Il Canada brucia, i fumi arrivano in Italia: un pericolo per la salute?

Da qualche giorno la Valle d'Aosta è avvolta in una foschia, mentre i satelliti mostrano una cappa su parte del Bel Paese. Gli incendi stanno diventando più frequenti, intensi e precoci a causa del riscaldamento climatico
10 Giugno 2025
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Incendi in Canada
Incendio nella provincia di Manitoba, Canada (Ipa/Fotogramma)

Mentre i boschi del Canada bruciano da settimane, il fumo degli incendi è arrivato fino in Europa – e in Italia. La conferma è arrivata dall’ARPA Valle – la Valle d’Aosta è una delle regioni colpite dal fenomeno – che ha evidenziato la presenza di uno strato di aerosol tra i 3000 e i 5000 metri, compatibile con il fumo proveniente dal Paese Nordamericano.

L’Arpa Valle: la foschia sono i fumi canadesi

L’Arpa Valle ha scritto su X l’8 giugno: “Che cos’è la foschia che da questa mattina avvolge la Valle d’Aosta impedendo di vedere le montagne? Si tratta di fumo dagli incendi in Canada – oltre 200 roghi attivi, quasi 100 fuori controllo – trasportato dai venti sopra l’oceano fino a noi. Nelle nostre stazioni di qualità dell’aria si rileva un aumento rapido di PM2.5 e PM10. Le polveri sospese arrivano fino a oltre 4000 m s.l.m.”.

Ieri mattina, ha fatto sapere l’ente sempre su X, “nelle stazioni di misura di Aosta e Donnas, si sono osservati valori orari di PM10 compresi tra 70 e 90 µg/m3 tra le 00:00 e le 10:00”. Nel pomeriggio è arrivato l’aggiornamento: “Nelle ore successive i valori sono leggermente diminuiti, attestandosi intorno a 50-60 µg/m3. Pertanto il valore medio fino alle ore 16 è superiore al limite di 50 µg/m3 previsto dalla normativa“.

Come hanno fatto i fumi canadesi ad arrivare in Europa?

I fumi prodotti dai roghi, detti ‘wildfire plume’, si sono alzati talmente tanto in alto nell’atmosfera da essere stati ‘agganciati’ dalle correnti in quota, che li hanno sospinti oltre l’oceano Atlantico fino a portarli sull’Europa centro-occidentale e sull’Italia. Le immagini fornite dai satelliti mostrano una cappa di fumo sul nostro Paese, in particolare sulle regioni del Centro Nord.

La situazione in Canada

In Canada da settimane la situazione è drammatica: alcune province hanno dichiarato lo stato di emergenza, 2,6 milioni di ettari di foreste – oltre 24 mila chilometri quadrati – sono già inceneriti e più di 31mila persone sono state evacuate. L’area coinvolta è quella centrale, nello specifico le province di Manitoba, della Columbia Britannica, dell’Alberta e del Saskatchewan. L’esercito è intervenuto, ma decine e decine di roghi sono ancora fuori controllo.

Il ruolo del riscaldamento climatico: siccità e caldo anomalo

Ma questa situazione drammatica è normale? No. “Quest’anno la stagione degli incendi è cominciata più rapidamente e in maniera più intensa”, ha detto la ministra per la Gestione delle emergenze Eleanor Olszewski.

E non è un caso: il riscaldamento climatico alimenta la portata e la frequenza degli incendi, agendo su tre fronti:

siccità
temperature più calde
mancanza di precipitazioni.

Il risultato è che le stagioni degli incendi iniziano prima, durano di più e trovano una vegetazione sempre più secca e infiammabile, rendendo oltretutto più complesso ‘domare’ le fiamme. Gli incendi insomma stanno diventando più frequenti, intensi e precoci. Secondo gli esperti, si sta verificando anche un aumento dei roghi di lunga durata, detti ‘incendi zombie’ perché non si spengono completamente durante l’inverno e si riaccendono in incendi più grandi nella successiva stagione calda.

Inoltre, gli incendi stanno rilasciando enormi quantità di gas ad effetto serra che aumenteranno il riscaldamento climatico, in un circolo perverso di cui sarà molto difficile trovare il bandolo.

Un altro aspetto importante è anche che, secondo le autorità, la maggior parte degli incendi in questo periodo è di origine umana, il che non significa necessariamente dolosa (ma ci sono anche quelli). Molti roghi si innescano in modo casuale, ad esempio per il passaggio di treni ad alta velocità in aree molto aride, o per comportamenti errati da parte di cittadini ed escursionisti.

La stagione degli incendi non è ancora iniziata

E se il Paese nord-americano ha ancora gli incubi per la drammatica annata del 2023, che ha visto roghi immensi, con queste premesse il 2025 rischia essere ancora più devastante. Secondo le previsioni delle autorità, la stagione degli incendi boschivi potrebbe essere “al di là della norma” nel Canada centrale e occidentale a giugno e luglio, e “ben al di sopra della media” ad agosto, soprattutto a causa della siccità grave o estrema e della vegetazione secca.

I rischi per la salute in Italia

Il problema non si limita alla distruzione delle foreste, allo sfollamento di migliaia di persone e alla ridotta visibilità: le polveri sottili generate dai roghi impregnano l’aria e sono una minaccia per la respirazione. I wildfire plume infatti contengono inquinanti quali particelle fini (PM2.5 e PM10), gas nocivi tra cui monossido di carbonio e ozono troposferico, e cenere finissima.

Chi si trova in aree esposte al fumo degli incendi boschivi potrebbe manifestare sintomi come irritazione agli occhi, al naso e alla gola, mal di testa o una leggera tosse. Ma possono verificarsi, più di rado, problemi più importanti come respiro sibilante, dolori al petto o tosse intensa. I pericoli maggiori sono per anziani e bambini e per le persone affette da patologie polmonari, asma, malattie cardiache e diabete, che possono vedere peggiorata la propria condizione a causa dell’esposizione al fumo.

Per quanto riguarda l’Europa e l’Italia sembra che le conseguenze dei fumi canadesi si limitino più che altro alla foschia. Come segnalato dal servizio di monitoraggio climatico Copernicus, infatti, la nuvola di polveri è talmente in alto da non comportare rischi sanitari.

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