Infrazione Ue sulla fauna marina, l’Italia sotto esame per la direttiva Habitat

Procede l’azione della Commissione europea contro l’Italia per la tutela insufficiente di delfini e tartarughe
12 Dicembre 2025
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Delfini canva

L’Europa stringe i tempi e alza il livello dello scontro istituzionale. Sulla tutela della fauna marina protetta l’Italia si trova ora al secondo stadio della procedura di infrazione, con il rischio concreto di un rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Al centro del contenzioso c’è l’inadempienza agli obblighi previsti dalla direttiva Habitat in materia di monitoraggio e prevenzione delle catture accessorie legate alle attività di pesca. Un fronte che riguarda specie simbolo del Mediterraneo e che chiama in causa l’efficacia dell’azione pubblica, la capacità amministrativa e l’adeguamento delle politiche nazionali a standard europei vincolanti.

La direttiva Habitat e gli obblighi disattesi nel Mediterraneo italiano

La direttiva Habitat impone agli Stati membri di dotarsi di sistemi affidabili per il monitoraggio delle catture e delle uccisioni accidentali di specie rigorosamente protette, oltre a garantire che tali eventi non producano impatti negativi significativi sullo stato di conservazione delle popolazioni interessate. Il monitoraggio è il presupposto tecnico per qualunque misura di mitigazione, dalla modifica degli attrezzi da pesca alla chiusura temporanea di aree sensibili.

Secondo la Commissione europea, l’Italia non ha istituito un sistema efficace in questo ambito. Le carenze riguardano in particolare specie come il tursiope (Tursiops truncatus, appartenente alla famiglia dei Delfinidi) e la tartaruga marina (Caretta caretta), entrambe incluse tra quelle a protezione rigorosa. Bruxelles contesta non solo l’assenza di un quadro strutturato di raccolta dati, ma anche la mancanza di ulteriori ricerche e di misure di conservazione capaci di ridurre in modo misurabile il rischio associato alle catture accessorie.

La valutazione negativa investe anche l’attuazione degli obblighi nei siti Natura 2000 marini. La direttiva richiede che, in queste aree, gli Stati adottino misure appropriate per evitare perturbazioni significative delle specie per le quali i siti sono stati designati. Per la Commissione, l’Italia non ha dimostrato di aver affrontato in modo adeguato il rischio derivante dalle attività di pesca nei confronti di diverse specie di uccelli marini, tra cui la berta di Scopoli, la berta di Yelkouan, l’uccello delle tempeste europeo e il marangone dal ciuffo. Il nodo resta l’assenza di interventi specifici, calibrati sulle pressioni reali e supportati da dati sistematici.

Dalla messa in mora al parere motivato

Il percorso della procedura di infrazione chiarisce il livello di criticità attribuito al caso italiano. La Commissione ha inviato una lettera di messa in mora nel febbraio 2024, contestando formalmente le violazioni e chiedendo chiarimenti e azioni correttive. La risposta di Roma non è stata ritenuta sufficiente. Secondo Bruxelles, gli obblighi previsti dalla direttiva Habitat continuano a non essere rispettati, né sul piano del monitoraggio né su quello delle misure di prevenzione e conservazione.

Il passaggio al parere motivato rappresenta un salto di qualità. È il secondo stadio della procedura e definisce in modo puntuale le violazioni contestate, fissando un termine preciso per porvi rimedio. L’Italia dispone ora di due mesi per rispondere e dimostrare di aver colmato le carenze evidenziate. In assenza di progressi giudicati adeguati, la Commissione potrà deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

Il contenzioso si inserisce in un quadro più ampio di attenzione crescente dell’Ue verso l’attuazione concreta delle norme ambientali, soprattutto in ambito marino. La pesca resta un settore strategico ma altamente impattante, e le catture accessorie sono considerate una delle principali pressioni antropiche sulle specie protette. Il mancato rispetto degli obblighi non viene letto solo come una lacuna tecnica, ma come un fattore che compromette la coerenza dell’intero sistema di tutela europeo, fondato su regole comuni e responsabilità condivise.

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