero colpite le forniture idriche e la catena del freddo, essenziale per la distribuzione alimentare. Non a caso, il video è stato diffuso in concomitanza con il Volcano Disaster Prevention Day, per spingere la popolazione a visualizzare con precisione ciò che significherebbe convivere con queste condizioni.

La simulazione è pensata come esercizio mentale collettivo. Non si tratta di un’allerta imminente – gli scienziati non hanno registrato segnali che indichino attività vulcanica a breve termine – ma di una rappresentazione che mette in evidenza la vulnerabilità di Tokyo e la necessità di pianificare in anticipo.

Cosa accadrebbe con una nuova eruzione

Per comprendere il senso della campagna, basta guardare al precedente storico. L’eruzione Hoei del 1707 non produsse colate di lava, ma un’enorme quantità di cenere che cadde per settimane, distruggendo raccolti e alimentando carestie. All’epoca Edo contava circa un milione di abitanti. Oggi l’area metropolitana di Tokyo supera i 37 milioni di persone: il contesto è incomparabilmente più fragile e complesso.

Le proiezioni governative parlano di 1,7 miliardi di metri cubi di cenere generata da un’eruzione di grande scala. Di questa, circa 490 milioni di metri cubi finirebbero su infrastrutture e aree abitate. La conseguenza immediata sarebbe la necessità di rimuovere quantità enormi di materiale in tempi rapidissimi, per evitare crolli di edifici con bassa capacità di carico e per mantenere agibili le vie di comunicazione.

Il costo economico stimato raggiunge i 2,5 trilioni di yen, pari a circa 16,6 miliardi di dollari. Una cifra che fotografa solo una parte del problema, perché non tiene conto degli effetti indiretti: interruzione della produzione industriale, blocco dei servizi finanziari e interruzione delle catene di approvvigionamento che partono dalla capitale e si irradiano nel resto dell’Asia. Il rischio, in caso di eruzione, sarebbe quindi non solo locale ma globale, toccando mercati e logistica internazionale.

Va ricordato che il Fuji non è isolato: il Giappone si trova lungo la Cintura di Fuoco del Pacifico, una delle aree più sismiche e vulcaniche del pianeta. Nel gennaio scorso, il governo ha avvertito di una probabilità dell’80% che un forte terremoto colpisca l’area del Nankai Trough nei prossimi trent’anni. Una previsione discussa, ma sufficiente a spiegare perché le autorità spingano così tanto sulla prevenzione, anche attraverso strumenti visivi ad alto impatto.

Le linee guida preventive

Accanto ai video, le autorità hanno diffuso indicazioni pratiche. Alle famiglie che vivono nell’area metropolitana di Tokyo viene chiesto di mantenere in casa almeno due settimane di scorte di acqua, cibo e medicinali. Vengono consigliati strumenti di autonomia energetica come fornelli a gas portatili, torce e batterie di riserva. L’idea di fondo è quella di spostare la responsabilità dalla sola macchina pubblica a una rete di preparazione individuale e comunitaria, capace di resistere almeno nelle prime fasi dell’emergenza.

Sul fronte urbano, il tema centrale resta la gestione delle infrastrutture. Anche quantità ridotte di cenere sono in grado di interrompere il traffico ferroviario e di rendere inagibili le principali arterie stradali. La rimozione del materiale, oltre a richiedere un’enorme forza lavoro, comporterebbe rischi sanitari: la polvere vulcanica può causare irritazioni polmonari e danni agli occhi. Le istituzioni giapponesi hanno già avviato piani per lo stoccaggio e lo smaltimento, ma la portata di un’eruzione su larga scala renderebbe ogni progetto teorico un banco di prova durissimo.

Il nodo più critico resta però quello della dipendenza energetica. Se le linee aeree crollano sotto il peso della cenere, le interruzioni non riguardano solo le abitazioni, ma anche ospedali, sistemi di comunicazione e impianti di trattamento delle acque. La resilienza urbana, tanto invocata, mostra in questi scenari i suoi limiti. La capitale giapponese è dotata di sistemi di emergenza sofisticati, ma la densità demografica e l’interconnessione delle reti la rendono vulnerabile a effetti domino difficilmente controllabili.

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